C'è stato un tempo in cui scrivevo storie, o almeno tentavo di farlo. Una di queste, la più lunga, aveva come protagoniste delle streghe in un paesino immaginario della Francia. Forse torno a ripetermi, e magari lo farò anche in futuro, ma quello della stregoneria è l'argomento che più mi sta a cuore; quello che torna sempre, in vari momenti della mia vita. Ora che il mio progetto su Shakespeare si sta avviando alla sua conclusione, sto infatti riprendendo quello sulle streghe e i processi dell'Inquisizione. Ci sono tanti libri che mi attendono e non vedo l'ora di sprofondare tra quelle pagine.
Uno degli ultimi letti è L'ultima strega, di Martina Tozzi.
Lei è l'autrice della bellissima biografia romanzata su Mary Shelley, Il nido segreto. Dopo aver tanto amato questo libro, ho voluto provare a dedicare parte del mio tempo a questa nuova storia. E posso confermarlo: la penna di Martina riesce sempre a farmi provare forti emozioni, a regalarmi storie che restano dentro. Sì, in questo caso siamo di fronte a un argomento che mi tocca profondamente, ma mi ha fatto appassionare totalmente alla tragica storia di Marie-Anne e della sua famiglia.
C'era Dio a guardarmi quel giorno? Se c'era Dio, perché ha permesso tutto quello che sarebbe successo dopo?
Marie-Anne ha diciotto anni. È una ragazza timida e una sognatrice, che ama correre a piedi nudi nell'erba fresca o intrecciare margherite per comporre splendide coroncine. Vive all'interno di una famiglia dove è l'amore a governare. Quello forte e immenso tra i suoi genitori, il contadino mite e paziente, Andrieu Dufosset e la combattiva e testarda Péronne Goguillon. A loro si unisce la dolce sorella Rictude. È una vita semplice la loro, fatta di lavoro nei campi, e tessitura, allevamento di animali e la partecipazione alle celebrazioni religiose.
Marie-Anne ama immensamente i bambini, è innamorata di Paul, e sogna di diventare un giorno anche lei una moglie e una madre e di vedere il mare...
Sogni. Sogni infranti in un terribile giorno di primavera. Al ritorno a casa, dopo una funzione religiosa, Marie-Anne e sua madre Péronne vengono fermate e molestate da un gruppo di soldati. Grazie al coraggio di sua madre, la ragazza riesce a scappare e tornare a casa per avvisare il padre, ma la donna viene portata in osteria da quegli uomini, che le rubano il denaro e si prendono gioco di lei, facendola bere e accusandola di essere una strega. Nessuno prova ad aiutarla. Per fortuna, il buon Andrieu riesce a riportarla a casa, ma la convince ben presto a denunciare quegli uomini. Peccato che... la ruota giri in modo imprevedibile. I soldi vengono restituiti, ma in cambio viene portata via Péronne, accusata di stregoneria. Sarà solo l'inizio di un periodo in cui sangue, follia e fuoco distruggeranno non solo la quiete del luogo, ma anche le famiglie. Donne come vittime sacrificali per uno scopo più alto: porre fine alla paura, a quella sete di sangue e violenza scaturita anche dalla povertà e dalle continue morti a causa di guerra e clima.
La storia è narrata dal punto di vista di Marie-Anne, che da giovane donna piena di speranza e sogni, si ritrova a cadere in un baratro che non sembra avere fine. Alla ragazza viene subito portata via sua madre, la donna che ammira di più, la sua più cara amica e complice. Quella Péronne testarda e combattiva, sempre pronta a non abbassare la testa, uno spirito libero che non ama rispettare le regole, e nel cui animo arde un fuoco che Marie-Anne pensa di non avere. Ma attraverso i suoi occhi vediamo anche noi quella donna mutare improvvisamente: preda della paura e delle continue accuse e interrogatori, di gesti pieni di umiliazione, e terrore, Péronne sembra diventare lo spettro di se stessa. Eppure è anche la protagonista stessa a cambiare: come se quel fuoco avesse iniziato a bruciare anche una parte di sé, portandola a provare una rabbia assurda contro tutti coloro che hanno accusato ingiustamente sua madre.
