Amo molto il glicine o le piante rampicanti più in generale. I muri che ne sono adornati hanno un non so che di elegante, o magari possono evocare una sensazione di mistero o meraviglia. Anche se, a lungo andare, quelle piante così belle possono causare anche eventuali danni. A volte, poi, se usate nella letteratura possono nascondere inquietanti segreti, storie tragiche o, magari, essere come una sorta di metafora dei vincoli che ghermiscono le varie protagoniste di queste storie e, più in generale, numerose donne.
Come accade nei bellissimi racconti di Charlotte Perkins Gilman che ABEditore ha raccolto in un'edizione meravigliosa che, come sempre, incanta in ogni singolo aspetto: dalla copertina, alle grafiche interne, fino all'attenzione e alla cura dedicate alla prefazione e alle singole storie e poesie presenti a cura di Valentina Colafati. Solitamente, quando leggo le raccolte di racconti, finisce sempre che qualcuno possa non piacermi, ma in questo caso devo ammettere che ho trovato davvero un gioiellino letterario che vi consiglio assolutamente di recuperare sia se amate la letteratura gotica, sia se per voi sono importanti le tematiche femministe: Il glicine rampicante e altri racconti gotico-femministi.
A volte penso che lì dietro ci siano una miriade di donne, altre che ce ne sia una sola, e che avanzi in fretta, e che il suo avanzare scuota tutto. Quindi, nei punti ben illuminati rimane immobile e in quelli immersi nella penombra afferra le sbarre e le scuote forte.
E cerca di continuo di oltrepassarle. Ma nessuno può oltrepassare quel disegno... è oltremodo soffocante; penso sia il motivo di tutte quelle teste.

Ho scoperto la penna di Charlotte Perkins Gilman in un'altra raccolta di racconti femminili, dove era presente il suo racconto più famoso, La carta da parati gialla. Mi sono subito innamorata della sua voce e della capacità di condensare in poche pagine una storia intensa, ricca di simboli potenti sulla condizione femminile e su come gli uomini dell'epoca vittoriana - ma in molti casi, purtroppo anche attuale - vogliano bloccare la donna, controllarla, frenarla nelle sue aspirazioni. Su come certe cure mediche per l'isteria, possano spingere a una vera e propria pazzia.
La protagonista, colpita dalla depressione post-parto, viene condotta da suo marito, un medico, in una dimora di campagna dove è costretta a rinunciare sia alla socialità sia alla scrittura. Questo isolamento porta la donna a crollare sempre più nel vortice della follia, a sentirsi bloccata, come quella figura femminile che le pare di scorgere nella logora carta da parati gialla della sua stanza. Nasce in lei la voglia di liberare questa figura, e forse, anche di liberare sé stessa da quella condizione opprimente, dai limiti imposti, dall'assurda cura che rischia di portarla alla follia. Solo le donne possono rompere le catene che le costringono, ma per farlo devono prima rendersi conto di quanto siano strette. Da come scrive l'autrice stessa, questo racconto trae ispirazione dalla sua stessa esperienza di vita; il suo intento era quello di evitare che i medici e i mariti delle donne ritenute isteriche le facessero impazzire.
Questa storia è presente anche in questa raccolta, insieme ad altri sette racconti e ad alcune poesie strettamente connesse ai temi trattati.
Il volume si apre proprio con Il glicine rampicante dove l'elemento gotico è sicuramente molto forte. Siamo di fronte a una sorta di storia di fantasmi, di ambigui sogni che colpiscono alcune persone che scelgono di prendere in affitto una dimora per l'estate, in cui un enorme glicine percorre tutta la facciata. Figure spettrali e catene che sembrano muoversi sul fondo di un pozzo rimandano a una storia accaduta molto tempo prima. Dietro quella che può sembrare una semplice storia gotica, però, si cela una profonda critica al controllo dei corpi e a quella che era la morale femminile dell'epoca. Una storia di controllo patriarcale, di disonore, di segreti nascosti forse dietro quel rampicante così simile a un corpo che si contorce, si rannicchia e che supplica.
Sopra di loro, le ombre balenavano beffarde su un volto bianco nascosto tra le foglie, con occhi di fiamme smorzate.
Tramite è una narrazione molto breve che però riesce a creare la giusta angoscia, per il senso di oppressione che si disvela tra le pagine. Qui viene descritta semplicemente la giornata tipica di una donna dell'epoca, costellata di doveri verso la casa, i figli, il marito. Le incombenze sono così tante, che arrivata a sera, non trova il tempo per sé, neanche per scrivere una lettera. Luce e ombre s'intrecciano nella difficoltà di trovare sé stesse in un mondo in cui bisogna seguire il proprio ruolo di madre e moglie.
