Prima di conoscere il mio attuale compagno, mi ero ormai rassegnata a un futuro da zitella, vivendo con le mie gatte nella casa in campagna dei miei genitori, dove son cresciuta. E, in effetti, l'idea della natura intorno a me, del silenzio, del vivere ritirata dal mondo continua a essere un po' nascosta tra le pieghe della mia anima. La società lì fuori mi ha sempre un po' deluso, in fondo. Poi le cose sono cambiate, ho provato a riaprirmi all'amore, anche se dopo un'esperienza nella grande città sono tornata a vivere in un comune più immerso nel verde. Eppure, mi sono sentita in parte vicina ai pensieri di Laura 'Lolly' Willowes: forse per quella medesima sensazione di oppressione in una società che ci vuole tutti in un certo modo, o anche per quel forte desiderio di solitudine che provo spesso, e il bisogno di avere la natura attorno a me. Anche se io, al momento, mi sento ancora bloccata, quasi persa.
Lolly Willowes o l'amoroso cacciatore di Sylvia Townsend Warner è un libro che ho scovato su Instagram anche se non ricordo con esattezza da chi inizialmente, ma mi ha subito colpito. Così, quando l'ho trovato a un mercatino, l'ho preso e letto subito dopo. Diciamo che forse mi aspettavo una lettura un po' diversa, dalla quale non sono rimasta del tutto coinvolta come avrei voluto ma che ho trovato lo stesso interessante per certi messaggi e descrizioni, soprattutto nella seconda parte. E del resto, rientra perfettamente nel mio progetto sulla Stregoneria nelle sue differenti sfumature.
Quel turbamento non aveva attinenza con la sua vita. Saliva dal terreno con l'odore delle foglie morte: la seguiva per le strade all'imbrunire, sorgeva innanzi a lei alla vista della luna alta nel cielo. «Adesso! Adesso!» diceva, e niente più. Sembrava che la luna avesse strappato le foglie dagli alberi per poterla fissare più imperiosa. A volte Laura cercava di spiegarsi il proprio malessere dicendosi che stava invecchiando, e che l'anno che moriva le rammentava la sua stessa morte. Si paragonava a una ghianda che matura, e nei giorni e nelle notti autunnali e senza vento sente la terra attirarla a sé con forza sempre maggiore. L'immagine era molto poetica e appropriata, ma non spiegava ciò che lei sentiva. Non era smodatamente ansiosa né di vivere né di morire: perché allora l'ansia la straziava?
Alla morte dell'adorato padre, Everard, Laura Willowes, dama amabile e solitaria che fino a quel momento aveva vissuto libera a Lady Place, dimora di campagna della famiglia, è costretta ad andare a vivere a Londra, dal fratello maggiore e la sua famiglia, avvertendo la sensazione di essere stata presa come un articolo dell'eredità omesso dal testamento. Laura ha ventotto anni e non accenna minimamente a voler trovar marito. Siamo negli anni Venti del '900, ed è facile che venga etichettata come una triste zitella. Per questo, la famiglia, cerca di trovarle un uomo, che lei però rifiuta sempre fermamente.
Laura, che si sentiva uno spirito libero, vagabondando solitaria per la campagna alla ricerca di erbe e piante medicinali, ora si sente come svuotata. Le sembra di essere un'altra, una persona o meglio due persone differenti. Da un lato diventa Miss Willowes, la sorella di Henry Willowes o 'la cognata di'; dall'altro semplicemente Zia Lolly, la zia amata, utile, disponibile ma anche facilmente trascurabile. In quella casa inizia a sentirsi quasi come una sorta di soprammobile, a cui dare lavori, e di cui prendersi cura perché così vuole la società. In quel clima di finto perbenismo, di convenzioni sociali e luoghi comuni, la donna si sente stretta. Passano gli anni e soprattutto con l'arrivo dell'autunno inizia a provare una sorta di profondo turbamento e anche inquietudine. Le sembra di soffrire di una sorta di febbre autunnale, e scorge immagini di una sé che cammina in campagna, al crepuscolo, da sola.
