Lettura per la tappa di agosto della #readingthedarkchallenge di sonosololibri e louchobi su instagram, a tema: un horror/weird/gotico italiano.
Sono giorni strani in cui mi sento bloccata e colta da un'estrema sensazione di stanchezza, e non so nemmeno io il motivo. Faccio una fatica assurda a scrivere recensioni, a pormi al pc in uno stato d'animo positivo. Mi arrabbio facilmente, non sopporto più i rumori. Anelo al silenzio. Ma, ecco, vivere in una grande città, e avere davanti casa i lavori per il parcheggio non aiuta. Quindi, non vi garantisco di riuscire a scrivere qualcosa di sensato, ma ci provo. Io speriamo che me la cavo, insomma, no?
Oggi vi voglio parlare di un romanzo gotico italiano che ho letto per la tappa di agosto della Reading The Dark Challenge che sto seguendo su Instagram. C'era un libro che in particolare aveva attratto con forza la mia attenzione e per cui avevo molte aspettative: Malombra, di Antonio Fogazzaro.
Come è andata la lettura? Insomma, son sincera. Ho avuto alti e bassi, momenti in cui le pagine scorrevano rapide, altri in cui c'era una stasi che mi portava anche alla noia. In più di un'occasione volevo mollarlo, ma allo stesso tempo mi dispiaceva perché in primo luogo volevo conoscere il finale, e in secondo luogo c'erano delle descrizioni e dei personaggi così potenti e vibranti da non volerli lasciare prima del tempo. Così ho tenuto duro, e alla fine sono contenta di averlo letto, nonostante non sia finito tra i miei libri preferiti.
La ritengo, comunque, una lettura da fare per tutti coloro che desiderano seguire un percorso oscuro tra i romanzi gotici!
Il cielo era lucido come il cristallo. La luna falcata sorgeva a sinistra sopra alte montagne, illuminava debolmente a' lati della finestra una grande muraglia grigia, severi profili di alte finestre; la grande muraglia cadeva a piombo in uno specchio terso d'acqua distesa e chiara a ponente verso umili colline, oscura dall'altra parte. Si udivano alle spalle stormire foglie non viste; soffi leggeri correvano, si spandevano, svanivano sull'acqua.
Malombra è il primo romanzo di Antonio Fogazzaro, pubblicato nel 1881.
Siamo nel 1864 in un paese non ben precisato - citato solo con un'iniziale R... - sulle rive di un lago lombardo. Qui giunge, proveniente da Milano, il giovane Corrado Silla, uno scrittore squattrinato, chiamato dal Conte Cesare D'Ormengo per adempiere a un compito ben preciso: la scrittura di un trattato scientifico-letterario. In verità, il Conte era stato un caro amico della madre del giovane, e decide di accoglierlo così nel suo Palazzo e offrirgli questo lavoro, conoscendo anche i suoi problemi economici.
In quella tetra dimora, risiede anche la bella e giovane Marina Crusnelli di Malombra, nipote da parte di madre del conte Cesare. Rimasta ben presto orfana di entrambi i genitori, Marina è stata costretta ad abbandonare la bella vita mondana di Parigi - e il suo desiderio di viaggiare - per essere rinchiusa nella tana dell'orso, nel Palazzo di quello zio severo e burbero, che disprezza l'arte, la musica e la poesia, e non sembra rivolgere nessun moto di affetto.
Sin dal suo arrivo, si nota subito il carattere di Marina, vera e propria protagonista del romanzo: d'animo ribelle, fiero e indomito, ma anche superba e irrequieta, di una sensualità che sconvolge ben presto i sensi del co-protagonista, Corrado.
Marina ama le onde e la tempesta, pertanto al suo arrivo chiede una stanza che si affacci proprio sul lago: l'unica disponibile è quella in cui aleggia ancora una strana e oscura leggenda: lì, infatti, è stata rinchiusa la prima moglie del padre del Conte, che ben presto impazzì - secondo alcuni il diavolo aveva preso il possesso della sua anima - e morì proprio in quel sito. Il suo nome? Cecilia Varrega di Camogli.
Un giorno la giovane, nel tentativo di trovare uno dei suoi anelli, scova per caso degli oggetti misteriosi: un libro di preghiere, uno specchietto piccolissimo con la cornice d'argento, una ciocca di capelli biondi legati con un brandello di seta nera e un guanto. E con essi un foglio con le ultime parole di ricordo e di vendetta di Cecilia: costei invita chi troverà quegli oggetti a compiere una sorta di rituale affinché il suo spirito possa reincarnarsi e vendicare la sua ingiusta morte.
Tu che hai ritrovato e leggi queste parole, conosci in te l'anima mia infelice.
