La prima volta che siamo andati al Salone del Libro, qualche anno fa, abbiamo avuto occasione anche di parlare direttamente con alcuni scrittori. Graziano Guiotto, l'autore del libro di cui voglio parlare oggi, ci ha permesso di conoscere il suo nobile tentativo: quello di farsi voce, e di tentare di far conoscere una storia di cui forse in pochi sanno veramente. Quella di un uomo il cui cognome è stato utile in tempi di guerra, ma poi troppo scomodo per ottenere il giusto riconoscimento per le sue azioni, e anche per avere una vita dignitosa. Albert Göring.
Sì, forse di fronte a questo cognome tutti quanti proverete un certo turbamento. Studiando la Storia, e in particolare il Nazifascimo e la Seconda Guerra Mondiale, risalta subito alla memoria il nome del vice di Hitler: Hermann Göring. Ma in quanti conoscono suo fratello? In quanti sanno effettivamente cosa ha fatto e come si è comportato? Per rispondere a queste domande, si potrebbero far ricerche, oppure, si può iniziare da questo volume “Il Göring antinazista” che racchiude al suo interno uno sguardo attento alle numerose fonti, ai dati che ancora ci restano, ma anche alle testimonianze di coloro che sono stati salvati dall'orrore Nazista proprio grazie a quest'uomo.
Io sputo su Hitler, sputo su mio fratello e su tutto il regime nazista.
Albert Göring è sempre stato piuttosto diverso da suo fratello Hermann. Non solo fisicamente - se si vanno a confrontare le loro foto, sono davvero molto differenti, tanto che ci furono anche chiacchiere su chi fosse il suo vero padre - ma anche caratterialmente. Dalle parole dello stesso Hermann riusciamo a scorgere quanto suo fratello fosse stata la sua perfetta antitesi, ma anche la pecora nera della famiglia: Hermann amava la politica, la vita militare, lo sport, le feste e le folle e subì il carisma e il potere di Hitler sin dalla sua ascesa; Albert, invece, non era interessato a nulla di ciò, più malinconico e pessimista, più tranquillo e solitario, dimostrò sin da subito il suo astio e la sua completa non-adesione al Terzo Reich.
Il loro era un rapporto particolare: avevano opinioni totalmente differenti sulla politica, su Hitler e le sue azioni, eppure mantennero quella sorta di affetto e protezione tra due fratelli. A livello personale, quindi, si volevano bene. O meglio, sarebbe più corretto parlare di 'compromesso affettivo', che non li separò mai. Anche Hermann, infatti, sfruttò questo compromesso per salvare persone ebree la cui sorte interessava a lui e a sua moglie, e ci riuscì proprio attraverso Albert, per non esporsi di persona. Allo stesso modo, anche Albert aveva bisogno del potere e della firma di suo fratello.
Forse fu anche per questo che ad Albert non fu mai concesso lo stesso onore che ebbe ad esempio Oskar Schindler: l'essere onorato come Giusto tra le Nazioni. Il paragone con Schindler non è così sbagliato. Albert Göring fu tra quei forse pochi (?) tedeschi che cercarono di opporsi a un regime tanto ingiusto e crudele, soprattutto nei confronti degli ebrei (ma non solo!). Se da un lato è pur vero che a differenza di altri, Albert rischiava meno la sua vita grazie alla continua protezione del fratello Hermann che cercava sempre di tirarlo fuori di prigione e dalla grinfie della Gestapo e che, in un certo modo, contribuì ad aiutarlo a salvare alcune vite, è anche vero che Albert manifestò anche pubblicamente il suo disprezzo verso Hitler, non solo aiutando, grazie alle sue conoscenze, al suo lavoro e alla sua influenza molte possibili vittime dell'orrore nazista, ma anche attraverso parole e atti evidenti.
Un segnale chiaro per dire da che parte stava, Göring lo diede appena entrato in Škoda, staccando dal muro del suo ufficio il ritratto ufficiale del Führer. Un affronto, una provocazione che non passava inosservata.
Con l'ascesa al potere di Hitler, Hermann fu subito influenzato dalle sue idee e da quella forte ideologia che voleva far risollevare la Germania, riportarla al potere. Hermann fu subito ben accolto dal dittatore, divenendo in breve tempo il suo secondo. Albert, invece, aveva un profilo molto più basso: restava nel suo, era la pecora nera o l'idiota politico della famiglia, l'unico che non riusciva a vedere nulla di buono nel Nazismo. Anzi. Aveva un forte disinteresse nei confronti della politica, prevedeva un destino nefasto per la Germania, e mal sopportava la sopraffazione e la tirannia dei Nazisti. Per questo scelse un'altra strada. Albert, nel suo piccolo, sperava di fare il possibile per riparare il male e la brutalità del fratello. Tentò anche di farlo ragionare, ma invano. Da ingegnere lavorò in Germania e in Austria, per poi diventare direttore delle esportazioni della Škoda, in Cecoslovacchia. I gerarchi nazisti pensavano così di poterlo controllare ma, in verità, riuscì proprio attraverso questo suo ruolo a contribuire a salvare vite, non solo di ebrei noti o meno noti, ma anche aiutando con delle commissioni e informazioni la resistenza ceca. Qui, infatti, contribuì a istigare atti di sabotaggio, rallentando la fornitura di cannoni e carrarmati alla Wehrmacht, e falsificò anche la firma del fratello in alcuni documenti.
