Ottobre con... Dacia Maraini
Ultimi mesi del mio progetto sulla letteratura italiana, e io sono anche un po' orgogliosa di me. So già, che comunque, non mi fermerò qui. È solo l'inizio. Anche perché quest'anno ho dato poco spazio alle scrittrici, rispetto ai colleghi uomini, ma ho già recuperato diversi titoli che sicuramente mi terranno compagnia dal 2022.
Il mio caro mese l'ho dedicato a un'autrice che ho avuto modo di ascoltare e vedere dal vivo per ben due volte: Dacia Maraini. Il primo incontro è avvenuto quasi per caso: in una delle librerie della mia piccola città, per pura curiosità. E lì ho sentito subito la voglia di recuperare il più possibile di lei. Diciamo che ci sto lavorando, pian piano! Avendo già letto La bambina e il Sognatore e La lunga vita di Marianna Ucrìa, ho dedicato questa tappa alla lettura di Buio, ma attualmente sto anche leggendo Una rivoluzione gentile. Il secondo è stato più recente, al Salone del Libro. Vi giuro che rimarrei ad ascoltarla per ore, anche perché molto spesso mi trovo perfettamente in linea con i suoi pensieri.
Oggi, però, come da titolo tento di lasciarvi le mie riflessioni su Buio, un libro non facile da assorbire, perché parla di violenza e abusi soprattutto su donne e bambini. Sono tanti frammenti di vite, ripresi anche dalla cronaca nera, in cui l'autrice non vuole spingere alla facile commozione o commiserazione. Tuttavia, riesce a scatenare qualcosa dentro: indignazione, rabbia, ma anche riflessioni sulla società, sull'umanità. Con questo libro, poi, Dacia Maraini ha anche vinto il Premio Strega nel 1999.
«Bisognerebbe sempre credere ai bambini prima che agli adulti.»
«E se mentono?»
«Vale la pena di correre il rischio.»
Buio è una raccolta di dodici storie che sono connesse tra loro da un tema e da un personaggio che fa da collante. Si parla di violenza, abusi, di solitudine, e menzogne, del trincerarsi dietro un'idea malata di amore - che amore non può mai essere - e dell'incapacità, spesso, delle vittime di riuscire ad aprire gli occhi, di allontanarsi da chi fa loro del male.
Il personaggio che unisce un po' tutte le storie è la commissaria Adele Sòfia, una donna che ha un qualcosa di matronale e bambinesco insieme, che mastica senza sosta dei pesciolini o tronchetti di liquorizia, mentre osserva con attenzione, umanità e rispetto, e anche una dolce fermezza, qualsiasi persona che le compare davanti. Adele non si volta dall'altra parte, non si lascia corrompere, persegue la giustizia. Ma non siamo di fronte a dei gialli/polizieschi. Adele resta un po' sullo sfondo, di lei sappiamo poco, perché in pieno risalto sono appunto le vittime, le loro storie, e un ritratto purtroppo ancora attuale della società.
Lo stile di Dacia Maraini è privo di orpelli. Racconta i fatti nudi e crudi, con una prosa scarna, secca ed essenziale. Ma allo stesso tempo la narrazione riesce a graffiare l'anima, scuotere le coscienze, far tremare il cuore e turbare la mente del lettore.
I fatti narrati non sono lontani dalla realtà. E difatti, sono anche un po' il riflesso di quella che era ed è, purtroppo, tutt'ora la cronaca nera. Eventi terribili che molto spesso si leggono di sfuggita, quasi con superficialità, e a cui è facile voltare le spalle. Sì. A volte, per paura di perdere il posto di lavoro, o di rischiare la tua stessa vita, non vai oltre, fingi di non vedere, ti nascondi tra le tue ombre.
... non ho fiatato nemmeno io. E invece avrei dovuto subito protestare. Ma quanti non lo fanno per paura di perdere il posto. Siamo vili questo è proprio vero, come dice la commissaria Adele Sòfia: ognuno per sé e male per tutti.
Il buio. Quel salto nell'ignoto. Quelle ombre che possono rivelare mostri pronti a prenderti all'improvviso.
