Qualche mese fa avevo provato a leggere un altro libro di Alexandre Vialatte, ma forse per il periodo meno indicato o semplicemente perché ci sono libri che risultano distanti dal tuo gusto, non era riuscito a prendermi. Ma in libreria mi attendeva un altro suo romanzo pubblicato in Italia da Prehistorica Editore, che, invece, mi aveva attratto subito, soprattutto quando mi era stato presentato un po' come il “Cuore” francese. E qui, sì, che sono rimasta coinvolta. È questo anche il bello della letteratura: non fermarsi al primo ostacolo, ma riprovarci, ed essere così piacevolmente sorpresa. Magari, chissà, in futuro riproverò con le sue Cronache dalla Montagna.
Oggi voglio cercare di scrivere i miei pensieri su “Battling il tenebroso”, un libro sull'adolescenza, sull'amicizia, sui travagli del cuore, sul difficile rapporto tra adulti e ragazzi. Un romanzo dal tono ironico ma anche malinconico, che mi ha fatto entrare molto in sintonia con questa figura “tenebrosa”, questo ragazzo dall'anima ipertrofica, tormentato, che trovava voluttà nel dolore.
Era nell'età crudele, piena di false idee e di orgogli fuori posto, l'età delle peggiori sofferenze, quelle che si negano a sé stessi; recitava una commedia con una serietà terribile, essendo lui stesso lo spettatore in prima fila. Uno spettatore difficile, intransigente e senza distrazioni; simile a quel bambino spartano che si lasciava divorare le viscere dalla volpe nascosta sotto la sua tunica piuttosto che farla vedere, preferiva negare il proprio amore, la sua malattia mortale piuttosto che confessare la propria disfatta, poiché davanti agli adulti non si ha il diritto a quell'età di avere dei sentimenti da uomo e davanti ai propri compagni, crudeli con gli altri perché lo sono con sé stessi, solo la vittoria salva dalle canzonature.
A narrare le vicende è un personaggio anonimo, secondario, un testimone che racconta senza partecipare molto agli avvenimenti. È lui che ci riporta indietro nel tempo, ai tempi dell'adolescenza, tra i banchi di una piccola aula scolastica, tra il ronzio di lumi a gas, muri verdi e grandi carte geografiche. Ed è così che sembriamo scorgere davanti a noi i tre ragazzi protagonisti, seduti in fondo all'aula, con i grembiuli neri, le dita macchiate d'inchiostro, e i loro discorsi. Il narratore ci introduce i suoi due amici: da un lato Manuel Ferracci e dall'altro Fernand Larache soprannominato Battling.
Manuel, più grande degli altri, è un ragazzo cinico ma diretto, sa quello che vuole ed è capace di arrivare con scioltezza ai suoi obiettivi. Dotato di una superiorità insolente mal sopporta la falsità degli adulti: del preside, un uomo bigotto e falsamente impostato che lo accusa di aver creato qualcosa di osceno con quelle caricature volgari del suo professore; o come quest'ultimo, soprannominato Baladier, un insegnante senza fantasia che nega l'immaginazione. Quello che emerge dalle prime pagine è anche questo conflitto generazionale tra studenti/giovani e insegnanti/adulti: maestri che insegnano desideri adulti a ragazzi che trattano poi come dei mocciosi, non dando loro la possibilità di mostrare concretamente il loro talento, le loro pulsioni interiori. Adulti indifferenti nei confronti di ragazzi a cui dovrebbero trasmettere valori importanti, ascoltarli e comprendere, ma che insegnano loro concetti che appaiono molto spesso vuoti e superficiali.
... gli adolescenti non possono fare affidamento sugli adulti. Gli adulti impinguiti dal tempo, gli adulti dall'animo volgare e dalla logica implacabile, hanno paura di tanta ricchezza e mediocrità. I nostri sguardi esigenti ispiravano loro un fastidio; le nostre bocche menzognere disgusto. Orgogliosi e nello stesso tempo vili, solo disprezzandoli potevamo prenderli come modelli.
E Battling? Il vero protagonista, in verità, arriva dopo una cinquantina di pagine e subito si scorge il suo animo tormentato. A differenza di Manuel, Battling sembra vivere una vera e propria disperazione romantica. Figlio dell'oste del Piccolo Panteon, è stato profondamente segnato già dall'infanzia, e questo lo ha portato pian piano a divenire un bambino e poi ragazzo che ama farsi del male e provocare dolore agli altri. Dall'anima ipertrofica ed eccessiva, per paura di essere deriso e preso in giro, rinnega i suoi sentimenti, di cui si vergogna, nascondendoli dietro una volgarità tesa a colpire l'oggetto di un amore che non può avere, di una felicità che non sente aver il diritto di provare. Appare timido e insicuro, impacciato e maldestro. Un giovane che vorrebbe amare, ma che non potendo vincere, o nel vedere il suo desiderio profanato da altri, si nasconde dietro la cattiveria, le male parole e le false realtà. Un'anima romantica, tenebrosa, che vive sulla pelle quella disperazione romantica così citata nei libri, o discute contro la statua del buon vecchio Victor Hugo.
... era un ragazzo che amava farsi del male, forse perché aveva tanto sofferto senza saperlo, per la miseria della propria infanzia, da riuscire a trovare una voluttà nel dolore.
Nella piccola cittadina di provincia in cui è ambientato il romanzo, a un certo punto arriva Erna Schnorr, un'eccentrica artista tedesca, per raccogliere l'eredità di una prozia materna. La sua presenza da un lato fa emergere tutta la chiusura e il bigottismo di una realtà ristretta - una società immobile, dove non sembra succedere granché, piena di pregiudizi e veleni -, dove le malelingue si possono dare alla pazza gioia, dall'altro fa sognare questi collegiali chimerici, che sembrano tutti provare per lei una sorta di sentimento o fascinazione.
Battling il tenebroso è un romanzo dal sapore classico, che però appare anche piuttosto contemporaneo nei temi trattati. È una lettura che affronta il tema dell'adolescenza, questa età metafisica - come la definisce nella post-fazione Pierre Jourde - in cui si guarda in faccia il nulla. E forse in quel nulla ci si può anche perdere.
Tra queste pagine ho scorto una sottile ironia, ma anche una profonda malinconia. Alcuni passi - per me anche i più belli (Marta e la fissa per le tragedie) - mi hanno commossa, e non mi sono ritrovata poi così distante da quest'anima troppo grande e incompresa del giovane Battling. Per quella timidezza quasi cattiva, dovuta solo alla paura di essere preso in giro o criticato, quell'incapacità forse di riuscire a sostenere sentimenti tanto forti, a volte difficili da comprendere, quell'insicurezza profonda che lo blocca, che rischia di farlo perdere nel nulla.
Insomma, sono felice di aver scoperto un'altra penna forse all'apparenza un po' strana - ci sono immagini molto grottesche -, ma che almeno con questo romanzo è riuscita a colpirmi molto. Anche se lo ammetto, ho faticato un po' a trovare le parole giuste per rendergli merito, ma spero, alla fine, di esserci in qualche modo riuscita. Sicuramente mi piacerebbe leggere altro di Alexandre Vialatte, come la recente uscita “Berger, il soldato fedele”.
La verità assomiglia alla calunnia. Non si sa come, si diffonde.