Il tema della follia mi attrae ma allo stesso tempo smuove dentro una sorta di paura. Del resto viviamo in una società dove ancora oggi andare dallo psicologo viene visto quasi con timore, con disprezzo, come se fosse un male. Eppure, per me la lettura è anche un modo per riempire i vuoti, per conoscere, per avvicinarmi a quelle zone d'ombra che possono spaventarmi, ma da cui posso trarne poi bellezza e profondi insegnamenti. Quando ho visto questi due titoli nello stand di NEO edizioni, lo scorso anno al Salone del Libro, non ho resistito. E francamente sono felice di averli presi e letti, perché Stefano Redaelli riesce a mostrarci molta umanità dietro certe fragilità. A volte, poi, mi sono chiesta: ma sono davvero i folli a farci paura, o forse dovremmo averne di più di quelli considerati sani, ma pronti a far violenza?
Comunque, ammetto che ho un po' di difficoltà oggi nel buttar giù i miei pensieri su questi libri. Ma posso dirvi di già di recuperare “Beati gli inquieti” e poi il suo seguito “Ombra mai più”, perché sono letture davvero molto interessanti e degne di nota se si vuole affrontare l'argomento.
Beati gli inquieti
Mi sono chiesto perché nessuno frequenti i matti.
Ho trovato tre ragioni:
1) i matti non mentono.
2) i matti ci vedono.
3) i matti sono nudi.
I matti dicono sempre una verità.
I matti leggono l'anima.
Antonio è un ricercatore universitario che, mosso dal desiderio di scrivere un libro sulla follia, si reca presso la Casa delle Farfalle, una struttura psichiatrica per poterla osservare da vicino, il più possibile. La dottoressa responsabile della clinica lo accetta, invitandolo a fingersi un vero e proprio paziente, così da potersi integrare nel gruppo e conquistare la fiducia degli ospiti presenti. Il tutto dovrà svolgersi in una settimana, il tempo di ricavare materiale per il suo libro. Ma ben presto si comprenderà che le cose non si risolveranno tanto in fretta.
Nella Casa delle Farfalle sono presenti diversi pazienti: Angelo, il genio, con le sue tante invenzioni, le sue strane cure, e la paura di essere costantemente spiato; Carlo, il lavoratore stanco per la fatica di aver svolto tutti i mestieri del mondo; Simone che lotta contro i Satanini e cerca aiuto nella parola scritta, nei tanti libri che legge e su cui riflette; e poi due donne, Cecilia, la poetessa, che decora il viso con strani trucchi e spesso scivola lontano, lasciando il posto a un più volgare Tom, e Marta, bellissima e leggera, che profuma di fiori e sembra leggere nel pensiero e a volte ruba la parola alla voce narrante.
Anime fragili, con le proprie paure e i propri desideri, con le ossessioni e la creatività che sgorga come una melodia, dei colori, delle parole se si va a superare quello scoglio, quell'ombra dettata dalla follia.
Sarà attraverso di loro che Antonio sarà chiamato a osservare dentro di sé, a conoscersi più a fondo.
Che cos'è la follia?
La follia è anche uno specchio di quegli aspetti che ci fanno più paura. Ma andando oltre, si può scorgere così tanta umanità, sensibilità, qualcosa che ha a che fare proprio con la beatitudine.
È un testo anche molto spirituale, quasi poetico. Una lettura che può sorprendere il lettore nel finale, e che forse ci spinge un po' a riflettere su noi stessi.
Antonio - e noi con lui - fa un vero e proprio viaggio nelle storie, nell'ascolto di queste tante voci, poesie, letture, pensieri, così da rendere il romanzo corale. E l'autore lo fa con molta gentilezza, con sensibilità. Portandoci ad andare oltre la paura che il “diverso” potrebbe scatenarci. Forse proprio perché i folli ci mostrano una verità che noi non vogliamo vedere.
Interessante è anche la struttura del romanzo, che accanto ai pensieri, alla raccolta di voci e poesie, aggiunge anche la letteratura, la filosofia ma anche il teatro, portando in scena proprio una pièce teatrale su il Piccolo Principe. Ma non mi dilungo a riguardo, per non farvi perdere la bellezza di scoprire il testo da soli.
Se la letteratura è una lente d'ingrandimento, la follia è più potente. È lente e specchio.
Non pensate che l'immagine sia deformata.
Ci mostra come siamo fatti negli strati più profondi dell'anima, quelli nascosti.
Se questa cosa vi mette tristezza, non andate mai a trovare i matti.
ALT. Fermatevi a leggere questo breve messaggio prima di continuare!
