Macbeth, di William Shakespeare - #aTeatroconShakespeare

11 lug 2022

Libri

Lettura di Giugno per il mio progetto #aTeatroconShakespeare 

Con un po' di ritardo finalmente posso scrivere un articolo su una delle mie opere preferite in assoluto di William Shakespeare: Macbeth.
La lettura di Giugno non è quindi stata una novità per me, perché ho già avuto modo di leggere e amare questa tragedia, che tra i vari aspetti, secondo me presenta uno dei personaggi più affascinanti dell'opera shakespeariana: Lady Macbeth. Sì, la sua estrema ambizione la corrompe a tal punto da spingerla a compiere gesti spregevoli e a contribuire alla violenza del marito, però, che vi devo dire, per me è un personaggio che resta sicuramente impresso. E con questo titolo concludo il tomo dei Meridiani Mondadori dedicato alle Tragedie.


Fonti:

  • The Chronicles of England, Scotland and Ireland, di Raphael Holinshed (1587)
  • Il personaggio di Macbeth è ispirato all'omonima figura storica, re di Scozia dal 1040 al 1057. Nonostante si fosse impadronito del potere assassinando il giovane sovrano Duncan, fu per molti anni un sovrano saggio e un buon amministratore. Questo fino all'invasione del Paese da parte delle forze inglesi al comando del cognato di Duncan, Siward, con il pretesto di difendere i diritti alla successione di Malcolm Canmore, figlio di Duncan. Storici e cronisti al servizio dei successori di Malcolm, ne modificarono la visione, mostrando Macbeth come uno spietato tiranno.


Pensieri sull'Opera:


Prima strega: Salve, Macbeth! salve a te, Barone di Glamis!
Seconda strega: Salve, Macbeth! salve a te, Barone di Cawdor!
Terza strega: Salve Macbeth! salve a te, che sarai re.

- Atto I, Scena III


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice
Dipinto: Macbeth And Banquo - Witches di Théodore Chassériau


La scena si apre con l'immagine di tre streghe, le tre sorelle fatali, che si danno appuntamento nella spoglia e cupa brughiera per poter incontrare Macbeth. Sin dalle prime battute, si delinea quella che sarà poi la frase fondamentale di un'opera che si fonda sull'antitesi, sull'accostamento di opposti: “Bello è il brutto, e brutto il bello”
Tutto poi si sposta su Re Duncan e il suo seguito, in cui lo spettatore apprende due cose fondamentali: la vittoria dell'esercito del re, grazie anche all'azione di Banquo e Macbeth, e la promessa del re stesso di donare il titolo di Barone di Cawdor a colui che dà il nome a quest'opera. Shakespeare ci dà così modo di conoscere, prima di Macbeth stesso, quello che avverrà di lì a poco. 
In effetti, c'è ben presto un primo importante incontro tra le tre streghe e Macbeth e Banquo. Le tre sorelle fatali salutano Macbeth in modo sibillino, donandogli titoli che ancora non ha, e ponendolo di fronte a quelli che sono i propri desideri inconfessabili e, così, al proprio destino. Ma quando Banquo chiede anche lui la sua profezia, le tre sacerdotesse di Ecate, lo avvisano che i suoi discendenti saranno re.

Quando Macbeth scopre di aver ottenuto effettivamente il titolo di Barone di Cawdor, si smuove in lui qualcosa: quella brama di potere, che inizialmente non è tanto forte, oscillando tra l'angoscia opprimente di uccidere il re - perché rappresenta per lui l'unico modo per far avverare la profezia - e la voglia di ottenere un potere ben più alto. A spingerlo del tutto a commettere il primo importante e feroce gesto che lo condurrà a una inesorabile caduta infernale, è sua moglie, Lady Macbeth. Lei che parla con le ombre, che sembra comprendere il linguaggio delle streghe, lei che attira a sé le forze del male, come la Medea di Seneca, affinché possano privarla della sua natura di donna. Senza più sesso, né compassione, ma deve essere riempita della più spietata crudeltà. È il solo modo per instillare nel marito quella ferocia che ancora gli manca, spingendolo a uccidere il Re per ottenere il trono. Lei mossa da ambizione, la mente che fa muovere il braccio di Macbeth. Un personaggio che, a mio parere, nonostante la crudeltà, riesce ad affascinare, a rimanere facilmente impresso. 


Lady Macbeth: [...] Venite, Spiriti 
che presiedete a pensieri di morte, toglietemi il sesso,
e riempitemi tutta, dalla testa ai piedi
della più spietata crudeltà! Rendete denso il mio sangue,
fermate l'accesso e il varco alla compassione
affinché nessuna compunta visita dei sentimenti naturali
scuota il mio tristo proposito o ponga tregua
tra questo e l'esecuzione! Venite alle mie mammelle di donna,
e mutate il mio latte in fiele. voi, ministri d'assassinio, dovunque
nelle vostre sostanze invisibili
attendente ai misfatti della Natura!
Vieni, densa Notte, 
e avvolgiti nel più scuro fumo d'Inferno,
Affinché il mio coltello acuminato non veda la ferita che fa,
né il cielo s'affacci attraverso la coltre del buio,
per gridare "Ferma, ferma"!.