Forse più divertente, ma in realtà anche qui molto denso per contenuti e riflessioni, è Se fossi un uomo, dove una moglie vittoriana, dopo un litigio con il marito per una bolletta troppo alta, desidera profondamente di essere un uomo. E così accade. Nel corpo del marito si ritroverà a vedere il punto di vista maschile, a sentire quel profondo senso di libertà che alle donne è spesso negato, e a percepire lo sguardo degli uomini sulle donne.
La porta incustodita ha il sapore di un'oscura fiaba. Una donna vive in una meravigliosa casa di marmo, ricoperta di rampicanti e celata da fiori di cui si prende cura con amore. Possiede una collezione di oggetti belli e curiosi, cimeli di epoche passate, e bizzarrie strane e insolite. Una vita libera, ben servita e rispettata, all'apparenza serena. Un giorno, però, arriva un principe che sostiene di vederla triste, come se le mancasse qualcosa. Parole che spezzano un equilibrio felice. E che cos'è quel suono basso, flebile, irregolare e pulsante che le pare di udire tra le rarità della sua collezione? Ma le donne hanno veramente bisogno di un principe per salvarsi?
La torre di Clifford narra di una prestigiosa famiglia caduta in disgrazia a causa di un antenato che desiderava sposare la figlia di un umile pescatore. Un sodalizio infelice, che lascia incompleta una dimora su cui spicca l'alta torre merlata. Qui ora vivono una madre e sua figlia. Ma cosa accade quando la ragazza trova l'amore?
La sedia a dondolo presenta altri elementi tipici della letteratura gotica. Il punto vista è quello maschile, e protagonisti sono due amici, giovani giornalisti in erba, che prendono in affitto due stanze di una casa abbastanza ordinaria gestita da un'anziana signora dal volto smorto, apatico, dallo sguardo spento. I due, prima di accedere, avevano notato una fanciulla dalla testolina dorata seduta su una sedia a dondolo, cullandosi pian piano avanti e indietro. Chi è costei? Cosa accadrà ai due ragazzi? Qui le donne sembrano delle semplici presenze: una padrona di casa dal triste aspetto, una fanciulla oggetto di desiderio.
In Quando ero una strega, l'ultimo racconto, troviamo una donna che fa un patto con il Diavolo, diventando una strega capace di plasmare il mondo a suo piacimento, esprimendo desideri non così positivi e piacevoli, anzi! Ma, quando si ritrova a desiderare un vero e proprio cambiamento per le donne, quella magia oscura non sembra più funzionare.
Allora desiderai - con tutta la mia forza - che le donne, tutte le donne, potessero alfine rendersi conto di cosa significasse essere femmine; della forza, dell'orgoglio, del ruolo che ricoprivano nella vita; che potessero comprendere il loro dovere di madri del mondo... di amare e prendersi cura di ogni essere vivente; che riuscissero a vedere il sudiciume dei loro uomini... e di scegliere solo i migliori, e dunque di partorirne e crescerne di ancora migliori; che potessero comprendere il loro dovere di esseri umani, e di uscire per godere a pieno della vita, del lavoro e della felicità!
Charlotte Perkins Gilman è stata una sociologa, scrittrice, poetessa ed economista statunitense che, per le sue idee e il suo stile di vita non convenzionale, è diventata un modello per le future generazioni femministe. Con le sue protagoniste cerca di scardinare gli stereotipi e di far aprire gli occhi alle donne stesse. Donne che dovrebbero tentare di spezzare le catene in cui sono imprigionate, quei rami contorti e intricati che sembrano ghermirle e vincolarle a un'esistenza gestita dagli uomini o dai fondamenti della società dell'epoca (ma forse, per certi versi, anche oggi non è poi così diverso).
La sua scrittura è chiara e diretta, ma anche molto evocativa e incisiva. Attraverso anche l'uso di simboli e metafore - come la stessa carta da parati gialla - cerca di mettere in luce quelli che erano i limiti e le restrizioni imposte alle donne dell'epoca vittoriana. Le sue sono storie che criticano lo sguardo maschile, le cure assurde e inefficaci dei medici uomini verso donne ritenute isteriche e melanconiche, ma, forse, c'è anche una sorta di invito alle donne a ribellarsi, e a trovare la loro libertà. E secondo me, ci riesce perfettamente.
Lo ripeto: recuperate questa raccolta di racconti se non lo avete ancora fatto.
Per me è stato un vero piacere poter approfondire la sua scrittura.