Il giardino delle nebbie notturne, di Twan Eng Tan

17 dic 2021

Libri

Letto per la tappa di Novembre di #LeggerelAsia di samlibrary94, ire_chan_ e withcoffeeandbooks.

Ci sono molti aspetti della cultura giapponese che mi affascinano: uno tra tutti è sicuramente il giardino zen. Non ho conoscenze a riguardo, quindi ne parlo da profana, ma ogni volta che osservo anche solo una foto o una riproduzione di questi giardini giapponesi, ne resto incantata. Il libro di cui vi parlo oggi, pur essendo ambientato in Malesia, profuma tantissimo di Giappone. È una lettura che mi ha tenuto compagnia alla fine del mese di novembre, e mi ha regalato tanta bellezza ma anche orrore. Sì, perché, purtroppo ogni popolo ha le sue luci e le sue ombre, e i giapponesi non sono da meno. C'è la poesia, ma anche l'orrore. La guerra e il terrorismo, ma anche la bellezza dei giardini, o di altre pratiche particolari che possono acquietare un po' l'anima.
Il giardino delle nebbie notturne di Tan Twan Eng è un bellissimo viaggio da percorrere con lentezza, fatto di memoria, di ricordi che stanno svanendo ed è importante bloccare su carta, di cultura, ma anche di espiazione e redenzione. Un libro che consiglio a tutti coloro che hanno voglia di addentrarsi in mondi forse lontani, ma affascinanti, e tra pagine di storia di cui spesso si sa poco o nulla.

Una volta che avrò perduto la facoltà di comunicare con il mondo esterno, mi resterà solo la memoria. I ricordi saranno il banco di sabbia che si staccherà dalla riva sotto la spinta della marea. Col passare del tempo anch'essi saranno sommersi, diventeranno inaccessibili. L'idea mi terrorizza. Perché cosa resta di una persona quando non ha più ricordi? Un fantasma intrappolato fra i mondi, senza identità, senza futuro, senza passato.

© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Teoh Yun Ling, giudice della Corte Suprema di Kuala Lumpur ormai in pensione, decide di tornare a Yugiri, il giardino delle nebbie notturne dove, molti anni prima, fu apprendista del sensei Nakamura Arimoto, maestro dello shakkei, l'arte del paesaggio preso a prestito e, un tempo, giardiniere dell'Imperatore.
Yun Ling soffre di una malattia degenerativa che la porterà pian piano a smarrirsi nelle nebbie ed è per questo che vuole cercare di imprimere su carta la sua vita. Fermare i ricordi, prima che sia troppo tardi.
In un continuo scorrere tra presente e passato, noi conosciamo vari frammenti della sua esistenza. Dalla terribile esperienza in un campo di concentramento giapponese, nel bel mezzo di una foresta, in cui ha perso la sua amata sorella, ai suoi studi a Cambridge, oltre agli anni dedicati a perseguire i criminali di guerra. Perché in lei c'è sempre una ferita, un odio verso i giapponesi che non solo le hanno causato moltissime sofferenze - ancora visibili sulla sua mano - ma le hanno portato via per sempre sua sorella, Yun Hong.
Yun Ling non sa neanche dove è stata sepolta. Non conosce il luogo del campo di prigionia, ed è per questo che si è dedicata tanto nel lavoro presso il tribunale dei crimini di guerra giapponesi.
A un certo punto, però, decide di fermarsi e di recarsi presso gli Altopiani di Cameron, in Malesia, tra le piantagioni di tè del suo amico Magnus, ma anche con uno scopo ben preciso: trovare il famoso giardiniere Arimoto, che allontanato dal Giappone si è ritirato nell'Altopiano malese, e fargli creare un giardino in memoria di sua sorella. Perché è proprio l'amore di Yun Hong per i giardini che ha permesso loro di andare avanti nonostante le violenze subite.
Il primo incontro con l'uomo, però, non va come da lei previsto. L'odio per i giapponesi ancora arde nel suo petto, e Arimoto rifiuta una simile richiesta. Ma poi, decide di prenderla come apprendista fino al prossimo monsone. Yun Ling avrà alcuni mesi per apprendere l'arte del giardinaggio, prendendo spunto dal Sakuteiki - il primo testo conosciuto sull'arte del giardino giapponese - ma soprattutto ascoltando le parole del suo sensei.

