Cavie, di Chuck Palahniuk

19 set 2022

Libri

Anche a voi fanno “paura” certi autori? 
Fino a qualche anno fa avevo il terrore di leggere Stephen King, poi ho provato, e mi si è aperto un mondo bellissimo. 
L'altra mia grande paura era Chuck Palahniuk. Una volta ho provato ad aprire a caso il suo romanzo, Cavie, e ho avvertito subito un grande disgusto per quel che stavo leggendo e pensavo di non riprenderlo mai e poi mai. 
Ma come si dice: mai dire mai. Ed ecco che, complice anche la terza tappa della Dungeon of Readers (Scoglio Urlante), ho deciso di provarci, di conoscere lo scrittore americano proprio con quel titolo che mi ha turbato profondamente, e alla fine devo dire che nonostante tutto si è rivelata una lettura anche interessante per il messaggio di fondo, ma anche per la sua capacità di sconvolgere il lettore e farlo riflettere sulla nostra società (più americana, ma quella italiana non è poi così distante per certi versi). 


RITIRO PER SCRITTORI: 
ABBANDONA LA TUA VITA PER TRE MESI.
Scompari. Dimentica tutto ciò che ti impedisce di creare il tuo capolavoro. Lavoro, famiglia, casa, obblighi e distrazioni: metti tutto in standby per tre mesi.


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


Diciassette aspiranti scrittori decidono di rispondere a uno strano quanto curioso annuncio: un ritiro per scrittori, con vitto e alloggio gratuiti, lontano da tutto e tutti, per tre mesi. Un modo per allontanarsi da ogni possibile distrazione della via quotidiana, per poter realizzare il proprio sogno: scrivere un capolavoro, in compagnia di spiriti affini. Sembra un'opportunità allettante, no? All'improvviso devono scomparire dalla loro vita precedente e, portando con sé un'unica valigia, vengono trasportati a bordo di un autobus turistico presso la destinazione finale, che si rivela essere un vecchio teatro in disuso. 


I teatri sono progettati per escludere la realtà esterna e permettere agli attori di costruire la loro. I muri sono doppi, di cemento, con in mezzo uno strato di segatura compatto. Di modo che nessuna sirena della polizia o rombo di metropolitana possa spezzare l'incanto di una finta morte inscenata sul palco.


Dalla trama di base che intreccia le varie storie, raccontata da un narratore onnisciente di cui non sappiamo nulla, neanche il nome, emergono via via una serie di poesie e racconti, narrati sul palco, da ognuno di loro, e guidati da coloro che li hanno spinti lì: il Signor Whittier, un anziano signore che sembra essere vestito come un ragazzo, e la Signora Clark. E il lettore/spettatore si ritrova ad assistere e leggere storie sempre più grottesche, inquietanti, ossessive, oscure, disgustose. Racconti anticipati da delle poesie che descrivono i vari protagonisti, che non hanno nomi, bensì dei soprannomi che sembrano ben ricalcare i loro peccati, le loro ossessioni, le loro perversioni, lo spirito dei loro stessi racconti: Camerata Stizza, San Vuotabudella, il Conte della Calunnia, Miss Starnuto, Lady Barbona, Miss America, Chef Assassino, Direttrice Negazione, Agente Lingualunga, Sorella Vigilante, Reverendo Senzadio, Baronessa Assiderata, il Mezzano, la Contessa Preveggenza, il Duca dei Vandali, Madre Natura, e l'Anello Mancante. Nomi curiosi e un tantino inquietanti, no?


Ciascuno di noi trasforma la sua realtà in una storia. La digerisce per farne un libro. Ciò che vediamo succedere è già la sceneggiatura di un film. 
La Mitologia di Noi.


Agli aspiranti scrittori non manca davvero niente: hanno acqua e cibo, riscaldamento, ognuno la propria stanza, sembra tutto perfetto, almeno inizialmente. Però, pian piano, le cose scivolano sempre più verso il baratro. Fili vengono recisi, pacchetti del cibo distrutti, bagni intasati, la caldaia bloccata, così come le porte. Un giorno, dopo l'altro, emergono sempre di più le vere essenze, l'aspetto più oscuro dell'animo umano. L'ossessione per il dolore, per la sofferenza che va sempre incentivata, e soprattutto nasce una sorta di piano ben preciso: sì, il capolavoro può essere scritto, ma per farlo, occorre trovare un nemico, il diavolo della situazione, e soprattutto provare sempre più sofferenza, più dolore, diventare delle vittime, torturate, umiliate, addirittura uccise dal mostro, per attrarre ancor di più il pubblico, per arrivare a quel successo che si sta cercando, per divenire quasi degli eroi agli occhi del mondo. 