Era un fuoco di dolore e morte. Forse in quel rogo, insieme alla mamma, aveva iniziato a bruciare anche una parte di me, e da allora il fuoco non si era più spento.
Martina Tozzi riprende una storia vera, quella delle ultime donne arse sul rogo con l'accusa di stregoneria in Francia.
Lo fa attraverso delle ricerche accurate, ma anche modellando la storia grazie alla sua splendida penna. Credo ormai di poter dire che il pregio più grande della sua scrittura sia la capacità di trasmettere delle emozioni molto intense. Mi sono subito affezionata alla famiglia di Marie-Anne, sentendomi in sintonia con i suoi pensieri, ma è bastato poco a provare una rabbia molto forte, fino ad arrivare a un finale che mi ha commosso - rischiando di piangere in treno, lo ammetto -, un'immagine bellissima che fa sorridere tra le lacrime. Ed è questo, in fondo, quello che io cerco nei libri: la possibilità di emozionarmi, sia attraverso sensazioni belle ma anche più complicate; l'opportunità di aprire ancor di più la mente, di continuare a riflettere anche voltata l'ultima pagina. Ho trovato alcune ripetizioni di concetti, tuttavia è una lettura che coinvolge totalmente ed è difficile da mettere giù, se non fosse per la troppa ingiustizia che emerge dalla Storia.
Leggere L'ultima strega significa ancora una volta riflettere sull'assurdità dei processi alle Streghe, ma anche su quanto fosse facile accusare un vicino di casa, o anche un parente, di un atto così grave. Assetati di sangue, di violenza, accecati da una paura assurda, da un forte desiderio di trovare per forza un capro espiatorio davanti a un'esistenza difficile, a morti, povertà, mancanze. O anche semplicemente invidia.
E a farne le spese furono soprattutto le donne: donne libere e forti, come Péronne, con quel neo sporgente sulla fronte che non può che essere un marchio del Diavolo; donne sole e non sposate, come Jeanne, o ragazze, accusate solo perché “figlie di streghe” o perché pronte a rifiutare un possibile matrimonio non desiderato. Donne che, insomma, non abbassano la testa; o sono emarginate, o semplicemente sole. Perfette cavie da giustiziare per placare la rabbia, la psicosi. E che importa dei sentimenti, delle famiglie, della verità?
Iniziare una caccia alle streghe è sempre un rischio incredibile perché non si sa mai dove porterà e quante saranno le vittime. È come una febbre che prende anche le persone più miti, e c'è sempre qualche povera donna a fare le spese della malvagità umana.
È stato emotivamente coinvolgente - in modo straziante - anche il modo in cui queste vittime venivano praticamente spinte a confessare la colpa. Sottoposte a continui interrogatori, alla solitudine di una cella spoglia, all'umiliazione del corpo nudo sfiorato da mani di uomini senza scrupoli, e alle accuse di chi fino a un momento prima si professava amico o famiglia, è facile cedere. Arrivano gli incubi, la paura della tortura e del fuoco, la forza vacilla, la follia rischia di prendere il sopravvento. E se poi tutti sostengono che sei una strega, forse è vero, no? Se tutti sono contro di te, forse sei tu a sbagliare? Ancora più rabbia arriva dalla menzogna: se confessi, se dai altri nomi, potrai salvarti, saremo più clementi... come no.
In questo romanzo io ho trovato tutto quello che cercavo nel leggere un tema che amo. E sono proprio felice di averlo recuperato, soprattutto perché riprende un fatto storico realmente avvenuto, di cui non sapevo nulla.
Posso confermare il mio pensiero: Martina Tozzi ha davvero una bellissima penna, che vi consiglio di recuperare.
Devi fare esattamente tutto quello che ti rende felice. E non permettere mai a nessuno di farti credere di essere qualcosa che non sei.