- Atto I, scena V



L'assassinio del Re Duncan, ospite nel castello di Inverness proprietà dei Macbeth, è soltanto un primo atto di atrocità. Il sangue chiama altro sangue, e le cose cominciate nel male traggono forza dal male. 
Macbeth subisce un vero e proprio cambiamento: da condottiero nobile, che almeno inizialmente non vorrebbe compiere atti tanto empi, diventa un tiranno, incapace di provare pietà anche nei confronti di amici, di donne e persino di bambini. La brama di potere è troppo forte, e non riesce più a smettere di compiere il male. È come se, a un certo punto, uccidesse le persone per liberarsi dei pensieri angosciosi che lo tormentano, che non gli danno tregua.

Shakespeare, attraverso il suo personaggio, va ad indagare ancora una volta sulla condizione e la natura umana. Va a esplorare l'umanità del tiranno: non un mostro, ma un uomo con tutte le contraddizioni della sua natura. Il bardo inglese ci mette di fronte agli abissi nei quali può sprofondare l'animo umano quando dà ascolto alla parte peggiore di sé, una mostruosità potenziale che appartiene a ogni creatura umana. Consumati dal proprio desiderio, dall'ambizione, Macbeth e sua moglie, divengono degli animali infernali, fuori controllo. 

Macbeth è una tragedia cupa, crudele, cruenta, fondata sugli opposti (bello/brutto, tenebre/luci, sacralità/tirannia...), ed è anche la più breve tra tutte le tragedie scritte da Shakespeare.
Ho trovato interessanti diversi aspetti, che ho avuto modo di leggere in vari saggi, e che voglio condividere con voi.

Ci sono alcune scene che vedono la presenza di Ecate, che sembrano però essere delle aggiunte successive al testo originale, in parte prese in prestito e in parte ispirate al dramma The Witch di Thomas Middleton. 

Inoltre, Shakespeare aveva concepito questa storia come un Dramma Storico:  come accaduto per le prime opere che vanno a indagare l'avvento della dinastia Tudor, e quindi della precedente regnante Elisabetta I, anche qui, il bardo interroga la Storia alla ricerca di quelle che sono le origini della dinastia Stuart, ossia quella del nuovo Re, Giacomo I, che si proclamava discendente della stirpe di Banquo e che aveva unito le due corone di Scozia e d'Inghilterra. Ecco perché, a differenza del testo di Holinshed, Shakespeare ci dona una presentazione del tutto positiva di Banquo, oltre a mostrarci - tramite il potere delle streghe - le varie apparizioni dei suoi discendenti. Crea così un vero e proprio omaggio al sovrano. 

Un altro aspetto che ho particolarmente apprezzato, è la presenza di queste figure del folklore: come le Streghe. Re Giacomo I credeva a queste presenze, tanto da averne scritto nel suo trattato Daemonologie.


Lady Macbeth: Qui c'è ancora odore di sangue: tutti i profumi d'Arabia non lo toglieranno da questa piccola mano. Oh! Oh! Oh!

- Atto V, scena I


C'è anche una superstizione su quest'opera: si dice che porti iella pronunciarne il titolo, tanto che molti preferiscono chiamarlo Dramma Scozzese, e che durante alcune rappresentazioni ci siano stati dei problemi. Forse richiamare le forze oscure, non fa proprio bene!

Credenze a parte, Macbeth è una delle mie opere preferite. Sono ancora una volta ammaliata dal modo in cui, attraverso una rappresentazione teatrale, Shakespeare riesca a indagare quella che è la natura umana, con le sue luci e le sue ombre. Su quanto un testo così lontano, sia ancora molto attuale. Perché ci spinge a riflettere su noi stessi, su quanto a volte sia “facile” essere divorati dalla propria sete di potere, dalla propria ambizione, andando anche oltre i limiti, calpestando il rispetto altrui, ponendo fine alle vite degli altri per un becero interesse personale. Dando così spazio alla parte peggiore di sé. 
Ma questo porta a una caduta inesorabile verso l'inferno, a un forte senso di colpa che spinge alla follia, a quelle mani, imbrattate di sangue, che non vuole più andare via. 

Una tragedia i cui colori sono il rosso del sangue e il nero delle tenebre. Cupa, piena di angoscia, ma di una bellezza straziante. 



Macbeth: La vita non è che un'ombra che cammina; un povero attore
che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena
e del quale poi non si ode più nulla: è una storia raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, 
che non significa nulla.

- Atto V, scena V




Ho letto l'opera nella traduzione di Agostino Lombardo contenuta nel volume “Shakespeare Le Tragedie” curata da Giorgio Melchiori e pubblicata nei Meridiani Mondadori.
Ho tratto alcune informazioni dai presenti saggi:
Shakespeare. Genesi e Struttura delle opere, di Giorgio Melchiori (Edizioni Laterza)
- Chiedilo a Shakespeare, di Cesare Catà (Ponte alle Grazie)
- Shakespeare creatore di miti, di Paolo Bertinetti (UTET)

♥♥♥♥♥

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