Sono pagine che profumano di lavanda, uno dei profumi che più amo.
Ma anche di Natura, di alberi su cui arrampicarsi, o sotto la cui ombra si nascondono segreti inconfessabili.
Di animali, soprattutto corvi, api, damigelle e altri insetti, famigli strettamente connessi alle protagoniste di questa avvincente narrazione.
Sono subito stata attratta da questo titolo, vuoi per il tema, vuoi per quella copertina che ha subito rapito la mia insaziabile curiosità. Potevo non leggere anche io un altro libro che parla di Stregoneria e del coraggio delle donne in un mondo comandato dalla violenza degli uomini? Ringrazio Fazi Editore per avermi inviato una copia digitale di un romanzo bellissimo, che ho divorato nel giro di pochissimi giorni, rapita dalle storie connesse di tre donne di tre epoche diverse: Altha, Violet e Kate.
Weyward di Emilia Hart è un esordio potente, che merita di essere recuperato.
Strega. È una parola che sguscia dalla bocca come un serpente, gocciola dalla lingua densa e nera come catrame. Non avevamo mai pensato a noi in questi termini, mia madre e io. Perché “strega” è una parola inventata dagli uomini, una parola che dà potere a chi la pronuncia, non a coloro che descrive. Una parola che erige forche e roghi, che trasforma donne vive in cadaveri.
Il romanzo di Emilia Hart si apre in una tetra cella dove è stata rinchiusa Altha, la guaritrice di un piccolo villaggio inglese, accusata di aver provocato la morte di un uomo con le sue arti di stregoneria. Siamo nel 1619 in un'epoca in cui era fin troppo facile essere mandate sul rogo o uccise in altri modi, come è accaduto nella vicina Pendle Hill. Altha teme di fare la stessa fine delle sue sorelle. Solitaria, cresciuta solo da sua madre, che le ha insegnato la nobile arte delle erbe per curare gli altri, Altha è un facile capro espiatorio. Ma cosa è davvero successo quel giorno?
Nel 1942 abbiamo, invece, Violet, una ragazza costretta a vivere reclusa nella dimora di famiglia. Violet vorrebbe studiare come suo fratello, vagare in mezzo alla natura, arrampicarsi sugli alberi, osservare le sue amate damigelle e altri insetti che sembrano avere un rapporto speciale con lei. Ma non può farlo. Suo padre le nega tutto, spingendola a comportarsi in maniera più idonea a una signorina del suo rango. Violet è considerata strana, un po' come sua madre - così i bisbigli dei domestici -. Ma la ragazza non l'ha mai conosciuta, essendo scomparsa quando era ancora molto piccola, e in circostanze non chiare. Di lei le rimane solo un ciondolo con una lettera: W.
E arrivamo quindi ai nostri giorni, nel 2019. Kate è una giovane donna che cerca di fuggire da un compagno violento, che la umilia ogni giorno, allontanandola dal suo lavoro, e controllando ogni suo minimo movimento. Quando scopre di essere incinta, Kate scappa alla volta del Weyward Cottage - nella Cumbria, contea del nord ovest dell'Inghilterra -, lasciatole in dono da una sua prozia che conosceva appena. Qui, in questa casa di campagna immersa nella natura, Kate cerca di ritrovare se stessa, oppressa non solo dalla violenza dell'uomo che avrebbe dovuto amarla, ma anche dal ricordo di un senso di colpa che non riesce ad allontanare da sé. E qui, tra le mura, scopre anche un segreto che potrà aiutarla a riemergere dal buio, a rinascere.
Avevo la natura nel cuore, mi disse. Come lei e come sua madre prima di lei. C'era qualcosa in noi - le donne Weyward - che ci teneva fortemente legate al mondo naturale. Lo sentiamo, continuò, proprio come sentiamo la rabbia, il dolore o la gioia. Gli animali, gli uccelli, le piante... ci lasciano entrare, riconoscendoci come loro simili. Ecco perché le radici e le foglie si piegano così facilmente sotto le nostre dita, per creare tonici che portano conforto e guarigione. Ecco perché gli animali accolgono il nostro abbraccio.
Altha. Violet. Kate.
Tre donne apparentemente diverse, di epoche lontane, ma strettamente connesse l'una all'altra.
Sono Weyward, donne ribelli, dominate da uno spirito selvaggio che le lega profondamente al mondo naturale e animale. Donne che non possono essere addomesticate.
A loro sono associati anche dei 'famigli': un corvo, una damigella, un'ape.
Animali con i quali sono capaci di entrare in sintonia, legati da un filo dorato, da un dono a lungo nascosto o sconosciuto, che non tarderà a emergere nei momenti di difficoltà.
Ma sono donne accomunate anche dalla violenza: quella di uomini che cercano di domarle, di addomesticarle, di controllarle. Uomini che dovrebbero amare e che, invece, si approfittano dell'ingenuità, della sottomissione, e della paura, per dominarle.
C'è la realtà del Seicento dove le donne erano facilmente sottomesse agli uomini, che potevano far di loro ciò che volevano.
Le donne facevano paura per le loro arti e la loro sapienza, e gli uomini trovarono il modo per zittirle, denominandole Streghe, esseri dediti al male, che dovevano essere uccisi, umiliati, torturati, senza alcuna pietà.
Ma anche negli anni '40 del 1900 la situazione non è migliore: siamo in un'epoca in cui la donna era ancora sotto il dominio maschile, dove un padre o un marito poteva scegliere la vita della moglie o della figlia, o accusarla di essere isterica e mandarla in un manicomio, e l'aborto era ancora impossibile anche solo da pensare.
E i nostri giorni? Quanto davvero abbiamo trovato la nostra libertà? Se penso agli ultimi fatti di cronaca mi vengono i brividi. Si sono fatti molti passi avanti, ma resta ancora un mondo in cui sono gli uomini a dominare e le donne devono sempre lottare, per emergere, per sopravvivere, per tentare di essere libere, semplicemente se stesse.
Pensa a tutte le volte che lui le ha fatto del male, che si è servito della sua carne riluttante solo per trarne piacere. L'ha fatta sentire piccola e inutile.
Ma non lo è.
È un romanzo in bilico tra una possibile realtà e un tocco di magia che non nuoce. Uno stile semplice, che però ti lega con forza alle pagine, e non riesci a smettere di leggere. Vuoi sapere di più. Vuoi conoscere il destino di queste donne, quel che è accaduto, il legame che le unisce.
I capitoli sono alternati, permettendo di conoscere pian piano tutte le figure. Di affezionarti a loro, di comprenderle, di arrabbiarti con loro, provare paura, ma anche una forte voglia di ribellarsi ai soprusi, alle violenze, e di ritrovare la propria libertà, di tornare a credere in se stesse.
Weyward Sisters. Così venivano chiamate le tre streghe del Macbeth di William Shakespeare, nella prima edizione a stampa contenuta nel First Folio. Sorelle fatali. Spiriti selvaggi che hanno la natura nel cuore, legate da un filo dorato a tutte le creature della terra, capaci di ribellarsi al mondo violento degli uomini.
Un romanzo che dona speranza, anche nelle difficoltà.
Una lettura che mi è davvero piaciuta moltissimo.
È questo spirito selvaggio a darci lil nostro nome.