Quello che amo di Tim Burton, tra le altre cose, è quel suo sguardo surreale sul mondo non solo dell'infanzia ma anche del diverso. Tutte le sue creature hanno elementi che le portano a essere lontane da quel che viene comunemente definito normale, e per questo allontanate o disprezzate dalla società. Sono personaggi dall'animo cupo, malinconico, oscuro, eppure nei loro occhi si scorge anche quel senso del meraviglioso tipico dei bambini, che sanno davvero osservare il mondo.
Ho visto diversi suoi film, ho avuto la magica opportunità di vedere la sua mostra a Torino e, dopo aver ammirato i suoi tanti schizzi e disegni, avevo una gran voglia di recuperare anche il libro di versi dedicati ai suoi reietti incompresi: Morte malinconica del Bambino Ostrica e altre storie.
C'è un lago artificiale in Alto Adige che mi ha sempre affascinato molto: il lago di Resia. Quel campanile che sorge dalle acque mi ha sempre fatto pensare a qualcosa di magico, di poetico, un luogo d'incanto. Ma quanta ignoranza ho avuto finora! No, non sapevo nulla della storia di quel luogo, di Curon Venosta, quel piccolo comune e quel lago dove in tanti turisti arrivano per farsi selfie in maniera del tutto superficiale. E quanto diventano importanti, allora, i libri: quelle finestre sulla storia, su mondi di cui conosciamo poco o forse niente. In questo caso ad aprirmi gli occhi è stato sicuramente Marco Balzano con il suo romanzo “Resto qui”. Questo è uno di quei casi per cui amo il mondo del bookstagram: scoprire libri che poi finiscono per piacermi tantissimo e soprattutto che mi fanno conoscere pagine di storia di cui fino a quel momento non sapevo molto.
Vorrei ancora vedere quel lago? Ovviamente sì, ma ora lo farei con uno sguardo diverso, con un profondo rispetto per quello che è stato e per ciò che quelle acque nascondono. Nulla di così poetico e magico, anzi, una storia molto più straziante.
Scrivere di Primo Levi per me non è mai facile. Ogni volta che leggo uno dei suoi lavori, mi sento molto piccola, ma allo stesso tempo affascinata dalla sua persona e soprattutto dai suoi pensieri.
L'ho scoperto tardi, ma ora capisco perché in tanti ne hanno sempre parlato così bene. Per ora mi sono approcciata solo a quei testi che fanno riferimento alla sua esperienza nel campo di concentramento di Monowitz-Auschwitz. Volumi che, a mio modesto avviso, vanno assolutamente recuperati. Ho letto molto sulla Shoah, approfondendo inizialmente romanzi, e poi soprattutto le voci di chi ha vissuto sulla propria pelle quel terribile odio, quella crudeltà assurda, per la sola colpa di essere considerati una razza inferiore. E ora posso assolutamente dire che se vogliamo davvero conoscere e comprendere quello che è stato, le testimonianze sono il modo più importante per farlo. No, non condanno i romanzi, perché ne ho letti di davvero validi, ma vi invito e anzi, mi rivolgo anche a me stessa, a valutare davvero i testi da affrontare con più cura. Se con Sami Modiano, le sorelline Bucci, Elie Wiesel, e anche Liliana Segre mi sono sentita molto coinvolta emotivamente, secondo me Primo Levi va letto anche e soprattutto per riflettere. Perché i suoi libri non sono un mero ricordo di quanto subito, ma anche un vero e proprio invito alla riflessione sull'uomo, sulle sue azioni, su quello che sono capaci di fare l'odio, l'indifferenza, la natura umana sottoposta a certe sfide, umiliazioni, ma anche leggi assurde. E secondo me è proprio questo il punto di forza che mi fa gridare a gran voce: LEGGETE PRIMO LEVI.
Quando vedo troppo spesso parlare di un libro sui social, tendo a tenermene lontana, ad aspettare qualche settimana o anche mese, prima di capire se è rimasta ancora quella volontà di leggerlo. Ma per una volta ho voluto buttarmi. Il libro lo avevo inserito nella mia lista desideri e a Natale l'ho ricevuto in dono da mia sorella, suo marito e la mia preziosa nipotina. Ed è per questo che ho deciso di leggerlo qualche giorno fa, attratta con forza sia da questa sorta di “fiaba natalizia”, come in molti l'hanno definita, ma anche da un tema che io ho scoperto diversi anni fa e mi ha lasciata molto scossa: le Magdalene Laundries. Su questo punto tornerò più tardi.
Ho letto questo libro nel giro di due giorni, ma non ho trovato tra queste pagine quel piccolo capolavoro che tutti consigliano, anzi, al di là del bellissimo messaggio, ne sono rimasta piuttosto delusa. Una storia carina, ma a me non è bastato il mero intento di trasmettere una riflessione così importante. Forse, se fosse stato ampliato, reso un romanzo molto più approfondito, sarei riuscita ad amarlo. Ne sono certa.
Oggi, dunque, vi lascio i miei pensieri su “Piccole cose da nulla” di Claire Keegan, pubblicato da Einaudi.
Un racconto di Natale a metà gennaio? E perché no!
Nel periodo natalizio ho voluto recuperare almeno una lettura a tema, ma non sono riuscita a scriverne prima. Quindi, recuperiamo ora!