Se non avete ancora letto Beati gli inquieti e siete curiosi di farlo, non andate avanti con la lettura di questo articolo. Parlandovi brevemente del seguito potrete trovare eventuali spoiler. Quindi, vi ho avvertito!
Ombra mai più
Chi l'ha detto che i matti mettono tristezza?
Mi chiamo Angelantonio Poloni, sono un impaziente psichiatrico. Ho fretta di tornare a casa, nel mondo, di vedere cosa è cambiato, se sono cambiato io.
In ogni paese è facile trovare il cosiddetto 'matto'. Da quando mi sono trasferita, l'ho subito individuato. A volte lo senti urlare, aizzato purtroppo dalla superficialità e stupidità dei ragazzi, oppure lo trovi disteso a terra, rischiando anche la sua incolumità. È facile averne paura, ma allo stesso tempo c'è anche una sorta di dispiacere nel vederlo così. In verità mi è capitato di provare una profonda rabbia: perché è proprio chi è considerato sano che rischia di mettere in pericolo sia lui sia gli altri, provocandolo, o spingendolo a compiere possibili atti violenti.
In “Ombra mai più”, seguito di “Beati gli inquieti”, Angeloantonio esce dalla Casa delle Farfalle per tornare nel mondo. Ritrovandosi però di fronte a una realtà che è mutata nel corso dei tre anni in cui è stato chiuso in quel luogo. Non appena esce avverte subito gli sguardi e le parole: ragazzini e adulti che lo indicano, che lo guardano con sospetto perché “è stato lì”. In questo nuovo viaggio, quindi, Stefano Redaelli cerca di raccontare com'è il ritorno nella società ritenuta sana. Ci sono sguardi strani, pregiudizi, difficoltà nel porsi di fronte a una persona considerata folle. E questo è un problema anche quando l'uomo vuole proporre il suo libro a diverse case editrici, o si mette alla ricerca di un lavoro. L'essere un paziente psichiatrico - o, come preferisce definirsi un “impaziente psichiatrico” - è quasi una macchia su un curriculum.
Eppure, anche in questo libro emerge l'ingenuità e tutta l'umanità del protagonista (e non solo): questa sua follia, lo porta ad avere una profonda sensibilità nel riconoscere la fragilità altrui. Angeloantonio si rende conto che i suoi genitori sono ormai anziani e malati, e starà a lui prendersene cura. Così come quel platano sotto la cui ombra amava ripararsi da bambino mostra i segni di un male. Ma tornare nella società sarà anche un modo per confrontarsi con un ragazzo egiziano, Rami, un “aspirante teppista”, al quale darà lezioni d'italiano e dal quale potrà trarre altri insegnamenti. È un libro che parla di cura, ma anche di ombra in un duplice significato: l'ombra della malattia che sembra ancora ferirlo e dargli un etichetta distorta nella società in cui vuole tornare a vivere, ma anche l'ombra come forma di protezione.
Ovviamente non mancano quelle figure che abbiamo già incontrato nel primo libro, che saranno ancora una volta fondamentali lungo il cammino di Angeloantonio in quel fuori che lo attende (come Marta, ad esempio, un personaggio che mi ha subito toccato - non solo per l'omonimia, anche se devo ammettere che amo trovare il mio nome nei libri).
L'unica cura è prendersi cura: di sé, di chi ci sta vicino.
Sono due letture che mi hanno fatto riflettere molto sul concetto di sanità e follia; sulla fragilità umana, su questo concetto di follia come specchio interiore. A distanza di settimane ci sto ancora pensando, pur avendoli divorati davvero nel giro di un giorno o poco più. Tornando al mio discorso iniziale, credo che questa sorta di attrazione e paura sia proprio dovuta a questo gioco di specchi: la follia da un lato mi attira a sé, proprio perché se riuscissimo a guardare oltre, si scorgerebbe un mondo pieno di luce e creatività, e forse in certi discorsi potremmo trovare tanta verità che spesso cerchiamo di celare; allo stesso tempo, mi fa paura, perché ti spinge a fare i conti con quella zona d'ombra che tutti in fondo abbiamo e nella quale possiamo crollare. O forse perché qualcosa di simile l'ho vissuto di persona, osservando tutto dall'esterno, ma a volte ho paura di sprofondarci io stessa. Insomma, è un discorso complesso, che non sono neanche sicura di essere riuscita ad affrontare, ad esprimere.
Sicuramente è un tema, per me, estremamente interessante che vorrei approfondire meglio con altre letture.
[Con queste letture spunto la tappa Picco dell'Eremita, della #DungeonofReaders, progetto creato da Ambra di Sonosololibri.it : "un libro che tratti di solitudine o di problemi mentali"]