Quale luogo puoi definire veramente casa?
È una domanda che mi sono spesso posta, e alla quale forse è difficile trovare una vera e propria risposta. La ricerca di una casa dove vivere, poi, non è facile. L'ho vissuto di persona, avendone comprata una con il mio compagno, proprio di recente. Casa. A volte è interessante anche chiedersi chi ha trascorso la sua esistenza tra queste mura molto prima di noi e dei precedenti proprietari. Chissà quanti amori e scontri, quante nascite e perdite, quanti dolori e affetti... Quante storie hanno preso vita nel luogo in cui hai finalmente trovato il tuo posto. Ed è proprio in una casa particolare in cui vi porto con me tra le pagine del romanzo "L'appartamento del silenzio" di Gianni Verdoliva, pubblicato da Fides Edizioni.
Si ferma. Di fronte a un cancello che apre, tra due palazzi, una visuale su un'elegante casa d'epoca, lontana dalla strada in fondo a un viale, le cui pareti sono in parte adornate di glicine dalle svariate sfumature di violetto. Complice il vento delicato, il profumo dei fiori arriva fino a lei che rimane, per alcuni istanti, incantata, come inebriata.
L'appartamento del silenzio, è questo il nome in codice che Regina e Manuela, due agenti immobiliari, hanno dato all'elegante casa d'epoca dalle pareti in parte adornate dal glicine nelle varie sfumature del violetto. Una dimora bellissima, ma che risulta difficile da vendere. È come se, una volta superata la soglia di casa, si avvertisse qualcosa di strano: alcuni sentono un forte odore di bruciato, c'è chi percepisce strane presenze, chi prova un insano disagio, e chi inconsueti brividi sulla pelle. Sono passati anni, ma nonostante il buon prezzo e la sua bellezza, nessuno è intenzionato a comprarla. Fino a quando arriva Beppe Novari, un elegante signore dai capelli bianchi, che chiede di vederla. Percorrendo quelle stanze, va come alla ricerca dell'anima della casa, della sua essenza. Prova disagio sì, ma allo stesso tempo sente nel suo intimo che quello è il posto giusto. Sì, quell'appartamento del silenzio è il luogo che può chiamare casa.
Ed è qui che convergono tutti i personaggi della storia: dai suoi due amati nipoti, Marcello e Stefano, amanti della cucina e delle piante, anime luminose, a Gigliola, una donna dal triste passato, i cui segni delle ferite porta ancora nell'anima, e che diventerà ben presto la governante della casa, passando anche per altre donne e uomini che incroceranno i loro destini, i loro problemi, le loro personalità, riunendosi pian piano come all'interno di una grande famiglia. Ma non ci sono solo personaggi del presente. In quella strana dimora, risuonano ancora echi del passato; vite di altre persone che lì hanno vissuto, e le cui presenze sembrano ancora sospese in quel silenzio che può ancora comunicare. Nella sala della musica, occhi crudeli appaiono all'improvviso in uno specchio, l'odore del bergamotto si unisce a quello del glicine, e il suono di un violino sembra legare il passato al presente. E poi ci sono strane crepe, che pian piano, compaiono su un muro.
Nello specchio, posizionato a metà parete, un volto femminile indistinto, ma di cui si scorgono degli occhi nerissimi e cattivi, la sa fissando.
Di Gianni Verdoliva avevo letto un altro romanzo, Ritorno a Villa Blu. In queste pagine tornano moltissimi elementi di quella storia. C'è ancora lo scontro tra il Bene e il Male, tra la bontà e la gentilezza, e l'orrore della violenza, in un continuo alternarsi tra passato e presente. Di nuovo la musica è un elemento essenziale, così come la casa che diventa essa stessa protagonista. Non mancano gli elementi soprannaturali, presenze benevoli pronte a proteggere e far giustizia, ma anche una scia di crudeltà che sembra non essersi ancora assopita, nonostante siano passati numerosi anni.
Come per il precedente romanzo, la lettura scorre leggera, ma forse per il fatto che ho ritrovato troppi elementi in comune, non mi è parso di leggere nulla di nuovo. Sapevo già cosa sarebbe accaduto, come la storia sarebbe andata avanti e quale sarebbe stato il percorso che avrebbe portato a quel finale. Non mi dispiace neanche trovare un po' di bontà tra le pagine, visto che già il mondo reale è piuttosto marcio, ma a lungo andare i personaggi rischiano di essere un po' stereotipati: da un lato ce ne sono alcuni profondamente umani, buoni, gentili, che sembrano non arrivare mai a un possibile litigio, dall'altro figure totalmente negative, egoiste e violente. Ecco, forse questa contrapposizione così netta, rischia di essere un po' esagerata, a mio modesto parere, perché sono sempre dell'idea che ognuno di noi sia fatto di toni grigi, di varie sfumature. Ho trovato forse più interessanti quelle 'anime' che si sono smarrite, che hanno commesso errori, che si sono forse lasciate plagiare dalla falsità di altri, ma che possono ottenere una nuova occasione: per rimediare ai propri errori, per provare sulla pelle cosa significa veramente amare ed essere amati, non con superficialità, o ancora trovare una possibile redenzione, e giustizia. Resta comunque molto bello - come dicevo anche per il primo romanzo - ritrovare almeno nelle storie di carta quella gentilezza e quella forma di amore, che purtroppo nella realtà sembrano sempre più sbiadire.
A mio avviso è una storia carina, soprattutto per chi ha voglia di ritrovare tra queste pagine sentimenti profondamente umani, e anche un pizzico di soprannaturale - uno degli aspetti che più ho preferito del romanzo, insieme alle descrizioni dei luoghi -. Ma, come già detto, avendo letto già il precedente romanzo, e avendoli trovati piuttosto simili, non è riuscita a colpirmi in maniera profonda, così come speravo che accadesse.
Il silenzio non è mai assoluto. Ci sono spesso note appena impercettibili. Energie, rumori di sottofondo, sensazioni. Il silenzio, spesso, comunica.
Ringrazio l'autore stesso e Cristina Loizzo per avermi dato la possibilità di leggerlo!