«Il giardino deve toccare l'anima. Influenzare il cuore infondendo tristezza, oppure innalzandolo. Deve far riflettere sulla transitorietà di tutte le cose della vita.» le spiego. «Il momento in cui l'ultima foglia è sul punto di cadere, o in cui l'ultimo petalo rimasto sta per staccarsi, quel momento racchiude tutto ciò che di bello e malinconico c'è nella vita. Mono no aware lo chiamano i giapponesi».

Mentre al di fuori risuonano gli echi della guerriglia contro il terrorismo comunista, all'interno di quel giardino tra le montagne, inizierà un vero e proprio percorso anche interiore per la protagonista, che pian piano dovrà imparare a far pace con la rabbia e l'odio, e il profondo senso di colpa per non essere riuscita a salvare anche sua sorella. E pian piano si avvicinerà sempre più a quell'uomo visto come un nemico, ma che in verità la inizierà a molte curiosità sulla cultura giapponese e non solo.
Tra queste pagine, infatti, non si respira solo la bellezza dei giardini zen, ma anche l'arte del kyudo, la Via dell'Arco, e quella dei tatuaggi, horimono.

Il giardino delle nebbie notturne riesce a creare un mix tra poesia e orrore. Se da un lato troviamo tanta violenza e la Storia tragica della Seconda guerra mondiale - con l'occupazione giapponese del sud-est asiatico e anche il riferimento alle ianfu, le donne di conforto che dovettero subire il continuo abuso da parte dei soldati giapponesi - e la guerriglia del dopoguerra, dall'altro lato c'è un aspetto più evocativo, profondo, interiore, un fascino per quella cultura lontana, che spesso possiamo non comprendere appieno, ma che suscita sicuramente il mio interesse.

La Via dell'Arco era molto più che riuscire a colpire un bersaglio. L'obiettivo principale del kyudo era addestrare l'anima, diceva Aritomo, rinforzare la concentrazione attraverso i movimenti rituali che compivamo nello shajo, la pedana di tiro. «Dal momento in cui metti piede sulla linea di tiro, il tuo respiro deve essere regolare» disse. « Il respiro deve assecondare il movimento fino all'istante in cui la freccia lascia non solo la tua mano, ma la tua anima».  

La Via dell'Arco e i giardini giapponesi, sono solo due degli aspetti che mi hanno sempre incantata. Forse è anche per questo, oltre a una storia ben costruita, che ho molto apprezzato questa lettura. Mi sono ritrovata ad assaporarla lentamente, senza fretta, provando a immaginare di essere a Yugiri, in quel giardino che pian piano prende forma, o a seguire con lo sguardo dell'anima il percorso della freccia; a cercare di comprendere i misteri, a scorgere il cambiamento nella protagonista.

Un libro in cui senso di colpa, segreti inconfessabili, memoria e oblio s'intrecciano tra loro; in cui la bellezza della natura e di una cultura d'intenso fascino si contrappongono alla ferocia del secondo conflitto mondiale e del successivo terrorismo, che non risparmia nessuno.

Mi è piaciuto tantissimo, e sicuramente lo consiglio.

Quando si guarda il giardino, si guarda un'opera d'arte.

IL LIBRO

Il giardino delle nebbie notturne
Twan Eng Tan
Casa editrice: Elliot Edizioni
Traduzione di: Manuela Francescon
Pagine: 384
Prezzo: 18.50€
Anno di pubblicazione: 2013
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