Quanto è interessante conoscere autori o autrici di cui fino a ieri avevi sentito parlare poco o nulla? Per me, moltissimo.
Approcciandomi quest'anno alla letteratura italiana, ho voluto scoprire - complice anche il progetto #1800edintorni di Manuela di @frammenti.classici su Instagram - una scrittrice di cui non sapevo assolutamente nulla, lo ammetto: Matilde Serao. Al Salone del libro ho comprato L'ultima fata da una nuova casa editrice tutta al femminile, Rina Edizioni, e in casa avevamo un libriccino vintage con la novella Tre Donne. E così ne ho approfittato, sono letture che si leggono in un soffio, e che non mi sono dispiaciute. Sicuramente vorrei approfondirla in futuro.
«Mamma, perché non vi sono più fate?» domandò un giorno, andando a letto, il piccolo Giorgio, con la mente ancora tutta piena delle meravigliose visioni che i racconti di Perrault vi avevano fatto nascere.
«Perché non vi sono più i bimbi buoni», rispose la giovane madre, tanto per uscire d'impiccio. «Ogni monelleria di bimbo uccide una fata, e i fanciulli di oggi ne hanno fatte tante che, di fate, non ve ne sono rimaste più».
Così ha inizio questa breve fiaba per bambini.
Davanti alle parole terribili della sua mamma, il piccolo Giorgio non ci sta, e decide quella sera stessa di far qualcosa. Deve trovare almeno una fata, deve permetterle di tornare in vita. Ma come fare? Come trovare il luogo in cui sono sepolte queste magiche creature?
Giorgio è un bimbo tenace e risoluto, e così, presa la sua sciabola di stagno e sellato il suo minuscolo poney Fiocco di Neve, parte all'avventura, come una sorta di piccolo cavaliere errante. Seguendo l'incantevole canto di un usignolo, Giorgio giunge davanti a una tomba di marmo bianco, intorno alla quale s'innalzano undici colonne di marmo nero, e sulla tomba è presente un'iscrizione che invita il viandante a compiere qualcosa di ben preciso per far tornare in vita la fata addormentata. Riuscirà il bambino a trovare un modo per adempiere alla sua missione?
L'ultima fata è una tenera fiaba per bambini che si legge in un soffio. Tra usignoli dal bel canto, topini bianchi da seguire, una vecchia maga, castelli e fanciulle, e misteri da risolvere, riuscirà sicuramente a incantare grandi e soprattutto i più piccini. Solo un sogno o una vera avventura? Chissà.
Più che la trama in sé che richiama le caratteristiche peculiari di tutte le fiabe, l'aspetto interessante di questo breve volumetto sta nella sua genesi.
Pubblicato a Parigi nel 1909 con il titolo Le dernière fée. Conte pour les enfantes, era nato con uno scopo ben preciso: la pubblicità di un prodotto!
Sul finire dell'Ottocento, infatti, Matilde Serao si occupò di alcune pubblicazioni per testate nazionali e internazionali finalizzate alla pubblicità. L'autrice comprese quanto fosse efficace e importante utilizzare la letteratura per promuovere un prodotto commerciale. In questo specifico caso, l'intento era quello di pubblicizzare attraverso una fiaba per bambini la Fosfatina Falières, un prodotto simile ai nostri integratori, adatto ai bambini di 7-8 mesi, ai convalescenti e agli anziani così come si leggeva su «La donna» del 5 giugno 1915. Il libro è anche arricchito da bellissime illustrazioni di Georges Rochegrosse. Insomma, un'intuizione davvero moderna e interessante, non trovate?
- Tu non hai volontà? - domandò direttamente miss Daisy, guardandola negli occhi - Tu non vorresti alcuno, tu, una persona di tuo gusto, di cui fosti innamorata, o una persona per cui tu avessi una irresistibile simpatia?
Di Tre Donne, invece, non ho sentito mai parlare. Anche cercando informazioni c'è veramente poco e niente. La nostra è la prima edizione, pubblicata nel 1905 da Voghera Editore nella piccola collezione Margherita. Diciamo che essendo un libro minuscolo con font molto molto piccolo non è proprio agevole alla lettura, ma sicuramente affascinante, per gli amanti dei libri vintage.
