Tra le autrici italiane della narrativa contemporanea c'è una penna che si è incastrata con molta facilità nel mio cuore di lettrice: quella di Martina Tozzi. Di lei ho già scritto, consigliandovi la sua biografia romanzata su Mary Shelley (Il Nido Segreto), e il romanzo storico che riprende la storia vera delle ultime donne arse sul rogo con l'accusa di stregoneria in Francia (L'ultima strega). Quando ha svelato di aver scritto un'altra biografia romanzata sulla famiglia Brontë sapevo già che dovevo averlo e che lo avrei amato profondamente, e così è stato.
Non ho ancora letto tutti i romanzi delle tre sorelle e sapevo ben poco del loro fratello Branwell ma, così come è successo dopo la lettura de Il nido segreto, anche Per la brughiera - questo, il titolo - ha acceso una nuova curiosità in me. Spero di riuscire a recuperare i romanzi che mi mancano di Anne e Charlotte e magari di rileggere gli altri. Perché secondo me Martina non ha solo passione, ma anche una penna capace di far leva sulle emozioni: ti sembra davvero di conoscere queste figure storicamente esistite, di appassionarti alle loro vicende, di soffrire al loro fianco a causa di un destino beffardo. E i libri delle sorelle Brontë emergono così tanto da queste pagine che hai voglia di rileggerli o andare a riempire i vuoti.
Ci tengo a ringraziare di cuore il mio ragazzo per avermi fatto il dono di questo splendido titolo, e Martina per la sua dolce dedica.
«Scrivi,» suggerì Emily. «Nella nostra famiglia, non c’è niente che la scrittura non possa curare.»
Nel 1821 a Haworth, un remoto paesino dello Yorkshire, dove il vento sembra non smettere mai di soffiare sulla selvaggia brughiera, si consumano le ultime ore di vita di Maria, moglie del reverendo Patrick Brontë e madre di sei figli ancora piccoli. Un male corrode il suo corpo, ma è il dispiacere di lasciare quei bambini soli a darle più dolore. Come farà il suo amato a occuparsi di loro? Come potranno crescere senza di lei?
Maria guarda i suoi figli: Maria, di sette anni, posata e intelligente, seria e responsabile, troppo presto ha dovuto rinunciare alla spensieratezza dell'infanzia per prendersi cura dei fratelli minori; Elizabeth, dagli occhi vivaci e il sorriso birichino, alla costante ricerca di storie da ascoltare; Charlotte, sempre curiosa e un'attenta osservatrice, dietro i cui grandi occhi sembrano annidarsi una marea di domande; Branwell, l'unico figlio maschio, su cui si posano tutte le aspettative, intelligente, vivace, chiacchierone, impossibile non amarlo! E poi Emily e Anne, ancora troppo piccole per capire.
Maria li osserva disperata. Non potrà veder crescere nessuno di loro, non potrà esserci per un abbraccio di consolazione o affetto, per rispondere alle loro domande, per amarli come avrebbe tanto voluto. Non può neanche immaginare quali mondi nasconderanno soprattutto le sue ultime tre figlie, a quali storie daranno vita sulla carta, né il successo che otterranno, tanto da amarle ancora oggi.
Inizia così la storia della famiglia Brontë, una vita travagliata, scossa da innumerevoli lutti, da privazioni, difficoltà, malattie, ma anche amore, coraggio, ribellione, affermazione, e soprattutto animata da un mondo interiore e dal conforto della penna. Inventare storie e poi scriverle, diventa un modo per Charlotte, Emily e Anne ma anche per Branwell per trovare sollievo, ma soprattutto un impulso interiore che non riescono a frenare, sin dall'infanzia.
Dopo la morte precoce di Maria ed Elizabeth, a causa delle terribili condizioni della scuola in cui studiavano con Emily e Charlotte, gli altri fratelli trovano un modo per andare avanti attraverso giochi particolari: iniziano prendendo in mano dei soldatini, dando loro dei nomi e costruendo grazie alla loro fervente fantasia dei mondi nei quali rifugiarsi e nei quali loro sono come degli Dei che muovono le vite dei loro personaggi. Ma crescendo, nasce la voglia di scrivere: e lo fanno dapprima su fogli, con una scrittura piccolissima così da non farsi scoprire dagli adulti, e poi soprattutto in Charlotte e Branwell, animati da una forte ambizione, sorge l'idea di essere anche pubblicati. Scrivono poesie, versi che vorrebbero far conoscere al mondo. E poi, con il tempo, le tre sorelle si dedicano a dei romanzi. L'unica che sembra essere restia nel far conoscere la propria scrittura a tutti è la ribelle e ostinata Emily: lei scrive per sé e per Anne, la sua sorellina, anima affine, quasi fossero delle gemelle.