Le storie che si susseguono non sono adatte a un lettore fortemente sensibile. C'è violenza, perversione, ossessione, ci sono immagini particolarmente forti che possono nauseare. Io stessa ho provato in più di un'occasione la voglia di mettere giù il libro, di tornare in un certo senso a respirare, davanti a scene a mio parere anche troppo estreme. 
Quanto può spingersi un essere umano per arrivare al successo? Per raggiungere l'obiettivo che sta dietro l'obiettivo che sta dietro l'obiettivo?


Siamo noi stessi a creare gli eventi drammatici che ci riempiono la vita.


Con questo libro, Palahniuk sembra davvero scandagliare l'animo umano, la sua parte più oscura e perversa, lanciando anche una vera e propria critica alla società moderna: all'ossessione del successo e della fama, ai reality show, all'ipocrisia dei più ricchi, o alla bellezza vista come un prodotto. Una realtà, purtroppo attuale, dove tutti sembrano ricercare sempre le notizie più tragiche, in cui si creano spesso realtà fittizie, che possano attrarre il pubblico, incuranti del dolore arrecato all'altro. Un mondo nel quale in mezzo alla sofferenza, devi inserire anche lo sbocciare di un amore, che per quanto falso e finto, deve esserci per arrivare al cuore del tuo lettore o spettatore. E di certo non può mancare la creazione di un mostro, di un nemico vero e orribile, per non ritrovarsi a fare i conti con (e contro) noi stessi. Quanto diventa facile, così, per le vittime diventare carnefici; o ricercare quel diavolo a cui addossare tutte le colpe, da punire, incapaci di osservare dentro se stessi... E quanto ancora è semplice raccontarsi storie, per trasformare il passato in una storia che può darci ragione...

Di Cavie mi è piaciuto proprio questo messaggio di fondo, questa voglia di spiazzare il lettore, portandolo a riflettere concretamente sul mondo in cui vive, su certi aspetti assurdi della società attuale. Mi è piaciuta anche la scrittura, cruda, diretta, realistica, senza troppi fronzoli. Palahniuk riesce a trasportarti concretamente in quel teatro in disuso, con la moquette logora e sporca di macchie di sangue o muffa scura, quasi a renderci veri e propri spettatori di quell'opera che viene portata sulla scena. I protagonisti vengono presentati tutti sul palco, illuminati da una luce, e con frammenti di film alle loro spalle. E il tutto, come dicevo, è tenuto insieme dalle parole di un narratore di cui non sappiamo nulla, ma che ci fa essere presenti, ci fa quasi avere la sensazione di essere anche noi, lì dentro. 


Ci sono le vittime (...) e ci sono i cattivi (...) Non cominci a creare sfumature di grigio che il pubblico non può capire.


L'autore sperimenta così anche vari generi: ci sono delle presentazioni dei vari personaggi, che sono simili a poesie, alla quali si aggiungono i racconti, collegati tutti insieme sì da renderlo un romanzo. Come spesso accade quando si leggono racconti, anche qui alcuni sono più riusciti di altri, a mio parere. A me sono piaciuti molto quelli della Signora Clark, in particolare, mentre vi invito a prepararvi mentalmente a leggere quelli forse più disturbanti (almeno sempre a mio giudizio), come Budella, Dare voce al risentimento ed Esodo.  


Tuttavia, non sono riuscita ad amarlo alla follia, come tanti altri che me lo hanno consigliato. Il finale me lo aspettavo in quel modo, non so perché, ma sentivo che si sarebbe arrivati a quel punto; e ho trovato alcune scene troppo assurde ed esagerate. Va bene spiazzare il lettore, riuscire a sconvolgerlo, turbarlo e disturbarlo - e, credetemi, ci riesce benissimo! - ma in alcuni momenti secondo me è passato anche troppo oltre. L'ho trovato esagerato.

Mi hanno detto che forse non è proprio il libro perfetto con cui iniziare a conoscerlo, ma sono felice di essere riuscita a superare la mia paura, e di averlo portato a termine, nonostante il forte disgusto che alcune scene mi hanno causato.
Come dicevo, però, non è un libro per tutti. Se siete particolarmente sensibili a scene di violenza e perversione, be', pensateci due volte prima di affrontarlo. Non è facile da digerire.

Comunque, ora che ho iniziato, credo che proverò a leggere qualche altro titolo. Se avete consigli, sono ben accetti! 


Se riusciamo a perdonare ciò che gli altri ci hanno fatto...
Se riusciamo a perdonare ciò che noi abbiamo fatto agli altri...
Se riusciamo a prendere congedo da tutte le nostre storie. Dal nostro essere carnefici o vittime.
Solo allora, forse, potremo salvare il mondo.
Eppure noi rimaniamo seduti, in attesa di essere salvati. Fintanto che siamo vittime, nella speranza che ci scoprano mentre stiamo ancora soffrendo.

IL LIBRO

Cavie
Chuck Palahniuk
Casa editrice: Mondadori
Traduzione di: Matteo Colombo, Giuseppe Iacobaci
Pagine: 434
Prezzo: 11.00€
Anno di pubblicazione: 2015
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