Il buio. Quanto fa paura ai bambini?
Quanto può fa ancor paura agli adulti?
Il buio di un'anima corrotta dal germe del male.
Il buio della morte, che trascina via con sé vittime vulnerabili, lasciate sole, illuse.
Il buio in cui sembrano sprofondare i bambini che troppo spesso si fidano genuinamente degli adulti, anche di quelle persone che dovrebbero amarli, sangue del loro sangue, o che comunque dovrebbero occuparsi della loro salute.
Se penso all'amore lo penso tutt'uno col dolore...
La difficoltà delle donne nel capire che se un uomo tenta di ucciderle, le riempie di botte, non può amarle. Quello non è mai amore o addirittura troppo amore. Anche qui è come se ombre su ombre chiudessero loro occhi e menti. La sopraffazione dell'uomo che pensa di essere il proprietario della donna, che vuole sottometterla, che la picchia e poi la notte dice di amarla e l'abbraccia, per poi tornare a farle male il giorno seguente. Quanto siamo fragili? Quanto facilmente tutte siamo un po' cadute in quella parvenza di amore, che in verità nascondeva solo dolore, e violenza fisica ma anche mentale? E quando lo stai vivendo, quando non lo vedi solo dall'esterno, non è facile aprire gli occhi. Lui ti ama, anche se ti tratta male. Tu lo ami, e non vuoi perderlo, anche se ti fa sentire usata. Ma no, quello non è amore, anche se a volte vorresti crederlo con forza.
In alcuni racconti, ci sono proprio alcune donne che si domandano: se il mio uomo viene ogni notte a letto con me, come può abusare dei nostri figli? Ama me, non può volere i suoi figli maschi!
O ancora. Mi picchiava e mi faceva compiere cose assurde con i suoi amici, ma poi mi accoglieva di nuovo tra le sue braccia. Ormai amore e dolore sono un tutt'uno. Eppure anche lì, la donna dovrà avere il coraggio di slegarsi totalmente dalla relazione tossica, e ritrovare se stessa, la sacralità del suo corpo violato.
Il bigottismo della Chiesa, che pur di evitare scandali, allontana una figlia appena nata da sua madre, per chiuderla in un freddo orfanotrofio. Una suora, anche se violentata, non può avere figli, no?. E che importa se quella donna ama profondamente quella creatura senza colpe, e senza di lei il suo cuore è spezzato?
Ma il cuore è morto e giace nel petto come dentro un sarcofago.
La difficoltà e chiusura di un padre che non può accettare l'omosessualità di un figlio. Si può arrivare a uccidere perché non si accetta che anche quello è amore?
Sono storie che fanno tanto male, ma che allo stesso tempo purtroppo non sorprendono. Ed è molto triste dirlo.
La violenza continua ancora a esserci intorno a noi, anche se tendiamo a voltarci dall'altra parte, o se blocchiamo leggi che potrebbero aiutare a frenarla. Questo libro è del 1999, eppure ancora oggi queste cose accadono, e forse anche in forme più violente. E davanti a un mondo che va sempre più avanti - almeno tecnologicamente parlando - è assurdo notare quanto la mentalità sia sempre più bigotta e torni indietro, anziché aprirsi.
È una narrazione che, però, non punta alla mera voglia di far piangere, commuovere, o instillare una reazione esagerata per poi svanire girata l'ultima pagine. Vengono narrati i fatti così come sono, e ognuno di noi è chiamato poi a fare le dovute riflessioni. Sì, perché qualcosa scatta dentro.
Come è ovvio che sia, le storie che hanno come protagonisti i bambini forse sono le più forti da leggere. Vengono introdotti anche oggetti o animali che in qualche modo rendono ancora più duro quello che andrai a leggere. E gli uomini stessi, queste belve fameliche, assumono proprio delle sembianze animalesche. L'uomo che sembra un piccione agli occhi di un bambino lasciato solo in casa, e che prende a cuore quelle creature, lasciandosi così ingannare da quell'uomo dalle scarpe gialle che assomigliano a zampe di piccione.
Che sia un piccione gigante?