Attraverso una narrazione lenta, scrupolosa e attenta ai dettagli di una vita intera - anche se troppo breve -, Martina riesce, a mio avviso, a rendere uno splendido omaggio a questa famiglia. Non solo alle tre sorelle, ancora oggi tanto amate, ma anche al loro fratello, che purtroppo a causa di un'ossessione e di vizi si perde. Branwell unito profondamente a Charlotte non solo dall'ambizione e dalla voglia di vedere il mondo oltre quella canonica in cui vivono, ma da un legame più profondo: le loro anime parlavano la stessa lingua.
Come ho detto, di lui sapevo ben poco, ma è straziante vedere quel bambino così vivace e appassionato, cadere vittima d'adulto di un tormento interiore, acutizzato dall'abuso di alcool e oppio e non riuscire minimamente a reagire, a lottare, a credere in un futuro diverso e alle sue doti - non solo letterarie, ma anche artistiche -. Un crollo che logora il cuore delle sorelle, del padre, e credo anche di chi legge.
Nel corso della lettura mi sono chiesta spesso a quale delle tre sorelle mi sentissi più affine, ma devo dire che voltata l'ultima pagina ho ritrovato frammenti di me in ognuna di loro.
«Sei brava, lo ammetto. Ma i grandi artisti sono tutti uomini, e tu sei una donna. E, dal momento che è difficile che due geni sorgano dalla stessa famiglia, e che gli uomini sono più capaci delle donne...»
«Questo non è vero!»
«E allora come ti spieghi che tutti i poeti e gli scrittori celebrati del passato siano uomini?» domandò Branwell alzando le sopracciglia.
«Oh, alle donne non viene neanche data una possibilità,» rispose Charlotte con veemenza. «Vengono rinchiuse in casa, e viene detto loro di non avere né desideri né sogni. Ma io ce li ho, e lascerò che siano loro a guidarmi.»
Charlotte, forse la sorella più amata dai lettori. Intraprendente, ambiziosa, ma allo stesso tempo sempre alla ricerca di riconoscimenti e approvazione per tutto ciò che fa. Charlotte che, troppo presto, si ritrova a essere la sorella maggiore e inizia a sentire il peso delle responsabilità e il dolore di dover affrontare troppi lutti. Uno dietro l'altro. Curiosa, attenta osservatrice, ma anche con uno spirito indomito: sin da bambina sa ciò che vuole e, nonostante spesso si ritrovi a seguire le regole della società, a dimostrarsi in un certo modo, dentro di lei cova un senso di ribellione verso un destino già scritto per le donne. Charlotte vuole lasciarsi guidare dai suoi desideri e sogni, e rivendica la sua indipendenza in un mondo fatto e comandato dagli uomini. Non vuole sposarsi se non c'è amore e soprattutto se deve rinunciare alla sua scrittura. Lei che scrive di sentimenti ed esperienze provate sulla sua pelle e che, vedendo il talento anche nella penna delle sue sorelle, le spinge a provare, anche se dietro nomi maschili, per avere un'opportunità in più.
In lei ci ho visto quella parte di me desiderosa di affetto ma soprattutto di approvazione per quello che fa. Di lei per ora ho letto e amato tantissimo Jane Eyre e Villette.
Emily era la brughiera, con le sue asperità e la sua inaspettata dolcezza.
Emily, uno spirito libero, riservata, ostinata, coraggiosa, caparbia e determinata. Selvatica come la brughiera che tanto ama e dalla quale non vuole mai allontanarsi. Amante degli animali, legata profondamente alla sorellina Anne, con la quale inventava mondi sin dall'infanzia, dove le donne erano vere protagoniste. Forse è difficile per alcuni riuscire ad amare il suo unico - purtroppo per noi - romanzo (a me Cime Tempestose è piaciuto molto!), ma personalmente adoro la sua voglia di fregarsene di ciò che pensano gli altri e seguire la sua anima. Perché non scriveva per essere conosciuta, ma perché doveva farlo.
Devo ammettere che ho amato ancor più profondamente Emily. In molti dei suoi pensieri mi sono ritrovata, soprattutto nel suo essere riservata, nell'amore per la natura e gli animali, nel suo attaccamento alla canonica, alla sua casa, dimora in cui riesce a essere se stessa e dove può dar vita a versi originali e potenti. In effetti, Emily è la sorella più particolare: se le sue sorelle hanno scritto delle proprie esperienze di vita, lei ha dato vita a un mondo e personaggi forti e originali e sicuramente difficili da amare. Ma quanto è bello non essere condizionati da ciò che vuole la società? Quanto avrei voluto leggere il secondo romanzo che stava scrivendo... ma sicuramente, un giorno, spero di recuperare i suoi versi!
