Novembre è stato il mese delle letture disturbanti.
Tra le tante, oggi vorrei proporvi un libro che ho scoperto grazie a Monstrumana di Francesca Giro e Gaetano Pagano, saggio pop pubblicato da effequ. In quel testo venivano descritti una serie di mostri della letteratura, cercando di riflettere sul filo sottile tra mostro e umano. Ne conoscevo diversi, ma la Medusa di Martine Desjardins (pubblicato in Italia da Alter Ego) mi mancava. Ne sono rimasta così colpita che all'ultimo Salone del Libro ho deciso di portarlo a casa con me. Una lettura non solo disturbante, ma che fa riflettere anche sulla femminilità, la misoginia, il concetto di vergogna del proprio corpo, spesso proprio a causa del giudizio altrui. Una paura che tiene sovente le donne in una sorta di schiavitù, incapaci di vedersi davvero per quello che si è, libere di mostrare al mondo sé stesse.
Un romanzo sicuramente originale che mi ha colpito anche per la scrittura, per la scelta di numerosi termini per descrivere il difetto della protagonista.
«Se mostri gli occhi a qualcuno, ti cucio le palpebre».
La protagonista, che non ha nome, è nata con una grave malformazione congenita agli occhi. Sin da bambina è obbligata dai suoi genitori, in particolare da sua madre, a tenere lo sguardo rivolto verso il basso, gli occhi nascosti dietro i capelli, guai a mostrarli! Ha imparato ben presto a camminare come se fosse gobba, con la testa china sotto il giogo dell'obbrobrio, le spalle curve, il mento attaccato allo sterno e le palpebre semichiuse. Disprezzata e ripudiata dai suoi genitori, presa in giro dalle sue bellissime sorelle che le donano ben presto il nome Medusa, perché così simile alle creature così denominate, non ha potuto ricevere una vera e propria educazione - solo in casa - e ben presto il suo destino è un altro.
Viene, infatti, portata in un istituto l'Athenaeum, che accoglie le bambine bandite dalla società a causa delle imperfezioni fisiche e lì abbandonata a un oscuro e terribile futuro. È una donna a gestire il luogo, una direttrice dall'aspetto scheletrico e la testa calva, colpita da una rara forma di alopecia congenita, che porta sempre con sé una civetta dalle piume bruno-violacee. Un chiaro riferimento qui alla figura mitologica di Atena - colei che condannò la Medusa del mito a un destino impietoso -.
Gli Orrori che sono i suoi occhi, però, risultano essere qualcosa di troppo grave anche per la direttrice. Medusa viene accolta sì, ma come domestica, costretta a lavorare a quattro zampe, gli occhi incollati al pavimento e a camminare con la faccia contro il muro. Se andrà contro le regole, sarà punita. Alla terza occasione, cacciata.
L'istituto si erge sulle rive di un misterioso lago infestato da meduse e al suo interno troviamo delle protette, ragazze con varie malformazioni fisiche, ma anche dei benefattori, uomini facoltosi, nomi noti della società, che le giovani dovranno incontrare una volta al mese, durante il novilunio, per trascorrere con loro la notte. Dietro quelle stanze si consumano atti disturbanti, che vedono gli uomini dare sfogo alle proprie ossessioni infantili, sottomettendo e umiliando le ragazze, costrette a fare tutto ciò che viene loro ordinato e a vestirsi in modo da sembrare ancora più bambine di quanto non siano.
Nell'Athenaeum, infatti, non si studia. Le ragazze sono chiuse in stanze piene di giochi di bambini, sgretolati, rovinati, e rigidamente controllate.
A dir la verità, non immagineresti mai che le meduse siano velenose. Vedi, persino la bellezza più fragile può essere mostruosa.
È in questa prima occasione, però, che Medusa avrà modo di scoprire il potere dei suoi occhi di donna. Effetti che la turbano profondamente, facendole provare un forte senso di vergogna. Lei si accorge, infatti, di avvertire piacere fisico durante le sevizie, ma accoglie tutto con orrore e forte turbamento. Eppure, quelle Mostruosità saranno da un lato fonte di vergogna, dall'altro anche una sorta di benedizione e sicurezza.
Inizia per lei un vero e proprio percorso che la porterà a conoscersi meglio: riuscirà ad accettare sé stessa e a ribellarsi a quel senso di vergogna? E se sì, in che modo?
Medusa è un romanzo che riprende un po' il mito, ma lo rielabora in una forma, per me, molto originale. Si parla di femminilità, di sessualità, del corpo femminile che spesso è sottoposto al giudizio di una società ipocrita. Un mondo in cui coloro che sono rinomati, in verità nascondono un lato perverso. Coloro che attaccano il diverso, in realtà, celano la loro mostruosità, un potere che si scaglia contro le donne.
Ma il mostro più grande che traspare da queste pagine è la Vergogna, il provare disgusto verso il proprio corpo, lasciandosi soggiogare da quello che è il giudizio altrui. Una forma di schiavitù per la donna, che non riesce ad accettarsi e che si nasconde, cela le sue Sfigurazioni, perché è quello che stabilisce la società. Una realtà che vorrebbe la donna come un oggetto da umiliare e possedere e dove fanno paura la bestialità, la spudoratezza e l'indocilità, e per questo vanno rinchiuse o, peggio, eliminate. È la vergogna che aveva esercitato un vero e proprio controllo sulla sua via, quasi una forma di coscienza, che la porta a non amare sé stessa, a odiarsi, resa ceca e portandola a tagliarsi le ali, fino a quando non comprende che sia ora di liberarsi della sua tirannia.
Ho trovato molto interessante anche andare a scovare i vari nomi che Medusa usa per parlare dei suoi occhi. L'autrice ne indica moltissimi, a sottolineare proprio questo senso di vergogna, orrore, ma anche furia. Difformità, Mostruosità, Orrori, Anomalie, Atrocità, Sudicezze, Terrori, Abominazioni, Infezioni, ma anche Orchesse, Lamie, Strigi, Empuse, Piaghe d'Egitto, Succubi, Cataclismi, Arpie, Perdizioni... e questi sono solo alcuni dei termini che utilizza.
Il romanzo è composto da capitoli molto brevi, ma alcune descrizioni appaiono disturbanti. Quindi forse non è una lettura per tutti. Tuttavia, io l'ho trovato molto interessante da un lato proprio per questa rielaborazione del mito - comparirà, poi anche la figura di Perseo -, dall'altro nell'affrontare un tema del tutto attuale, ma che in fondo è stato trasmesso di epoca in epoca, e anche oggi è presente.
La vergogna mi aveva imposto il suo giogo al punto che mi ero sempre conformata all'impressione degli altri, avevo accettato il loro giudizio e assimilato quell'avversione senza rimetterne in discussione la fondatezza. Avevo sopportato il rossore alle guance, la cappa di piombo che mi schiacciava i polmoni, il cuore che mi precipitava dolorosamente in fondo al petto a ogni umiliazione. Alienata dalla mia natura, l'avevo offuscata nascondendola dietro i capelli, le bende, gli occhiali.
Donne che fanno paura agli uomini (ma anche ad altre donne) e per questo vengono umiliate, derise, buttate a terra, frenate, nascoste, ma che possono tornare ad alzarsi, dominate dalla rabbia, dalla vendetta. Ma, un passo dopo l'altro, si può trovare la propria vittoria sulla vergogna che rende schiave del giudizio altrui.
Non vi dirò di quale malformazione soffre Medusa, perché questo sarà chiaro solo sul finale. Ma se vi ho convinto, in qualche modo, potete recuperare il libro e scoprirlo!