Non molto tempo fa ho visto un bellissimo film in tv, con protagonista una straordinaria Whoopi Goldberg, attrice che amo moltissimo. Ho sempre voluto recuperare anche l'omonimo libro da cui era stato tratto, e ne ho approfittando partecipando, così, al bellissimo progetto di Federica (fede_in_books_land) e Laura (lisoladicalipso) su Instagram: #IlRazzismonellaLetteratura.
Oggi, quindi, cercherò di parlarvi de Il Colore Viola, di Alice Walker, (ri)pubblicato in Italia da Edizioni SUR.
Vuoi dire che Dio è vanitoso?, chiedo.
No, fa lei. Non è vanitoso, vuole soltanto condividere le cose belle. Secondo me Dio s'incazza se passi davanti al colore viola di un campo qualunque e non ci fai caso.
Il Colore Viola è la storia di due sorelle che vengono separate da ragazze, a causa dei soprusi degli uomini. Siamo nei primi anni del 1900 nel sud degli Stati Uniti, e a parlare, attraverso delle lettere a Dio, è Celie. A soli quattordici anni subisce la prima violenza da parte di suo padre, a cui ne seguiranno altre. Il frutto di tali stupri sono due bambini, un maschio e una femmina, che le vengono subito strappati dalle braccia. Celie è una ragazza che ha potuto studiare poco e che si sottomette da subito alla società patriarcale, alla violenza degli uomini. L'accetta, semplicemente, per sopravvivere e perché non conosce alternative. Ma non è lo stesso per Nettie, sua sorella minore, che, invece, avendo avuto anche la possibilità di studiare di più, non vuole una vita simile. Celie cerca di proteggere sua sorella, tentando di allontanarla da un padre che sembra volgere gli occhi anche su Nettie e da un uomo (Mr. ____) che vuole prenderla come moglie. Infatti, dopo diverso tempo, sarà Celie a essere presa da Mr____, valutata come un oggetto, offerta dal padre come una donna brava e docile, capace di occuparsi della casa e dei bambini, di rispettare il volere dell'uomo.
Passata dal padre al marito, come una merce di scambio, per Celie le cose continuano a non andare bene: scordiamoci l'amore. Celie è lì per occuparsi dei figli viziati dell'uomo, che sin da subito sembrano maltrattarla. Celie subirà percosse e violenze dal suo sposo, senza mai alzare la testa. Sopportando, in silenzio, perché questa vita finirà presto. Il paradiso è eterno.
Nettie, invece, riesce a scappare dal controllo del padre prima e di Mr____ che continua a essere affascinato da lei. Nettie giura di scriverle, ogni giorno. Ma questo non avviene mai. Nessuna lettera giunge a Celie, la quale immagina di aver perso per sempre l'amata sorella.
Dico: scrivi.
E lei: che?
E io: scrivi.
E lei: soltanto la morte potrà impedirmelo.
Non scrive mai.
Tutto il romanzo, come dicevo, è strutturato in una serie di lettere che Celie indirizza quasi sempre a Dio, ma poi, con l'evolversi della vicenda e dei personaggi, verranno introdotti dei cambiamenti. Nuove lettere e destinatari, di cui non rivelo altro.
La vita di Celie viene scossa dall'arrivo di Shug Avery, una donna totalmente diversa da lei. Shug se ne frega delle regole, è sfrontata, emancipata, si lascia scivolare addosso tutte le critiche per i suoi atteggiamenti, e soprattutto mai si sottomette agli uomini. Shug la cantante di blues dalla vita sregolata, che ama liberamente e si lascia amare, e verso la quale Celie proverà sin da subito - non appena vede il suo volto in una foto - dei sentimenti particolari.
Lei, Sofia - sua nuora, moglie del figlio di Mr___, Harpo - e poi anche la più giovane Mary Agnes, con i loro atteggiamenti di sfida, di lotta contro il patriarcato e il razzismo, saranno un esempio importante per Celie. Per staccarsi da quell'apatia, da quella sottomissione che la porta anche a denigrarsi, a non vedere i suoi talenti, a ritenersi brutta e inutile. Donne che sollevano la loro voce, che non si arrendono, che crollano anche, ma si rialzano e continuano a lottare per una vita migliore.