Era felice di essere associata a Emily. Anche quando erano state separate, c'era sempre stato un legame tra di loro, come un filo invisibile avvinto ai loro cuori che le univa. Dividevano le stesse fantasie, amavano le medesime cose, spartivano tutto, sempre. Ogni pensiero pensato era meno solido se non era condiviso con Emily. Anne era riservata con tutti, fuori dalla sua famiglia, ma anche in casa, dove mostrava la sua indole reale solo in parte, unicamente Emily aveva avuto il privilegio di conoscerla interamene, senza maschere.
Anne. La piccola, dolce Anne. La sorella minore, quella più protetta e vezzeggiata soprattutto dalla zia. Paziente, buona, rispettosa, generosa, ma anche risoluta e responsabile. Così profondamente legata a Emily, ma allo stesso tempo così diverse. Anne è la sorella, forse, meno letta. I suoi romanzi, anche al tempo, subirono il successo di quelli delle sue sorelle. Eppure, anche lei vibra tra queste pagine e lascia il segno. Mi sono rivista anche in alcuni aspetti del suo carattere, come la riservatezza e timidezza, ma capace di celare un'indole ben diversa dietro una maschera, che emerge solo con poche persone. Ho letto solo di recente il suo Agnes Grey, non riuscendo purtroppo ad amarlo profondamente come i testi delle sue sorelle, ma non vedo l'ora di tornare ala sua penna, di poterla apprezzare molto di più. Perché merita una luce più intensa e di avere una più alta considerazione, al pari delle sorelle maggiori.
Per la brughiera è un romanzo che fa molto leva sulle emozioni: è difficile non sentirsi il cuore straziato davanti ai tanti lutti che devono affrontare. L'ultima parte è stata davvero un macigno: ho provato a immaginare il dolore di Charlotte, il suo sentirsi ormai sola al mondo, separata dall'anima affine di suo fratello, dalla forza di Emily e dalla dolcezza di Anne. Charlotte che deve affrontare anche dei sentimenti negati e, quando finalmente sembra trovare la sua felicità, il Destino cala una nuova carta terribile su di lei. E non è giusto, non è proprio giusto.
Le lacrime sono affiorare a ogni singola morte, ma... le parole che vengono donate a Emily hanno scosso forse con più potenza il mio cuore. Lei ormai libera, parte della natura maestosa, di quella brughiera tanto adorata.
Ma ho pensato anche a un padre, Patrick. Un uomo che non solo perde l'amata moglie troppo presto, ma sopravvive anche a tutti i suoi figli. Provate a immaginare tutto il dolore che ha dovuto affrontare?
Ancora una volta, Martina è riuscita a colpirmi molto: mi sono commossa, ho ritrovato pagine di libri che ho amato, ho vissuto un po' con la famiglia Brontë, avvertendo le loro gioie, i loro dolori, e ammirando la loro forza, l'ostinazione, il coraggio di rivendicare la propria indipendenza e soprattutto la bellezza dei loro mondi interiori.
Currer, Ellis e Acton Bell. Nomi maschili dietro i quali celarsi, come quella maschera che ha fatto loro indossare Patrick quando erano più piccini, per liberare le loro parole, le emozioni, le storie, e soprattutto per far ascoltare le loro voci in un mondo in cui gli uomini sembrano prevalere in ogni campo.
Charlotte, Emily, Anne, senza dimenticare Branwell. Potevano anche vivere in una semplice e solitaria canonica, ma con la loro fantasia i fratelli dominavano il mondo.
Per la brughiera, per la brughiera dove l'erba corta
come velluto si sdraiava sotto di noi!
Per la brughiera, per la brughiera dove ogni alto valico,
si alzava soleggiato verso il cielo limpido!
Le persone che hai perduto vivono anche attraverso le cose che hanno amato. Se consentirai a Fierce di partecipare alle vostre avventure, sarà come se anche io giocassi insieme a voi.
Martina, nel periodo natalizio, ci ha regalato anche un racconto ambientato proprio in quella festività: Natale a Haworth. Tutto nasce da un giocattolo appartenuto ai quattro Brontë, un leoncino di legno che si può vedere presso il Brontë Parsonage Museum della città. L'autrice si è divertita a immaginare quale potesse essere la sua storia e, come nelle più classiche storie natalizie, ha aggiunto la visita di due spiriti: quelli di Maria e Elizabeth si affacciano nei sogni dei loro fratelli minori, riscaldando un po' l'atmosfera di un freddo Natale dovuto alla loro assenza. È un racconto molto dolce e malinconico, che mette in luce ancor di più la vivida immaginazione di Charlotte, Branwell, Emily e Anne, e l'amore che li unisce. Se volete recuperarlo, sul sito della casa editrice si può scaricare gratuitamente.
Una piccola coccola da aggiungere alla splendida biografia!