Da quando ho letto 1984 molti anni fa, ho capito di voler recuperare quanto più possibile sul genere distopico. So che sono letture che possono in un certo senso ferire o trasmettere una buona dose di ansia, ma mi entusiasma anche molto riuscire a scorgere come i vari autori e autrici abbiano immaginato un possibile mondo futuro, un futuro che assomiglia molto spesso, in modo inquietante, a troppi pensieri del presente. Quando Maurizio Cometto mi ha proposto il suo libro, sono rimasta subito colpita dalla trama: un distopico ambientato in Italia, in particolare a Torino? Interessante! E, in effetti, non ne sono rimasta delusa. Anzi. Mi è piaciuto davvero molto, nonostante (o forse anche per tal motivo) mi abbia ricordato alcuni film sul tema (Matrix, V per Vendetta, Inception), e sì, anche per alcune sfumature il meraviglioso testo di Orwell (che resta il mio preferito!).
Oggi, dunque, lascio le mie riflessioni sul suo Le leggi dell'ordine etico, pubblicato con Delos Digital.
Ciascun nucleo procede isolato nella bolla della propria vita, timoroso di possibili bisbigliatori, troppo abituato alla riservatezza e alla freddezza da anni di consuetudine.
Anno 2072.
L'Italia è divisa dal mondo esterno dal mare e da una Grande Muraglia che impedisce agli stranieri di entrare. Molti anni prima la Madre della Patria ha permesso al paese di uscire fuori dalla Terza Guerra Mondiale, scegliendo la neutralità, e chiudendolo agli occhi del mondo. Al di là della Muraglia la cosiddetta Grande Italia è vista come una sorta di Nuova Corea del Nord. Grazie allo sfruttamento dell'energia eolica, alla diffusione del nucleare e al potenziamento dell'agricoltura è diventato un paese autosufficiente, autonomo e indipendente, che non ha alcun bisogno dell'aiuto esterno. Ogni parola straniera è bandita, ogni oggetto che fa riferimento al mondo esterno è distrutto. Non esistono più smartphone, né internet. Si parla di elaboratori, di cinematografo, di Rete Telematica Nazionale strettamente controllata. Alla morte della Madre della Patria - di cui non si conoscono i motivi - tutto è sotto il controllo del Comitato di Salute Pubblica e della corporazione degli Armati, che controlla i confini e blocca ogni possibile accesso di stranieri.
Tutti i cittadini devono seguire rigidamente le tre leggi dell'ordine etico: obbligo del matrimonio (entro i trent'anni), regolazione del fine vita e centralità del lavoro. Se non sei sposato entro il termine stabilito e sei uomo, sarai sottoposto all'arruolamento forzato, se sei una donna o prendi i voti o sparisci (voci parlano di procreazione forzata e sperimentazione medica). I vecchi, i malati, gli inutili al lavoro vanno sacrificati per il bene comune.
In questa sorta di stato prigione, dove devi stare attento anche a possibili bisbigliatori, gli italiani sembrano essere ormai come tanti piccoli robot, privi di empatia, incapaci o forse impossibilitati a socializzare davvero con gli altri, a condividere esperienze, sogni, ricordi. La memoria collettiva e personale va via via perdendosi.
Protagonista di questa storia è Davide, sposato con Maria, che lavora presso una fabbrica di automobili a Torino. L'uomo negli ultimi tempi nota dei comportamenti strani che colpiscono i suoi colleghi: è come se si slegassero dalla realtà, dal presente, accedendo a un altro piano temporale. Come se vivessero nei propri ricordi. Le domande si fanno più intense quando uno dei suoi colleghi, improvvisamente scompare e si dice sia stato portato in una sorta di ospedale militare. Davide viene subito coinvolto in un progetto che sembra essere l'unico modo per sfuggire da quel mondo distorto e opprimente: Emphaty, una droga e un social che si sta sempre più diffondendo. Sarà davvero il modo giusto per avere quel risveglio, quella sollevazione popolare e la libertà da questo stato oppressore? E chi è davvero il sovversivo Guido Fossbergher, lo straniero che attenta alla morale e alla stabilità delle istituzioni, costantemente ricercato dagli Armati?
Per Davide, poi, Emphaty diventa una scelta anche del tutto personale: ha perso suo padre da bambino, rimasto ucciso a seguito di un missile a testata nucleare caduto nel Quadrilatero Romano di Torino. Davide non vuole dimenticare quell'uomo amato, vuole conservare il ricordo, e magari ritrovarlo.
Ma sarà davvero quella la strada da seguire? Si potrà davvero tornare a scorgere cosa ci sia al di là della Muraglia?
I giovani italiani nascono inquadrati e crescono come dei piccoli robot al servizio del Comitato di Salute Pubblica. Ogni tipo di empatia, di interazione sociale, di condivisione delle esperienze, è in fase di progressivo azzeramento. Non solo: la memoria si sta perdendo, e non parlo solo di memoria storica, collettiva, ma perfino di quella personale.
Questo romanzo distopico mi ha davvero conquistata. Forse perché ho letto davvero troppo poco sul tema con un'ambientazione italiana, ma anche per l'idea. Come spesso succede, leggendo di distopia, questo inquietante futuro non sembra poi così lontano. Quando ho letto della creazione di questa Grande Italia chiusa e inaccessibile agli stranieri, ho subito sentito risuonare le parole su cui certi politici fondano i propri partiti: l'Italia agli Italiani, gli Stranieri a casa loro. Provate a immaginare un mondo così chiuso e rigidamente controllato, dove sì puoi vivere il tuo presente, ma puoi farlo solo rispettando determinate regole, e perdere una parte di te. I tuoi ricordi svaniscono, così come la possibilità di comprendere l'altro, quell'empatia che potrebbe renderci tutti un po' più umani. È una realtà chiusa, circondata da un'alta Muraglia rigidamente controllata da uomini armati, che se da un lato impedisce a chi è fuori di entrare, dall'altro lato non permette neanche a chi è dentro di uscirne. E se ti venisse offerta una possibilità di cambiare le cose? Accetteresti? Ma è davvero tutto come sembra?
Sono rimasta stupita dall'evolversi delle cose, soprattutto dalla seconda parte. Forse perché per me l'empatia è un concetto davvero importante. Non posso purtroppo dilungarmi con pensieri più personali, perché rischierei di fare spoiler. Però posso dire di averlo davvero apprezzato perché, come dicevo, mi ha ricordato almeno in parte il mio amatissimo 1984, donandomi una buona dose di inquietudine. Sicuramente è una lettura che può affascinare molto gli amanti del genere, che potranno ritrovare qualche riferimento non solo alla letteratura, ma anche ai film. Quelle pillole verdi e rosse, magari possono ricordare Matrix. E che dire di quel volto dello straniero, che sembra tanto simile alla maschera di V? Per alcuni aspetti mi ha fatto pensare anche un po' a Inception, soffermandosi però, in questo caso, soprattutto sui ricordi.
Un romanzo sulla memoria, ma anche sul pericolo di chiudere un Paese in sé stesso. Sì, poter non dipendere dalle risorse di altri, sarebbe meraviglioso. Ma chiudersi in un bozzo e perdere la condivisione è davvero un aspetto così positivo?
Ringrazio di cuore l'autore per avermi permesso di fare questo viaggio. Se amate il genere distopico e volete scoprire un titolo ambientato nel nostro Paese, ve lo consiglio!