Oggi vi porto con me nel cuore della selva in cui vive isolata una comunità matriarcale ribelle. È un piccolo libriccino nel formato, ma denso di personaggi, temi e particolari. Fa parte della collana Cuspidi di Moscabianca edizioni, racconti o novelle che sono arricchiti da splendide illustrazioni. In questo caso è l'arte di Marco Calvi, illustratore che ho avuto più volte modo di apprezzare soprattutto grazie ai libri di ABEditore, che va a dar vita alle parole di Lucrezia Pei e Ornella Soncini. Ci trasportano con loro in una sorta di Cinquecento italiano alternativo, quasi sospeso in un tempo in verità non definito, dove si narrano di storie ed eventi non così lontani dai nostri.
Siete pronti a seguirmi Nella verde gola delle lupe?
In principio c'era la donna e c'era l'uomo, che era il maschio della donna, e tutti vivevamo in pace. Un giorno, però, gli uomini caddero preda di una grande avidità.
Questa piccola ma potente storia profuma di leggenda, di quei racconti narrati attorno al fuoco, di madre in figlia. Una storia che si perde in un passato non ben delineato, ma i cui temi risuonano ancora oggi. Femminilità, sorellanza, patriarcato, violenza sulle donne, ritorno a una vita strettamente connessa con la natura.
Ci addentriamo a piccoli passi nella selva, in un eremo nascosto, in una grotta in cui vivono solo donne. Ave, Nonne, Madri, Zie, Fertili, Lettrici, Cacciatrici, Bambine. Donne che a seguito della Grande Ingiustizia hanno scelto di allontanarsi dal villaggio, di chiudersi in quel mondo riparato, coltivando il culto di Nostradonna. A nessuna è consentito andare oltre un tiglio morto. Si rischia la vita, a causa degli esserbibestia golosi di donne, pelosi come i lupi, capaci di mangiarti l'anima.
Ana è cresciuta con questi racconti. Ana dalla folta chioma rossa, però, è una ragazzina ribelle, disubbidiente ed estremamente curiosa. Le sue labbra non riescono a trattenere domande, le sue gambe da cacciatrice corrono rapide nel bosco, scorrono le dita su un libro sacro, assetata di conoscenza, di verità. A lei e alle altre bambine è stata narrata la storia di Santa Agilulfa che ammansì un grande lupo nero come il male, e che permise alle donne di nascondersi in quel luogo. Eppure per sopravvivere hanno bisogno anche di compiere altro, forse in un certo qual modo di avvicinarsi proprio a quel mondo esterno ormai proibito.
Le notti di Congiunzione il Soffio del Cielo protegge chi ha sanguinato. Le altre devono restare al sicuro.
Ana non conosce nulla del mondo fuori dal verde. Ma, un giorno, scopre la sua amata madre in compagnia di una misteriosa creatura. Che sia una di quelle che ogni state, le fertili devono incontrare per diventare madri, permettendo al Soffio del Cielo di attecchire nei loro ventri? E quel loro mondo potrà preservare quella sorta di pace?
Quando ho visto questa pubblicazione ne sono subito rimasta attratta. Dovevo averlo, dovevo leggerlo, e in tutta sincerità non ne sono rimasta per nulla delusa anzi. La storia di Ana, Luce, Lia e le altre donne, mi è rimasta addosso per qualche giorno anche dopo aver voltato l'ultima pagina. Lucrezia Pei e Ornella Soncini hanno creato, a mio avviso, un mondo davvero interessante e particolare, utilizzando anche uno stile decisamente in linea con la realtà rappresentata. Come dicevo ci portano in una sorta di Cinquecento italiano, e scelgono un linguaggio che potrebbe ricordare il volgare, e anche con l'uso di termini dell'epoca. Ed è così che le stagioni diventano Verno, State, Vere, l'ospedale - spedale, e sono solo alcuni degli esempi che potrete trovare tra le pagine.
La novella si articola in un anno, e ci presenta numerosi personaggi: non solo le donne di questa comunità ribelle, ma anche alcuni personaggi fuori dalla selva: I Lupati, gli esseribestia, i paesani, i forestieri... tutti ben caratterizzati, nonostante l'esiguo numero di pagine.
In effetti, se proprio dovessi trovare un difetto sarebbe proprio la brevità. Mi spiego meglio: mi è piaciuta così tanto questa novella, da volerne leggere di più, per approfondire non solo la storia in sé, ma anche i tanti personaggi delineati. Mi è sembrato come un ottimo spunto da cui partire per elaborare un romanzo molto più ampio, o forse una serie di storie che potrebbero aiutarci a entrare ancora più in profondità in questa narrazione, nelle varie vite, dando a ciascuna voce ancora più rilevanza. Insomma, vorrei proprio poter tornare nella selva - ma anche fuori - per leggere molto di più. Le mie parole, quindi, non sono una critica, ma anzi, un semplice desiderio di assaporare ancora altre pagine di questo mondo creato dalla penna delle due autrici.
L'altro motivo, oltre alla storia, per cui sono rimasta subito affascinata da questo libriccino sono le illustrazioni di Marco Calvi, un artista che ho avuto modo di apprezzare da tempo e d'incontrare. Amo moltissimo la sua arte, e credo che attraverso i suoi disegni sia riuscito a dare una precisa concretezza alle parole, dando forma ai vari personaggi. Ana e quella chioma folta di capelli rossi che sembrano avvolgere il suo piccolo corpo; Lia e il suo amore intenso e impossibile, il suo dolore; ma c'è anche una certa attenzione ai corpi femminili, ai ventri colmi di nuova vita, ai legami, al sacro. Sguardi intensi che sembrano esprimere ribellione, amore, sofferenza, vero e proprio dolore. Personalmente ho amato moltissimo queste tavole.
Sei più felice tu che non sai.
Non voglio dirvi di più sulla storia, anche se nutro la speranza di avervi donato almeno un pizzico di curiosità. È un libro che vi invito a recuperare.