Alla fine della Guerra, con la caduta del Nazismo, Albert si rifugiò a Salisburgo con sua moglie e la loro bambina, dove si arrese in breve tempo agli Americani. Nonostante la cagionevole salute, fisica e mentale, l'uomo al pari di suo fratello e altri gerarchi nazisti fu rinchiuso nel carcere di Norimberga e sottoposto a numerosi interrogatori, con la sola colpa di essere il fratello di Hermann Göring, e quindi per forza di cose un nemico da condannare. Quel cognome, che fino a poco tempo prima, rappresentava un modo per ottenere aiuti e ruoli importanti, ora era una macchia difficile da cancellare, che lo faceva passare come un nemico, insinuando dubbi e perplessità nei suoi nemici. Assolto per assenza di colpe, e anche aiutato dalle prime testimonianze in suo favore ad opera di alcune persone che lui aveva aiutato, viene poi consegnato alle autorità cecoslovacche e incarcerato di nuovo. Anche qui, però, riuscì a uscirne fuori grazie alle preziose testimonianze in suo favore di dirigenti e maestranze della Škoda. Ma la prigionia fu dura, il suo fisico fu ancora più deteriorato da un trattamento simile. Il suo cognome ormai era un marchio fortemente negativo. Andò in America, per qualche tempo, per poi tornare nella sua Germania. Ma ormai nessuno voleva farlo lavorare, a causa di quel nome. E morì solo e dimenticato, depresso e vittima dell'alcool, dopo un ultimo atto di generosità nei confronti della sua governante, in un piccolo appartamento a Monaco di Baviera il 20 dicembre del 1966.
Non lo faccio solo per voi, ma anche per me. ho un impegno con la mia coscienza e solo io posso portarlo a termine.
Graziano Guiotto racchiude tra queste pagine una lunga ricerca, usufruendo di testimonianze, lettere, voci, ma anche archivi, testi, e video, per narrare la storia di un personaggio storico ingiustamente dimenticato. A mio avviso è un volume molto interessante per chi ha voglia di approfondire anche questa parte della storia. Io, in tutta sincerità, non sapevo nulla di questo fratello vissuto sempre all'ombra di Hermann, la bestia nazista, il secondo, il possibile successore di Hitler. Ho trovato davvero importante soffermarmi su Albert, e secondo me è un lavoro molto importante per ridare luce a chi, nonostante avesse potuto vivere nelle ricchezze e fregarsene degli altri, ha voluto contribuire nel suo piccolo ad aiutare chi fu sopraffatto dalla crudeltà nazista. Esiste anche una lista di Albert, in cui segnò 34 nomi di ebrei importanti e noti - ai tempi - che contribuì a salvare. Ma sicuramente la sua azione non fu ridotta solo a quei pochi. Non fu da tutti opporsi al Nazismo. Sì, forse lui rischiava meno di altri, visto il suo stretto rapporto con Hermann, ma ci provò.
Come quando vedendo un gruppo di ebrei chinati a terra a pulire una strada, derisi e umiliati, si tolse la giacca, prese una spazzola e si mise a fare lo stesso lavoro. O quando esprimeva apertamente il suo disprezzo verso un Führer che per lui rappresentava la fine della sua nazione.
Mi ha toccato molto la sua fine. Il modo in cui è stato ingiustamente trattato dai 'vincitori', ma anche dai suoi stessi concittadini. Accusato solo per essere il fratello di un uomo terribile. E per questo disprezzato, tenuto in prigione per troppo tempo, e poi impedendogli di vivere una vita dignitosa, di poter pensare concretamente alla moglie e all'unica figlia lontane. E chissà perché scelse di non rispondere mai alle loro lettere: forse per un senso di vergogna e fallimento?
Purtroppo non è mai stato considerato un Giusto tra le Nazioni, perché “non si hanno prove sufficienti che mostrano che assunse rischi straordinari per salvare ebrei dal pericolo della deportazione e della morte" a detta dello Yad Vashem, l'Ente nazionale per la Memoria della Shoah. Ma anche per questo è nato questo libro: con l'intento di raccogliere informazioni, testimonianze, e l'attenzione verso una persona che ha contribuito a salvare più di una vita.
Oltra a questo titolo, noi abbiamo anche l'altro lavoro dell'autore: Scampata al Lager, “Devo la vita a Göring” Fuga, avventure, amori di Hanka Weissenstein, una delle donne che fu aiutata da Albert, e che Graziano Guiotto ha potuto intervistare. Appena avrò la possibilità di leggerlo, ne scriverò!
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