La cattedrale di nebbia, di Paul Willems

17 gen 2025

Libri

Ho un problema. Sento sempre quel bisogno di capire in profondità un testo, di trovare le chiavi di lettura, di andare oltre per sentirmi pienamente appagata. A volte, però, forse anche per qualche mio limite, non riesco a comprendere del tutto. E nasce in me quel conflitto interiore che mi porta a sentirmi un po' sbagliata. 

Tuttavia ci sono letture in cui basterebbe solo lasciarsi andare alla narrazione, alla forza evocativa delle immagini, leggere le simbologie senza andare per forza a cercare il vero significato. E, così, riesci ad apprezzare un testo anche quando non riesci a farlo tuo del tutto.

Mi è successo con il primo libro di Safarà che ho preso al Salone del Libro, e che ho finalmente letto di recente. Una raccolta di racconti che mi aveva subito attratta sin dalla presentazione, e che alla fine è riuscita a colpirmi positivamente.

Forse è un collegamento sbagliato - o magari no? - ma nel leggere questi racconti onirici, eterei, surreali, ho pensato a come mi sento quando guardo i quadri di René Magritte (che poi vengono anche entrambi dal Belgio): amo immensamente la sua arte, anche se non sempre riesco a trovarne un senso. In entrambi i casi, nel quadro o sulla pagina, i simboli sono tanti. Magritte e Willems riescono a trasmettermi emozioni, anche senza per forza trovare una spiegazione. Secondo me “giocano” entrambi su questo sottile filo tra realtà e immaginazione, tra razionale e irrazionale, tra ordinario e mistero.

La cattedrale di nebbia è una raccolta di sei racconti, nati dalla penna di uno dei più grandi eredi della letteratura fiamminga: Paul Willems.

 Quando un coltello tocca il pane, il pane grida.



© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


Tra paesaggi onirici, narrazioni al limite del reale, la perdita di qualcuno amato e la difficile elaborazione del lutto, e strani palazzi di vuoto o cattedrali di nebbia, l'autore ci fa perdere in  storie che lasciano addosso una miscela di sentimenti: lo stupore, l'incertezza, la magia, ma anche un senso di oppressione, di tristezza, di disillusione.

Il tutto condito con una prosa che profuma di poesia, un lirismo che incanta. Ci si immerge in questi paesaggi, soprattutto ambientazioni con foreste notturne, in cui trovare grandi letti posti in una radura innevata, da cui guardare le stelle, o trovare una certa ospitalità; letti che sembrano diventare dei tappeti volanti tra fiocchi di neve sospesi. 

In un'altra foresta, dove le querce e i faggi svettano più in alto della volta di una chiesa, dondola piano nell'aria immobile una strana cattedrale fatta di nebbia. Una struttura vaga e precisa insieme, che sembra tenuta sospesa tra cielo e terra dai rami degli alberi. A terra un tappeto di edera di un colore verde brillante. 

C'è poi il palazzo del vuoto, in cui la dimensione onirica diventa una sorta di prigione. Un rapporto complicato tra due amanti, violenza e oppressione, la sottomissione a un male di cui si sente il bisogno.

In molti dei racconti, poi, i temi della morte e dell'elaborazione del lutto sono molto presenti: come in Requiem per il pane, in cui alla morte della giovane cugina, il protagonista mostra difficoltà nell'accettare una tale perdita e non riesce neanche a piangere. O Nell'occhio del cavallo, in cui un padre tenta di comunicare con la figlia morta attraverso una lingua segreta, sacra.

È una lingua intessuta di lacrime e d'aria, nella quale i silenzi che separano le parole sono di un rosso cupo che vira al nero. Il vento che attraversa il racconto di Sergej fa tintinnare dei campanelli di carta e risuonare tamburi di sabbia. Io riesco a capire tutte queste parole senza capirle.


Ma c'è anche chi sente di aver sprecato per intero la propria vita, non rendendosi conto, invece, di aver donato qualcosa, di aver lasciato una traccia d'amore e serenità.


La morte la si accetta o la si combatte solo se la vita ha avuto un senso. Ma quando non c'è nulla? Si può morire senza aver avuto la propria epifania?


Il volume include anche due splendidi saggi in cui l'autore lascia le sue riflessioni sulla lettura e la scrittura. Ci fa immergere così nella biblioteca di famiglia, attraversata dai sussurri dei ricordi di ben quattro generazioni, e condividendo con noi anche cosa per lui significa leggere, e in che modo ama farlo. Ci sono moltissime riflessioni nelle quali mi sono anche ritrovata, e mi piace molto come lo conclude.

... io non ho mai letto per imparare, ma solo per cercare di entrare nei giardini segreti della poesia e del pensiero.

Interessante anche il saggio sulla scrittura, sulla sua casa interiore ricca di camere felici, tristi, abbandonate, chiuse, da cui emergono oggetti, sensazioni, ricordi, ferite e dispiaceri, speranze e rimpianti, e importanti messaggi.

Scrivere è un atto pericoloso che porta a dubitare di sé stessi; è dare un nome alle cose; è un atto mosso dal desiderio, dalla paura, dall'inquietudine, dalla gioia, dalla rabbia o dalla nostalgia.

Un viaggio non si analizza, non si dimostra. Si narra.


Due piccoli saggi davvero molto interessanti per chi ama leggere, ma anche scrivere.

Insomma, forse non avrò compreso ogni dettaglio, ma ho lasciato che la mia anima di lettrice s'immergesse in queste narrazioni molto evocative, senza pormi troppe domande. Lasciandomi andare alla bellezza e inquietudine dei luoghi, ai moti oscuri dell'animo umano, alla tristezza delle perdita e alla difficoltà di accettare un dolore. Immaginando di essere lì, tra quelle foreste innevate, a osservare le stelle, o magari provando a visualizzare dentro la mia mente quella cattedrale di nebbia che volteggia tra i rami al crepuscolo.

Forse non è un libro per tutti, ma se amate queste atmosfere oniriche, magari fa per voi.


IL LIBRO

La cattedrale di nebbia
Paul Willems
Casa editrice: Safarà Editore
Traduzione di: Giuseppe Girimonti Greco, Federico Musardo
Pagine: 112
Prezzo: 16.00€
Anno di pubblicazione: 2024
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