Un orso di peluche che una bambina continua a stringere al suo cuore, nonostante i tanti uomini che entrano in quella stanza chiusa e buia, abusando del suo corpicino. E c'è una rassegnazione. Un corpo che si fa di sasso, per non urlare, non strepitare, sopportare tutto in silenzio per non ricevere botte, per far arrivare i soldi alla propria famiglia, perché così le hanno promesso.
Nel buio della stanza aspetta che il suo corpo di sasso torni a farsi carne. Ma i sassi non si sciolgono. Rimangono sassi in eterno. È così che ora vede le sue braccia, lontanissime da lei e pesanti come rocce, le sue gambe di pietra, che non riesce a spostare. Il suo ventre è un macigno che giace immobile e indifferente come sono le pietre, su quel letto estraneo e gelato.
Un'ochetta di legno, fida compagna al momento del bagno, che poi svanisce, così come la luce nel corpo di una bimba muta, che sembra ancor più piccina a causa della sua malattia, e che nonostante tutto viene abusata da chi dovrebbe aiutarla.
O ancora il ricordo ancora cocente e doloroso di un bambino che, ingannato da una finta gentilezza, viene portato a far una doccia dal nazista in un campo di concentramento. Un dolore e un'immagine che riaffiora quando il destino ti mette di nuovo nella stessa strada della bestia che vive tranquilla la sua vecchiaia, incurante di tutta la sofferenza compiuta.
Ma sono tante le stanze buie che compaiono in questo libro. Anche se a volte, il buio diventa quasi un amico capace di salvarti la vita.
Buio non è una lettura facile. Per niente.
Devi essere emotivamente pronto a conoscere queste vite spezzate, il dolore, la rassegnazione, l'infanzia negata o rubata, la sopraffazione dell'uomo sulla donna, o ancora la violenza anche da parte di persone del tuo stesso sangue.
Eppure ancora una volta Dacia Maraini è riuscita con le sue parole a far breccia dentro di me, portandomi a riflettere su tante cose, o provando piena sintonia con certe frasi dette dalla sua Adele.
Non è una lettura da fare a cuor leggero o in momenti non proprio facili della propria vita, e soprattutto non aspettatevi racconti con descrizioni particolari o una minuziosa indagine psicologica. No, sono casi di cronaca che possono essere assolutamente reali, in cui a volte i sospettati neanche finiscono in galera per mancanza di prove o escono dopo pochi anni, riprendendo tranquillamente la loro vita - dopo averne spezzata una -, ma è una lettura che comunque consiglio.
Perché, infine, ti insegna anche tanto.
Non c'è giudizio, ma porta a compiere profonde riflessioni sui vari temi toccati e, purtroppo, ancora attuali.
Fa riflettere sull'importanza di dare ascolto ai bambini, perché difficilmente possono mentire.
Su cosa sia l'amore. E no, se ti dà uno schiaffo, se abusa di te, se ti tormenta anche psicologicamente e a questo segue una carezza, un abbraccio, o un rapporto, non è amore.
Su quanto spesso i colpevoli siano persone vicine, o apparentemente gentili e degne di fiducia. Quante volte è più facile dare la colpa a un clandestino o a chi ha uno stile un po' strano?
L'amore vero non è mai peccato. L'amore è sempre amore. E non sono frasi fatte, se soltanto la gente lo capisse.
Bisognerebbe aprire occhi, mente e cuore. Smetterla di nascondersi dietro una religione, o le proprie idee spesso malsane. Provare a capire. Perché se solo lo si volesse, si potrebbe uscire dal buio dell'ignoranza e del bigottismo. E forse, dico forse, il mondo potrebbe essere un posto più civile e bello in cui vivere.
Vorrei scrivere molto di più, ma mi sono già dilungata. Sono argomenti in cui spenderei fiumi di parole, anche se a volte ho un po' difficoltà nel farlo.
Se avete occasione di ascoltare la Maraini dal vivo, non perdetela.
È stato un piacere leggerti, Dacia, e non so quanto io sia riuscita a esprimere al meglio i miei pensieri su questo libro. Spero di sì.
Continuerò a scoprirti in altri libri.