Scala a San Potito - Le pareti bianche, di Luigi Incoronato

11 gen 2023

Libri

Quando la Roberto Nicolucci Editore mi ha proposto la collaborazione sono rimasta molto colpita da due titoli, in particolare: Cagliostro, di Alexandre Dumas (che leggerò prossimamente) e i due racconti di un autore italiano del '900 di cui non avevo mai sentito parlare, Luigi Incoronato. Leggere per me non significa solo esplorare mondi già conosciuti da tutti, ma percorrere anche strade secondarie, andando alla scoperta di quei testi, di quegli autori o autrici di cui forse si parla troppo poco. Andare a scovare, così, piccole gemme che meritano una maggiore attenzione. 

A dicembre ho così recuperato il volume che raccoglie due racconti di Luigi Incoronato: il suo esordio, intitolato Scala a San Potito, e l'ultimo, pubblicato postumo dopo il suo suicidio, Le pareti bianche. Tra queste pagine ho trovato da un lato quella parte di umanità emarginata, esiliata, messa da parte; e dall'altro le riflessioni del tutto umane di un reduce della seconda guerra mondiale che non solo s'interroga sul senso di quella guerra, ma cerca di trovare un modo per non tornare sul fronte, per non rischiare di dissolversi del tutto. Due testi che mi hanno emotivamente coinvolta, e che ho trovato pregni di malinconia, e forse anche rabbia e disillusione, ma anche di una sorta di dolcezza, soprattutto nel rapporto d'amicizia presente nel primo racconto. 

Insomma, sono felice di aver potuto conoscere questa penna, grazie a una casa editrice che secondo me merita di essere conosciuta. 


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


Ora le cose erano mutate, e uscendo di mattina dalla Scala a San Potito quegli esseri umani avevano ben poche speranze di incontrare chi offrisse loro il modo di guadagnarsi un tozzo di pane. 
Tre bambine, una di sette, una di nove, una di dieci anni, iniziavano molto presto il giro per raccogliere carta straccia in tre sacchi che portavano sulle gracili spalle.


Scala a San Potito è il libro d'esordio di Luigi Incoronato, pubblicato nel 1950.
Luigi Incoronato ci fa sprofondare in una Napoli alla fine della Seconda Guerra Mondiale, una città travolta dalla miseria e dagli effetti di una lunga guerra che ha logorato animi e vite, facendo perdere case e lavoro. In particolare, l'autore attraverso la voce narrante di un giornalista - suo alter-ego - ci conduce con sé sui pianerottoli spogli e freddi della Scala a San Potito nei pressi del Museo Nazionale. In questi angusti spazi, è confluita una parte di umanità senza lavoro e con poco cibo, su cui sembra non volgersi mai l'attenzione di chi dovrebbe far qualcosa per aiutare. Un'umanità in esilio, sfrattata dalle proprie case ormai perdute, dimenticata. Uomini, donne, anziani e bambini che non hanno voce, su cui si posa invece lo sguardo del protagonista, che sovente decide di recarsi in mezzo a loro, anche se apparentemente diverso, perché con un lavoro e dei soldi e con ancora una stanza in cui vivere. È lui a narrare tutto attraverso delle riflessioni molto personali, che lo portano da un lato a voler dar voce agli ultimi, dall'altro a tentare di aiutare nel suo piccolo, anche se rimane sempre un forte senso di disillusione e pessimismo. Come se neanche la cultura possa aiutare a far fronte a tanta miseria. 

Tra questi pianerottoli Incoronato dà voce a vari personaggi, mostrandoci frammenti di vite, brusii, litigi, giocate, e tentativi vani di trovare un lavoro, di riappropriarsi della propria vita, di dare un senso alla propria esistenza, di tornare a essere “uomini”. Ed ecco che le voci di Armando, di Rosa, del piccolo sfortunato Antonio, di Zio Gennarino e Zio Pasquale, di Paolo e Maria, ma soprattutto di Giovanni risuonano tra quelle spoglie mura. C'è la miseria, ma anche l'aiuto reciproco; i litigi, ma anche i moti di affetto; la follia, la morte, insomma, tanti piccoli pezzi di vite che rischiano di restare nascoste, perché in fondo nessuno si reca davvero ad aiutarli, a comprendere cosa nascondano quei limitati spazi. 