Io ho dovuto lottare da quando sono al mondo. Ho dovuto lottare contro mio padre. Ho dovuto lottare contro i miei fratelli. Ho dovuto lottare contro i miei cugini e i miei zii. Una bambina non è al sicuro in una famiglia di maschi. Ma non avrei mai pensato di dover lottare pure in casa mia.
Il colore viola è un romanzo davvero interessante, ma anche crudo. Descritto con un linguaggio semplice e diretto, quello di Celie, ma che man mano si fa più chiaro, come se all'evoluzione del personaggio corrispondesse anche un miglioramento del lessico. O perlomeno è quel che ho percepito. Forse ci vuole un po' di tempo per entrare in sintonia con lo stile di Alice Walker, ma poi ti trascina con sé, e in pochi giorni ti ritrovi davvero a divorare questo libro.
È un testo che affronta molte tematiche, ma senza mai creare confusione. Ogni personaggio è ben descritto, e lascia traccia di sé. A mio parere, poi, tutti hanno i loro pregi e i loro difetti, le loro luci ma anche le loro ombre, una vasta gamma di emozioni del tutto umane. Non è un mero romanzo sul razzismo dei bianchi nei confronti dei neri: sia chiaro, non manca, sia nella descrizione dell'America di quegli anni, ma anche nel colonialismo in Africa, dove i bianchi per soddisfare i propri interessi, non rispettano nulla della vita e della cultura della popolazione locale.
Ma è anche un romanzo che affronta temi come il patriarcato, l'omosessualità, il femminismo, i diritti civili, i soprusi e le violenze soprattutto nei confronti delle donne, considerate un genere da sottomettere. Persone che devono solo occuparsi dei figli e della casa, e sopportare le violenze fisiche e verbali degli uomini a cui appartengono. E a compiere tutto ciò, sono anche gli stessi neri, che sembrano riprendere anche la visione dei vecchi padroni.
Tuttavia, se Celie accoglie in un certo senso questa forma di oppressione, perché non riesce - almeno inizialmente - a opporsi, ci sono altre donne che invece lottano anche a costo della vita per non farsi sottomettere, per alzare la propria voce, per realizzare i propri sogni.
Come Sofia, appartenente a una famiglia numerosa, che per tutta la vita ha dovuto lottare e nel momento in cui si sposa, non vuole assolutamente essere obbligata a rispettare il volere del marito. Ma anche nei confronti dei bianchi, che continuano a sentirsi i padroni di tutto, il suo atteggiamento è sempre ribelle. Sofia non ci sta.
O come Shug, sfrontata, bella, e ribelle, che avanza sicura, incurante delle critiche. Desiderosa di amare e di essere amata, e pronta anche ad aiutare chi ama - pur avendo anche lei delle ombre nei suoi atteggiamenti -.
Ma anche la giovane Nettie non accetta la violenza. Scappa, anche a costo di rischiare la sua vita.
Eppure, anche Celie potrà sorprendere.
C'è un'immagine in cui viene perfettamente delineata questa sorta di solidarietà tra donne, che osano ribellarsi, che vogliono costruire la propria vita secondo i propri desideri, e non più subendo gli ordini degli uomini.
Altro tema, che l'autrice stessa cita nella prefazione, è la visione di Dio: o meglio della contrapposizione tra Dio (L'Onnipresente o Omnimagico) e l'immagine di Dio che troppo a lungo è stata mostrata. È un aspetto molto importante nel romanzo, che mi ha portata anche a riflettere. Effettivamente, l'immagine che è sempre stata imposta, è quella di un Dio uomo bianco che bisogna rispettare, a cui rivolgere le nostre preghiere, per non subire la sua punizione. Un aspetto che forse ha contribuito a diffondere questo dominio dell'uomo bianco sul popolo nero. C'è un estratto in cui si affronta questo tema, e che coinvolge Celie e Shug, ed è molto importante.
E sai, Dio non è mica maschio.
Allora è femmina?, chiedo io.
Non è né maschio né femmina.
Ma com'è fatto?, chiedo.
In nessun modo, dice lei. Mica è un film. Non è qualcosa che puoi vedere separato da tutto il resto, compresa te stessa. Io credo che Dio è tutto, dice Shug. Tutto quello che c'è o che c'è mai stato o ci sarà. E quando riesci a sentirlo, e a rallegrarti di sentirlo, ecco che l'hai trovato.
Un Dio che è Tutto.