Lettura di Settembre per il mio progetto #aTeatroconShakespeare.
Dopo la letteratura italiana torniamo al mio secondo progetto sul teatro di William Shakespeare!
L'opera di Settembre è il Giulio Cesare, la prima ad affrontare l'epoca romana. Diversi anni dopo seguirono Antonio e Cleopatra e Coriolano. Per quanto mi riguarda è stata un ri-lettura che ho di nuovo apprezzato molto!
Dramma politico, o ancor meglio, della retorica politica: la forza della parola diventa il mezzo per fare la Storia.
Fonti
- Fonti principali sono le Vite Parallele di Plutarco: in modo particolare la Vita di Giulio Cesare, la Vita di Bruto e la Vita di Antonio, nella versione inglese del 1579 di Sir Thomas North.
- Ma Shakespeare potrebbe aver tenuto presente anche i lavori di altri storici romani: Appiano, Sallustio, Tacito, Svetonio, Velleio Patercolo...
- Altro spunto potrebbe essere la narrazione in versi della vicenda di Cesare, di John Higgins contenuta nel The Mirror for Magistrates.
Pensieri sull'opera
Bruto: [...]
Se poi quell'amico domandasse perché Bruto si è levato contro Cesare, questa è la mia risposta: non perché amassi Cesare di meno, ma perché amavo Roma di più.
Come dicevo nell'introduzione, il Giulio Cesare è il primo dramma autenticamente romano, andato in scena nel 1599 ad inaugurare il nuovo teatro della sua compagnia - i Lord Chamberlain's Men - The Globe.
Shakespeare nelle precedenti opere a carattere storico - in riferimento alla storia inglese - aveva già trattato del tema della legittimità o meno di uccidere un sovrano. Ma l'Inghilterra in quegli anni viveva anche in un momento di incertezza politica. La sovrana, Elisabetta I, infatti, rischiava di morire senza eredi, e questo presentava un problema di successione al trono e un pericolo per il futuro politico dello Stato, che poteva forse essere colpito da una guerra civile simile a quella scatenatasi a Roma dopo le Idi di Marzo.
È in questo contesto che Shakespeare si dedica al recupero dell'epoca romana. Prendendo come spunto Le Vite Parallele di Plutarco, il bardo ci trasporta con sé nella Roma antica. Cesare, dopo aver sconfitto Pompeo, viene portato in trionfo tra le strade della città, ma ci sono anche animi che covano nell'ombra, scossi da invidia e turbamenti interiori. Tra questi sicuramene Cassio e Bruto, due personaggi differenti per pensieri e azioni, ma che si ritrovano a unirsi per compiere un gesto drammatico: l'uccisione di Cesare. Se Cassio è mosso dall'invidia, Bruto - un primo modello per il futuro Amleto - è mosso da altri e più importanti ideali: dalla democrazia, al bene comune, alla libertà contro la tirannia che sembra sempre più emergere da un uomo che tanto ama. Ma appunto per tale sentimento, è lacerato da profondi turbamenti. Vorrebbe uccidere solo lo spirito monarchico e ambizioso di Cesare, e non il corpo. Eppure, pian piano, si lascia plagiare dall'abilità persuasiva di Cassio, che - come farà in modo ancor peggiore il perfido Iago nei confronti di Otello - riuscirà a convincerlo a compiere quel gesto terribile. Bruto, infatti, è l'unico che può conferire valore e legittimità all'azione.
Nonostante i presagi in cielo, i sogni di sua moglie, e gli avvertimenti di alcuni indovini - Guardati dalla Idi di marzo -Artemidoro:
Cesare, guardati da Bruto. Sta' attento a Cassio. Non avvicinarti a Casca. Tieni d'occhio Cinna. Non fidarti di Trebonio. Fa' attenzione a Metello Cimbro. Decio Bruto non ti ama. Hai fatto torto a Caio Ligario. Tutti questi uomini hanno un solo proposito, ed è rivolto contro Cesare.
Se non sei immortale, guardati intorno. L'eccessiva sicurezza apre la strada alla cospirazione. Gli dèi onnipotenti ti difendano!
Tuttavia il momento più importante e suggestivo è sicuramente il differente discorso portato in scena da un lato da Bruto e dall'altro lato da Antonio. È qui che si riflette il tema principale dell'opera: la retorica politica, l'abilità nell'usare le parole, nel ricreare una sorta di finzione teatrale in cui entrambi, in modi diversi, cercano di dare la loro versione dei fatti. Se da un lato, però, Bruto chiede subito il silenzio del popolo al fine di far comprendere le sue ragioni sull'atto commesso e cerca di essere del tutto sincero, dall'altro Antonio è più abile a infiammare gli animi della folla. Quest'ultima è spinta a credere di essere protagonista. Un popolo volubile, che passa da acclamare prima l'uno, per poi spingersi verso l'altro. Antonio recita, coinvolge il suo pubblico, scende in mezzo alla gente, la conquista, a discapito dei congiurati, ma l'odio della folla si riversa anche su vittime innocenti. Da “appendice di Cesare”, Antonio acquisisce un ruolo di primo piano, grazie alla sua orazione funebre. Dal suo discorso infatti inizia la discesa degli “assassini di Cesare” e il tramonto dell'idea di Repubblica.
Di azioni ce ne sono poche, è tutto incentrato sull'arte della retorica, sulla persuasione politica.
La bellezza del teatro Shakespeariano sta ancora una volta nel non dare egli stesso una determinata interpretazione, ma permettere a noi, il suo pubblico, di avanzare le nostre idee, di spingerci verso Bruto o verso Antonio, a seconda anche del nostro credo politico e morale.
Bruto è solo un assassino o un difensore della libertà del popolo stesso?
E Cesare? Stava davvero per divenire un tiranno? Non ha rifiutato la corona per ben tre volte?
Il nome di Cesare echeggia costantemente nei cinque atti. Ed è proprio per questo che nonostante svanisca subito come presenza fisica, resta comunque uno dei protagonisti. Se non il protagonista.
Il Giulio Cesare non è solo una cronaca storica, ma ancora una volta c'è anche un'indagine più profonda del comportamento umano. Shakespeare trasporta così la problematica storica sul piano dell'umanità, sul conflitto tra mondo morale e mondo politico.
Individui soli, mossi anche da nobili ideali, che vengono però spazzati via dal vento della Storia, dalle errate interpretazioni di gesti, parole ed eventi, o da una vendetta divina.
E voi, state con Bruto o siete conquistati da Antonio?
Personalmente, almeno in quest'opera, il mio cuore va al nobile spirito di Bruto. Sì, forse sbaglia nel suo gesto, ma i suoi ideali sono più simili ai miei. Antonio appare come quel politico capace di ammaliare le persone con le sue parole, ma allo stesso tempo di ingannarle per i suoi fini personali e politici, da ottimo attore qual è. Poi, è pur sempre il mio pensiero!
Ho letto l'opera nella traduzione di Flavio Giacomantonio per Newton Compton.
Alcune informazioni le ho prese anche dal libro di Giorgio Melchiori: “Shakespeare. Genesi e struttura delle opere” e da alcune lezioni di Cesare Catà.
Voto: ♥♥♥♥