Complice lo speciale di Let's Book, al quale ho partecipato, ho trovato un titolo che mi ha particolarmente colpita: I fratelli Kristmas di Giacomo Papi.
È un romanzo scritto in modo semplice ma anche ironico, che mi ha piacevolmente intrattenuta, e che ho molto apprezzato anche per il tema di fondo: una sorta di metafora o di sguardo critico sulle diseguaglianze. Secondo me è una storia perfetta anche per riflettere su quello che è il vero significato del Natale: non una corsa ai mille regali, alle cose materiali, ma un momento in cui pensare ancor di più sull'importanza dei piccoli gesti, sulle emozioni, sulle disparità. Io sono sempre più dell'idea che non siano importanti le cose, ma quanto i momenti passati con chi amiamo, e perché no, aiutare nel proprio piccolo chi è più sfortunato di noi.
E non sono parole scritte tanto per. A me questa corsa sfrenata ai regali, questo soffermarsi più sulle cose materiali, fa sempre un po' storcere il naso. Forse è anche per questo che in quei giorni mi sento molto Grinch.
Comunque, torniamo al libro.
Non sono un'esperta di cinema, ma ci sono registi che mi colpiscono più di altri.
Tra i tanti Tim Burton è sicuramente uno di quelli che riesce, con i suoi temi, la sua immaginazione e creatività, a stupirmi sempre o quasi.
Ed è per questo che quando ho visto due titoli sul suo lavoro in biblioteca, ho deciso di portarli a casa con me. Per ritrovare così tra queste pagine non solo quei film che ho visto e amato profondamente, ma anche la vita e l'estro creativo di quest'uomo.
Oggi è la festa del gatto e quale momento migliore per parlare di un libro che ha come protagonisti anche queste splendide creature?
Di Kawamura Genki avevo molto amato il romanzo “Non dimenticare i fiori”, una storia che ho definito profonda come il mare ma delicata come i petali di un fiore, ma da molto tempo puntavo anche a questo lavoro. Ne avevo sentito parlar molto bene, e ne sono sempre stata attratta, non solo per il mio immenso amore per i felini, ma anche incuriosita da quel titolo che, in verità, può mettere i brividi. Io non potrei mai immaginare un mondo senza gatti, lo ammetto. Per me queste creature sono bellezza, conforto, amore. Sono cresciuta sempre in una casa che vedeva la presenza di almeno un gatto, e ora che purtroppo non posso tenerne - almeno per il momento - mi mancano immensamente, sento sempre un vuoto.
Devo dire che in “Se i gatti scomparissero dal mondo” ho trovato degli elementi affini con il successivo romanzo, soprattutto circa il rapporto d'amore ma anche di conflitto con i propri genitori, ma allo stesso tempo mi sono ritrovata a sorridere e a riflettere su temi anche molto attuali.
Ci avviciniamo alla Giornata della Memoria e il mio intento, come sempre, è quello di leggere e condividere alcune letture sul tema. In verità, il mio interesse per la memoria, e tutto ciò che ruota intorno a questa tragica pagina della Storia, è sempre stato vivo e acceso. Da sempre, da quando sono piccola. Non è una moda quindi, né la solita frasetta di circostanza da dire in questo momento, quel «per non dimenticare» o «mai più» scritto e gridato un solo giorno e poi ciao, ci rivediamo al prossimo anno. Nel mio piccolo, ho sempre cercato di affrontare queste letture. Sì, è vero, tendo a farle soprattutto in questo periodo dell'anno, ma in verità come dicevo è un tema che mi sta a cuore. Perché voglio davvero conoscere, riempire i vuoti, ascoltare o leggere testimonianze, per non restare cieca o indifferente di fronte a una realtà che purtroppo si ripresenta in forme piuttosto simili.
Quando mi approccio a romanzi definiti da molti “capolavori” c'è sempre curiosità ma anche il pericolo e di conseguenza il dispiacere di non riuscire anch'io ad appassionarmi totalmente alla storia. È successo più volte, e sebbene io sia dell'idea che anche i grandi classici possano non piacere, mi dispiace. Purtroppo anche per Giro di vite di Henry James è accaduto qualcosa di simile. Avevo grandi aspettative, e per molti versi mi è piaciuto, ma non è riuscito a conquistare in maniera totale e assoluta il mio cuore.
A mio avviso, infatti, è bene analizzare in maniera oggettiva un testo letto, ma è anche normale che a un certo punto subentrino le nostre emozioni, la componente soggettiva, pensieri e riflessioni che ci appartengono e che spesso possono essere distanti da quelli di altri.
Ormai manca poco per concludere questo mio viaggio nella letteratura italiana, ma quel che è certo è che continuerò anche una volta terminato questo mio progetto.
Settembre l'ho dedicato a un autore molto amato, ma che personalmente ancora non conoscevo. Il mio primo approccio alla sua figura l'ho avuto grazie a Natalia Ginzburg. Nel suo Lessico Famigliare, infatti, tra la sua famiglia e l'Einaudi, ha dedicato anche spazio a Cesare Pavese, personalità che mi aveva subito incuriosito. Non vedevo l'ora di leggere l'unico - per ora - titolo che abbiamo il libreria: La Luna e i Falò, il suo ultimo lavoro prima della morte. Be', ora capisco perché tanto amore non solo per la sua scrittura ma proprio per quel che ha dentro.
Pensate che ho già puntato altri titoli, e soprattutto voglio assolutamente recuperare il suo diario.