In questo caso ci troviamo nei salotti borghesi dell'epoca, e i personaggi principali sono quattro: tre donne, appunto, e un uomo che funge da collante tra loro.
Abbiamo Miss Daisy, una giovane inglese, sognatrice e romantica, che vuole sposarsi solo con chi ama e la ricambia veramente, altrimenti può far la tragica fine dell'Ophelia Shakespeariana. C'è Donna Clara, la quale invece è più pragmatica, ha bisogno di un matrimonio per convenienza, per una questione puramente di soldi, perché così è obbligata a fare. E, infine, Donna Maria, che appare ben diversa dalle precedenti: sempre vestita di nero, sicura di sé, dal sorriso feroce e sicuramente capace di non lasciarsi mettere i piedi in testa dagli uomini, anzi, sembra guidare lei i rapporti, né si sente obbligata a seguire rigide convenzioni sociali.
- I sogni sono la vita -
A unirle c'è Don Francesco, principe bello di forza e bello di grazia, diffidente e annoiato, capace di conquistare le fanciulle con i suoi modi galanti e persuasivi; ma allo stesso tempo di arrendersi, quasi a divenire una marionetta, nelle mani di colei per cui prova un sentimento.
Non so ben spiegare questo testo, lo ammetto, ma ci sono molti aspetti che mi hanno colpita. Non ci sono grandi eventi o descrizioni, ma è strutturato in tre parti: una prima in cui è tutto ambientato durante un ballo di società, una seconda, in cui Don Francesco, presso la propria dimora, legge le lettere delle tre donne; e infine, un'ultima parte con l'incontro tra l'uomo e donna Maria.
Ho trovato una bellissima caratterizzazione delle tre donne, ognuna differente dall'altra. Mi sono ritrovata nella sognatrice (ma va?), ma ammetto di aver sorriso nel notare come l'uomo, che fino a quel momento sembrava essersi preso gioco di fanciulle, venga ugualmente usato da una donna molto più sicura di sé. Ho trovato molto interessante anche l'uso dei fiori: se nei confronti di Daisy e Clara, è Francesco a chiedere loro un dono da conservare, spingendole a commettere anche dei gesti non in linea con i dettami del tempo, dall'altro lato è Maria che, invece, prende il controllo. E lei che non spende tempo a scrivere lettere voluminose di passione e amore, ma a lui chiede un fiore. Mi ha lasciato addosso, però, anche una sorta di amarezza, per come è facile giocare con i sentimenti altrui.
Leggendo la vita della Serao, mi è venuto però da domandarmi: e se Maria fosse un po' il suo riflesso? In effetti, la scrittrice era una donna molto indipendente, con modi schietti che non erano molto in linea con le regole dei salotti mondani di fine Ottocento. Se prendiamo Daisy e Clara, sono sottoposte a rigide strutture della società. Soprattutto quest'ultima, obbligata a sposare qualcuno che non ama solo per soldi. Maria, invece, appare una donna del tutto indipendente, a cui non importa granché delle regole sociali: basti pensare che, per esempio, sceglie un abito scuro per presentarsi al ballo, considerata una cosa strana.
Insomma, è una lettura che ho trovato molto interessante, e che mi porta a voler approfondire meglio quest'autrice.
Anche questo libriccino presenta delle illustrazioni di Castellucci e incisioni di Ballarini.
Dite le parole di amore, così, come il mediocre dilettante canta a orecchio, perché avete una bella voce, perché la musica delle parole amorose, fa in voi stesso un gran diletto, perché vi piace ingannare, senza sapere il pericolo dell'inganno, perché voi stesso siete forse in buona fede, credendo di amare. Restate sereno. Io muoio, perché troppo alto era il mio semplice puro ideale. Io volevo essere amata: ciò che è dato all'ultima donna della terra, non mi è stato concesso.
Avete letto qualcosa di Matilde Serao? Cosa ne pensate di questa autrice?