Mary Shelley è una di quelle autrici che vorrei approfondire il più possibile.
Dopo aver letto e amato immensamente il suo romanzo più famoso, “Frankenstein” , ho voluto avvicinarmi ad altri testi, forse meno conosciuti, ma altrettanto interessanti. Quando la casa editrice 13Lab Milano ha dato la possibilità a diverse blogger di leggere il suo “Matilda” in anteprima, ho deciso di provarci, essendo uno di quei titoli che mi ispirava molto. Da oggi, 28 maggio, potete trovare il presente volume in libreria. Ma intanto, se volete, ve ne parlo un po' qui.
Mi trovo in uno strano stato d'animo. Sono sola, molto sola, al mondo; il flagello della sfortuna è passato sopra di me e mi ha rinsecchita; so che sto per morire e mi sento felice, gioiosa.
© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice
Matilda, la giovane protagonista, vive sola in un cottage isolato in una landa ampia e solitaria, una cupa brughiera lontana dalla città. È inverno e la neve ricopre tutto. Sembra non esserci vita alcuna. E anche quella di Matilda è a un passo dallo spegnersi per sempre. La ragazza sa che sta per morire, ma appare serena. Tuttavia ha un ultimo compito: scrivere la sua tragica storia. Rivelarla, infine, a quell'unico amico che ha tentato di riportarla alla vita, alla gioia, ai sorrisi. Questo breve romanzo è quindi una confessione, una lettera di addio, nella quale Matilda racconta a Woodville, e a noi lettori, tutta la sua vita, partendo dalla storia d'amore dei suoi genitori, passando per la sua nascita e la terribile morte di sua madre, toccando la sua infanzia solitaria in compagnia di una gelida zia incapace di donare affetto, e il ritrovato amore per il padre, dopo sedici anni. Fino ad arrivare a un tragico evento che ha sconvolto per sempre la sua esistenza, corrodendola nel profondo, infangando la sua purezza, facendola cadere in una disperazione inconsolabile. A seguito di tale avvenimento, che non sento opportuno rivelare, Matilda sente il bisogno di vivere in una solitudine simile alla morte. La giovane donna si sente una creatura marchiata, una reietta, adatta soltanto alla morte, contaminata da un amore innaturale che ingenuamente aveva ispirato. In questo passaggio mi è parso di ritrovare un po' la sua creatura, quel mostro dall'animo tenero, che pian piano dà sfogo alla rabbia, alla crudeltà, perché allontanato da chi dovrebbe amarlo, da chi lo ha creato, e da tutti coloro che non riescono ad accettare il diverso.
Non avevo idea che la miseria potesse sorgere dall'amore e questa lezione, che tutti alla fine devono imparare, mi fu impartita in una maniera che pochi sono obbligati a ricevere.
Secondo me è interessante e forse anche opportuno conoscere un po' la vita dell'autrice per poter leggere in maniera più attenta le pagine di questo intenso e disperato lavoro. Infatti, è stato anche definito un romanzo semi-autobiografico , presentando Matilda diversi elementi in comune con la sua 'creatrice'. Dalla morte prematura della madre, Mary Wollstonecraft, al rapporto complesso e ambivalente con suo padre William Godwin, e quello conflittuale con la matrigna - che qui può essere identificata con la gelida zia di Matilda, incapace di donare affetto alla bambina -. E l'amico Poeta Woodville? In lui si può sicuramente ritrovare l'amato Percy Shelley. Non è una lettura facile, nel senso del tema. I momenti di felicità sono pochi, mentre è tanta la disperazione che prova la protagonista, i sentimenti fortemente negativi che la spingono quasi a desiderarla quella morte, che appare quasi come una sorta di liberazione. C'è un profondo senso di solitudine , e quasi l'impossibilità di riuscire a ritrovare quella luce, quella felicità che per un breve periodo è riuscita ad avere. Si avverte quasi la sensazione di una forte depressione, forse anche perché è il sentimento che provava Mary Shelley mentre stilava queste pagine. La scrittrice inglese, infatti, ha scritto Matilda nell'estate del 1819, in un periodo di estremo dolore per la perdita del suo bambino, William, pochi mesi dopo la morte della sua piccola Clara. Due lutti terribili per una madre. È, quindi, una tipologia di lettura che potrebbe turbare per i temi toccati, per la toccante e intensa confessione di questa “eroina romantica”. Si avverte quasi la sensazione di sprofondare in un abisso di dolore e angoscia. Sono descritti i sentimenti di una ragazza sola, che prova vergogna, un senso di oppressione e disperazione. Detta così, forse è un po' forte, lo so. Eppure la bellezza della scrittura di Mary Shelley si avverte anche qui. Pur essendo una neofita in materia, ho avuto la percezione, però, di una traduzione forse più moderna e ho riscontrato la presenza di diversi refusi.
Fin dai miei primi anni di vita mostrai una grande indole alla sensibilità, frutto di amore profondo. Non so dire con quale passione io amassi tutto, persino gli oggetti inanimati che mi circondavano. Avevo un attaccamento personale per ogni albero del nostro parco; ogni animale che vi abitava mi conosceva e io li amavo.
Tuttavia, ho amato questo libro e mi sono persa non solo tra i pensieri della protagonista, ma anche nella descrizione della natura. Una Natura che è strettamente collegata anche alle emozioni umane: gentile e quieta nei momenti di gioia, cupa e pericolosa in quelli di sofferenza. Matilda, sin dall'infanzia - nonostante la costante solitudine -, trova compagnia nella Natura e nella Fantasia. Da piccola si manifesta la sua estrema sensibilità, il suo animo da sognatrice, la sua passione per ogni aspetto naturale, ma anche per i libri che in qualche modo prendono il posto delle relazioni umane. E poi c'è il mondo della fantasia, attraverso il quale, la bambina immagina di travestirsi da uomo, come la Rosalinda Shakesperiana e andare a cercare il padre che non ha mai conosciuto, ma per il quale prova profondo amore e devozione e dal quale sogna di essere ricambiata. Sono tanti i riferimenti letterari che la Shelley inserisce attraverso le parole di Matilda: da Shakespeare, a Dante, da Coleridge a Wordsworth, ma anche legati al mondo epico, identificandosi in Psiche, Proserpina o anche Edipo.
Ero un essere solitario e, dai miei anni d'infanzia, da quando la mia dolce balia mi aveva abbandonata, ero stata una sognatrice. Portai in vita Rosalinda e Miranda e la signora di Comus e le feci mie compagne, oppure sulla mia isoletta recitavo le loro parti, immaginandomi nelle loro vicissitudini.
Un'altra piccola curiosità prima di concludere: il titolo della prima stesura era “The Fields of Fancy” e fa riferimento al racconto incompiuto di sua madre, Mary Wollstonecraft, intitolato “The Cave of Fancy”.
Matilda è un romanzo di solitudine, disperazione, senso di colpa, del complesso rapporto padre e figlia, ed è ricco di elementi naturali e citazioni letterarie. Pur essendo breve, a mio avviso, richiede la sua attenzione. Ma potrà regalarvi riflessioni ed emozioni e spingervi a voler approfondire ancora di più la vita di questa grande scrittrice, e altre sue opere. Non vi troverete il massimo dell'allegria, ma bisogna anche pensare alla vita e al dolore provati da Mary Shelley che, purtroppo, non ha vissuto una vita facile e felice. E, in fondo, in alcuni aspetti del personaggio io mi sono ritrovata: soprattutto per quella solitudine, e quel forte amore per i libri e i paesi immersi nella natura, al contrario della città che spesso rischia di soffocare.