Per una serie di coincidenze - o forse mossa proprio dallo spirito di Cecilia? -, e anche per un animo sempre più turbato da restrizioni, Marina crede davvero di essere la reincarnazione della sua antenata. Ed è da lì in poi che si crolla inesorabilmente in un vortice di follia, che coinvolgerà pian piano i vari personaggi del romanzo, in modo particolare il Conte e Corrado.
Malombra è un romanzo che avrei voluto amare, e per molti aspetti è riuscito a colpirmi molto.
Le descrizioni dei luoghi che molto spesso s'identificano con gli stati d'animo dei vari personaggi, e la figura di Marina sono i due aspetti che ho più apprezzato. Ci sono immagini potenti che restano impresse: come quella in cui Marina e Corrado incrociano gli sguardi, illuminati da un lampo nel bel mezzo del lago...
Nello stesso punto un lampo spaventoso divampò per tutto il cielo e pel lago biancastro, per le montagne di cui si vide ogni sasso, ogni pianta scapigliata. Marina sfolgorò davanti a Silla con i capelli al vento e gli occhi fisi nei suoi. Era già buio quando egli ne sentì nel cuore il fuoco.
...o nel finale Marina nel suo abito meraviglioso che mette in scena l'ultimo atto di assoluta follia:
Vestiva un abito ordinato da lei alla sua antica sarta di Parigi che ne conosceva bene l'umor bizzarro, un ricco e strano abito di moire azzurro cupo, a lungo strascico, da cui le saliva sul fianco destro una grande cometa ricamata in argento. Sul davanti della vita accollata, attillatissima, era inserto un alto e stretto scudo di velluto nero e arditamente traforato nel mezzo, in forma di giglio, sulla pelle bianca. Marina non era più così pallida; un lieve rossor febbrile le macchiava le guance; gli occhi brillavano come diamanti.
Marina, questa sorta di Femme Fatale, seducente e sensuale, che non si lascia sottomettere dal volere degli uomini, ma anzi sembra ribattere e in un certo senso usarli, è il personaggio che più ho amato e di cui più desideravo leggere. I momenti segnati dalla sua assenza, infatti, sono stati quelli a mio avviso più lenti. Volevo andare avanti, volevo leggere di lei. Del suo essere in bilico tra lucidità e follia, tra fragilità e forza, tra malinconia e odio, tormentata da fantasmi e superstizioni, in quella discesa troppo rapida nella follia, che rischia di distruggere non solo le vite altrui, ma anche la propria.
Allo stesso tempo però, come dicevo, ho avuto anche dei momenti in cui volevo bloccare la lettura e passare ad altro. Forse l'ho letto in un periodo di gran stanchezza, o forse, semplicemente lo stile non così semplice di Fogazzaro non ha aiutato. Del resto, siamo di fronte a un romanzo di fine Ottocento, colmo di parole desuete, e non sempre così scorrevole. È una di quelle letture da non prendere alla leggera: ha bisogno dei suoi tempi, della sua lentezza, e dovuta attenzione. Ci sono momenti in cui il testo si presenta ricco di riflessioni di natura religiosa, soprattutto nei capitoli riservati - in particolare - ad altri personaggi: tra tutti, sicuramente, il segretario del Conte, Steinegge, sua figlia Edith e Don Innocenzo.
La religione, infatti, si contrappone allo spiritismo, alla curiosità per l'occulto, e può rappresentare un'ancora di salvezza.
Edith in particolare è collocata al lato opposto di Marina. Se quest'ultima incarna l'odio, la vendetta, la follia e quindi - a mio avviso - un'aura tenebrosa, Edith con la sua purezza, sottomissione, ed estrema luminosità appare più “luminosa”. Nel leggere di loro, ho visto - quindi è un mio parere - proprio una contrapposizione tra tenebre e luce. Anche se, alla fine, Edith non riesce a conquistare - almeno non me -.
Altri tocchi di colore e luce sono sicuramente i personaggi secondari, quelli del popolo, ma anche della nobiltà - come i parenti del Conte, i Salvador -. Tramite l'utilizzo di vari dialetti, Fogazzaro riesce a donare un forte tocco di realismo, e anche dei momenti più goliardici, se così si può dire.
Eppure, per quanto mi riguarda, tutto scompare di fronte a Marina, alla sua follia, e all'amor tormentato per l'inetto a vivere Corrado. I loro momenti sono quelli che ho avuto più piacere di leggere, e che mi hanno spinta a non abbandonare tutto.
È un romanzo che mi sento di consigliare a tutti gli amanti del Gotico, e che va sicuramente scoperto anche solo per aggiungere al nostro bagaglio culturale un altro esponente della nostra letteratura. Ma dobbiamo approcciarci nel giusto modo: sapendo di andare incontro a un tipo di narrazione non proprio così scorrevole, a tratti un po' lenta e pesante, ma capace anche di creare delle descrizioni - che per quanto lunghe e dettagliate - possono donare intense emozioni.