Un giorno, nell'inverno del 1921, quando ormai ha quarantasette anni, Laura prende una decisione: decide di lasciare la casa del fratello e con quel po' di rendita che possiede, va a Great Mop, sulle Chiltern Hills. Un luogo lontano da quella famiglia opprimente, da una società in cui non si ritrova e in cui perdersi, nella solitudine della natura, e ritrovare se stessa. Non più Zia Lolly, quell'essere pallido, costantemente presente e utile per gli altri, ma tornare a Laura. Uno spirito libero, selvaggio quasi, che ha un perfetto legame con quella natura che le parla, si piega ai suoi passi, l'attira a sé. Laura ha una vocazione: quella della strega. E in quel territorio sembra scorgere l'amoroso cacciatore, Satana, pronto a prenderla con sé, inviandole anche una sorta di emissario, un gattino che la morde, e segna così il sodalizio con il Demonio.È vero che si può attizzare il fuoco con un candelotto di dinamite senza che succeda nulla? Credo di averlo sentito alle conferenze scientifiche a cui accompagnavo le mie nipoti. Comunque, se non è vero per la dinamite, lo è per le donne. Ma le donne lo sanno di essere dinamite, e non vedono l'ora che si verifichi l'esplosione che renderà loro giustizia. Ad lacune può capitare la religione, e così sono a posto, immagino. Alle altre però - e sono tante - cos'altro resta se non la stregoneria? Quella sì sembra loro una soluzione vera.
Ma in realtà non siamo di fronte a una mera storia di Streghe, intrugli magici, e simili. Essere strega è qualcosa di più: significa ritrovare il proprio potere femminile, lottare per la propria indipendenza ed emancipazione, scrollarsi dalla dipendenza e sì, sentirsi veramente se stessa. Il dialogo finale con questo presunto Lucifero, è forse la parte più bella del romanzo. Insieme, sicuramente, alle descrizioni della natura, che ti fanno quasi sprofondare nella campagna, al crepuscolo, magari assistendo anche tu a uno strano Sabba, o più semplicemente, ascoltando il piacere che sa dare la solitudine, il sussurro del vento, la natura che instaura un vero e proprio dialogo con la protagonista.
Un libro scritto negli anni Venti del Novecento, che è molto attuale per temi.
Lei, Laura Willowes, in Inghilterra, nell'anno 1922, aveva stretto un patto con il Diavolo. Il patto era concluso e convalidato dal rotondo sigillo rosso del suo sangue.
...
Il crepuscolo l'aveva sovrastata, l'aveva circondata. Ogni ombra, ogni cupo boschetto l'aveva osservata da sotto i suoi sopraccigli di oscurità. Tutti sapevano, tutti erano stati testimoni. Nascosto nel bosco, il Principe delle Tenebre era rimasto a dormire per tutto il lungo pomeriggio afoso. A dormire, o a premeditare uno dei suoi minacciosi temporali. Il disperato grido di bisogno di Laura lo aveva riscosso, e il silenzio con cui lui le aveva risposto era un pegno. Ora, come segno del legame tra loro, aveva mandato il suo emissario. Era arrivato prima di lei, un alito fetido, uno scabro corpo nero nella sua stanza chiusa a chiave. Il gattino era il demone che sarebbe rimasto al suo servizio; aveva già salutato la sua padrona e succhiato il suo sangue.
Personalmente per temi ma anche descrizioni mi è piaciuto molto, ma purtroppo non mi ha convinto in maniera totale. Forse perché avrei quasi preferito un approfondimento in più, mi è mancata quella vibrazione in più che mi consentisse di sentirmi maggiormente coinvolta. Non so bene spiegare le mie sensazioni a riguardo, ma è come se l'autrice ci trasportasse pian piano a quel 'divenire strega', e poi scorra tutto troppo velocemente. Resta, ovviamente, un mio pensiero del tutto personale. Comunque sono veramente felice di averlo recuperato.
Se devo essere sincera, mentre lo leggevo, mi tornava in mente un altro romanzo che affronta temi simili: Lucifero e la Bambina, di Ethel Mannin. Anche lei parla di una bambina ritenuta una piccola strega che un giorno, da sola nel bosco, fa l'incontro con un misterioso Straniero che chiamerà Lucifero e cercherà sempre di trovare la sua libertà. Un libro che mi è piaciuto sicuramente di più, ma resta interessante affrontarli, a mio parere, entrambi!