C'è una Napoli soprattutto notturna, tra le cui strade e locali si soffermano i personaggi. Una città di miseria e violenza, in cui gli echi della guerra ancora risuonano in forme disperate. 
E poi c'è una particolare amicizia, che addolcisce almeno un poco un racconto fortemente amaro. Quella tra la voce narrante, e Giovanni, un uomo taciturno, che sembra restio a parlare di sé, del suo passato, come a nascondere dietro i suoi occhi fantasmi che non vuole far emergere. 
Incoronato fa uso di molti dialoghi e frasi brevi, senza eccessivi fronzoli. E riesce, in poche pagine, a donarci una vera e propria finestra su una realtà che altrimenti rischia di rimanere nascosta, proprio lì, su quei pianerottoli in cui la fame e il freddo fanno appassire pian piano anche il corpo o la mente più forte. 

Sì, da voce a un'umanità sola e abbandonata. E riesce, a mio modesto parere, a coinvolgere emotivamente il lettore.


Nella stanza mi ritrovai davanti alle pareti bianche. Tra me e la società, il mondo, la gente avevo scelto, le pareti bianche. Ma fuori la società non aveva vita, era il caos, la violenza, era guerra: cosa erano quelle pareti bianche? Solo paura, pareti dietro cui mi nascondevo per paura di morire? Avevo avuto paura in guerra? Forse molto di più di quanto avessi creduto, anche se nell'ansia di difendermi non avevo badato molto a quella paura. Era solo la paura che mi aveva portato dietro quelle bianche o una scelta libera, una volontà di non partecipare a quella guerra?


Le pareti bianche è, invece, l'ultimo lavoro dell'autore, ritrovato tra le sue carte, e pubblicato postumo (nel 1968) dopo il suo suicidio. In questo caso siamo di fronte a un ritratto più autobiografico, a una riflessione molto più intima e psicologica. 
Protagonista è un ufficiale meridionale impiegato sul fronte greco-albanese nel 1940. A seguito di una grave ferita, è costretto a rientrare in Italia per affrontare tutte le cure necessarie. Ed è proprio in questo periodo di degenza, tra le pareti di un ospedale, che s'instilla in lui una volontà diversa e una nuova consapevolezza: il protagonista inizia a riflettere su quanto sia insensata quella guerra che costringe uomini a uccidere altri uomini pur di aver salva la propria vita, e lui, insieme anche ad altri suoi compagni, non vogliono più tornare al fronte. Nasce in lui il forte desiderio di trovare un modo per non far ritorno sul campo di battaglia, anche a costo di dover affrontare una profonda solitudine e l'assenza di rapporti con altri individui, tra le pareti bianche di una stanza d'ospedale. 
Anche in questo caso lo stile di Incoronato è diretto, scarno, con frasi brevi, e a tratti un forte uso di sole parole. Tanti sono i punti. Quasi che volesse far udire attraverso la sua prosa il suono della guerra stessa: i colpi delle mitragliatrici, le raffiche dei fucili... 
È un flusso di pensieri di un uomo che diventa un po' il riflesso, forse, di quelli che sono stati gli effetti della guerra anche su altri soldati. Qual è il senso di un simile conflitto? Perché dover uccidere persone simili a noi? 
E, insieme a questo, si avverte anche tutta l'angoscia e il senso di vuoto provato dai reduci, da chi è riuscito a tornare a casa, ma è lo stesso profondamente scosso, anche ritrovandosi davanti a una realtà e a una società fortemente cambiate.
Allora, non è meglio forse affrontare la solitudine anziché tornare sul fronte a combattere?
Questo racconto ha una nota più autobiografica perché lo stesso Luigi Incoronato si è ritrovato su quel fronte di guerra, dove è stato ferito. Ma forse tra i suoi pensieri c'è ancora quella disillusione, quei tristi pensieri di un altro male - la depressione - che lo ha portato poi a compiere quel gesto estremo, come se fosse una sorta di liberazione?

Non sono letture così allegre, me ne rendo conto. Ma sono riuscite sicuramente a coinvolgermi molto emotivamente, perché attraverso la sua narrazione sono riuscita a percepire non solo un forte pessimismo, ma anche una volontà di dar voce agli ultimi, agli esiliati, a coloro che vivono all'ombra degli altri; ma anche a quei soldati inviati ad affrontare una guerra assurda e senza senso. Un'umanità schiacciata, misera, spezzata che ritrova però, almeno un po', il suo grido tra queste pagine che vi invito a leggere. 

È stato davvero interessante poter conoscere un'altra penna dimenticata della Letteratura Italiana del '900. E ringrazio di cuore la casa editrice per avermi fatto questo prezioso dono. 
Segnalo anche l'interessante saggio introduttivo di Laura Cannavacciuolo che permette di conoscere un po' di più la vita e gli scritti di questo autore ingiustamente dimenticato.








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IL LIBRO

Scala a San Potito - Le pareti bianche
Luigi Incoronato
Casa editrice: Roberto Nicolucci Editore
Pagine: 168
Prezzo: 16.00€
Anno di pubblicazione: 2022
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