Lettura di Marzo 2023 per il mio progetto #aTeatroconShakespeare
Con l'opera letta a Marzo ho concluso il mio viaggio tra i drammi di William Shakespeare. Ora non resta che affrontare la sua produzione poetica e poi questo mio progetto sarà concluso. In verità, lo definirei costantemente aperto: sì, perché ho già una lista di saggi, biografie e graphic novel che vorrei affrontare appena possibile!
Ho iniziato tutto con un Dramma Storico e si conclude nel medesimo modo. Alla fine della sua “carriera” il Bardo, con la collaborazione di John Fletcher, torna alla materia della Storia Inglese con la storia (o meglio il principio) di Enrico VIII. Un re piuttosto noto, no? Ma del resto come non trattarlo, essendo anche il padre della futura Regina Elisabetta I, sotto il cui regno Shakespeare ha iniziato il suo lavoro? E, infatti, si percepisce ancora una volta un sottile omaggio alla sua figura, ma anche al suo successore Giacomo I.
Fonti:
- Le Chronicles di Raphael Holinshed (1587)
- Il Libro dei Martiri, di John Foxe
Pensieri sull'opera:
GRIFFITH:
Nobile Signora,
le cattive azioni degli uomini
sono iscritte nel bronzo,
le loro virtù
le scriviamo sull'acqua.
Enrico VIII è l'ultima opera attribuita a William Shakespeare, per poi morire tre anni dopo. Anche se critici hanno sostenuto che la bozza del testo teatrale sia stata poi rielaborata e sistemata da John Fletcher (come già accaduto nel caso de I due nobili congiunti).
Il dramma fu portato in scena durante i festeggiamenti per le nozze di Elisabetta, figlia del Re Giacomo I e Federico, Elettore Palatino. Anche se non ebbe subito fortuna: soprattutto per un fatto spiacevole. In una delle prime rappresentazioni, a causa di alcune misure sceniche (vennero sparate alcune salve di artiglieria) il Globe Theatre fu distrutto da un incendio.
Comunque, curiosità a parte. Di cosa parla questo ultimo dramma?
Sicuramente conoscerete tutti la storia di Enrico VIII e dei Tudor. Shakespeare va a prendere in esame il periodo centrale, e forse più importante, della vita del re: dal ripudio di Caterina D'Aragona, la prima moglie accusata di non avergli dato un erede maschio, al conseguente matrimonio con Anna Bolena e lo strappo con la Chiesa di Roma, fino ad arrivare alla nascita della piccola Elisabetta, accolta con gioia e nuova speranza. Proprio nel finale c'è un vero e proprio elogio a questa figura, a cui verrà predetto un regno di grandezza e benedizioni. Un dramma storico che va così non solo a rievocare un altro re del passato, ma anche a rendere omaggio alla Regina sotto la quale l'Inghilterra conobbe un periodo felice, e Shakespeare trovò terreno fertile per farsi conoscere con il suo lavoro.
BUCKINGHAM:
...
se mai sarete prodighi di affetto e fiducia
assicuratevi di non essere incauti;
poiché coloro che vi fate amici
e a cui donate il cuore,
appena avran percepito
la minima battuta d'arresto nelle vostre fortune,
scivoleran via da voi come acqua,
né mai più si faran ritrovare
se non per colarvi a picco.
ATTO II - Scena I
È un'opera ricca di balli, masque, e cortei, che ruota tutto attorno alla figura del Re che ne porta il nome. Enrico VIII come un abile burattinaio muove le reti degli altri personaggi, uomini di corte ed ecclesiastici, politici e mogli. Ma anche un dramma che mette in scena la caduta e l'ascesa dei vari personaggi che ruotano attorno a questa figura regale, mossi dalle proprie ambizioni. Non siamo più di fronte a congiure o ribellioni, non vi è più spazio. Il Re gioca con i suoi cortigiani e ha sempre l'ultima mossa. Nel regno dell'illusione che è il teatro, Enrico VIII riporta la pace, e si congeda felice di festeggiare sua figlia, nonostante non sia un maschio.
Ascesa e declino. Giustizia e Ingiustizia.
Tutto ruota attorno a questi termini opposti, e a sei personaggi.
Da un lato i “perdenti”: Il Duca di Buckingham, condannato a morte per alto tradimento, ma in verità vittima degli intrighi del cardinale-ministro Thomas Wolsey. Caterina d'Aragona, moglie ripudiata e allontanata, di cui Shakespeare ne fa un ritratto di grande nobiltà interiore. Un personaggio sicuramente positivo. E, infine, lo stesso Thomas Wolsey che pian piano perde la fiducia del re e così tutti i suoi poteri, che passano nelle mani di Tommaso Moro, Cranmer e Cromwell. E sono proprio questi ultimi, insieme ad Anna Bolena, i personaggi “vincenti”.
Shakespeare focalizza la sua attenzione, però, proprio sugli “sconfitti” a cui dona i dialoghi e monologhi forse più interessanti e d'effetto. Personaggi di cui si possono trovare anche meriti e virtù, e che alla fine delle loro esistenze si affidano alla giustizia divina, visto che quella degli uomini è limitata e a volte errata.
Nel prologo, l'attore invita tutti a rimanere seri, perché verranno messi in scena eventi d'aspetto grave e tristi vicende, ma tutto sembra concludersi con una speranza, verso quella bambina appena nata e la sua discendenza.
Come per tutti i drammi storici io ho sempre un po' di difficoltà ad apprezzarli in maniera completa e anche a scriverne. Forse perché sull'aspetto storico trovo maggior piacere nella lettura di saggi o romanzi, anziché opere teatrali (spesso non così veritiere nel fornirci ritratti dei grandi personaggi della Storia Inglese. È pur vero che Shakespeare, pur non dando un giudizio, ma lasciandolo al lettore e spettatore, decanta in queste opere la storia e la grandezza del regno in cui ha vissuto). Forse può essere comunque un testo interessante per chi ama profondamente quest'epoca e questi personaggi. Io stessa ne avevo una grande curiosità, e alla fine sono rimasta affascinata soprattutto dal ritratto che ne fa di Caterina d'Aragona. Una straniera in terra inglese, che si è sempre prodigata per il suo Re, ma è pronta a difendersi e condannare chi cerca tramite i suoi intrighi di porla in secondo piano o spingere il re a liberarsi di lei. Una donna che viene ripudiata e allontanata e muore sola, pur chiedendo pietà per sua figlia, i suoi servitori e le sue ancelle, e non smettendo mai di rispettare il suo re e sposo.
CATERINA:
Monsignore,
sto per mettermi a piangere;
ma riflettendo che siamo una regina,
o almeno ci siamo a lungo illuse di esserlo -
e in ogni caso la figlia d'un Re -
le mie stille di pianto
convertirò in faville di fuoco.
ATTO II - Scena IV
Ho letto l'opera nella traduzione di Andrea Cozza contenuta nel volume “Shakespeare. Opere complete” pubblicata da Garzanti.
Ho tratto alcune informazioni dalla prefazione al testo letto, e da:
- Shakespeare. Genesi e Struttura delle opere, di Giorgio Melchiori (Edizioni Laterza)
♥♥♥.5