Uomini e no, di Elio Vittorini

27 ago 2021

Libri

Agosto con... Elio Vittorini

Il mio viaggio nella letteratura italiana ad Agosto mi ha portato a Milano, nel mite inverno del 1944, tra terribili scontri tra partigiani e nazi-fascisti, e il contrastato amore tra Enne2 e Berta. Ma è stato soprattutto un viaggio psicologico, riflessioni importanti su quella che può essere definita umanità e la non-umanità. Tutti siamo uomini, e tutti abbiamo dentro di noi delle forze contrastanti che possono spingerci a fare del bene o a compiere del male. Uomini e no.

Questo caldo mese estivo, quindi, l'ho dedicato alla scoperta di Elio Vittorini, di cui non avevo mai letto nulla. Ho scelto di iniziare da Uomini e no, perché è dedicato a un tema a me caro: quello della Resistenza. Ma tra queste pagine troverete più resistenze. Qualcosa che va oltre la Storia.

Nonostante uno stile particolare, caratterizzato soprattutto da descrizioni scarne, molti dialoghi e l'uso di numerose ripetizioni, questo libro mi è piaciuto moltissimo. È una di quelle letture che al di là del tema, fanno riflettere su qualcosa di più ampio, e per questo anche attuale: in questo caso sull'Uomo stesso e sul concetto di umanità opposta alla brutalità, due caratteristiche entrambe insite negli uomini e nelle donne di ogni tempo.

  «Tu sei nato perché io l'ho voluto,» disse lei.
«Io sono nata,» disse, «e subito ho voluto che anche tu ci fossi. Non volevo essere al mondo senza che tu ci fossi.»

 

© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


Ho fatto passare qualche giorno prima di riuscire a scrivere pensieri su questo libro. E ora che l'ho lasciato sedimentare dentro di me, mi accorgo che mi è piaciuto ancor di più della sensazione avuta voltando l'ultima pagina. Forse perché ha aperto a delle riflessioni profonde, che hanno importanza anche oggi.

Uomini e No di Elio Vittorini è considerato il primo romanzo sulla Resistenza: scritto nel 1944, e pubblicato dalla casa editrice Bompiani nel 1945, subito dopo la Liberazione.
Tuttavia è errato definirlo un elogio alla Resistenza o una celebrazione. Tra queste pagine c'è sì la Resistenza partigiana contro il Nazi-Fascismo, ma non solo. Si parla di tante piccole resistenze anche più private e personali, ma soprattutto c'è un'analisi profonda sulla natura umana.

Il libro è articolato in capitoli brevi, che alternano uno stile più rapido, fatto di azione e una successione di dialoghi, e uno più lento, più riflessivo, quasi onirico, scritto in corsivo dove è l'autore che, parlando delle vicende del protagonista, tenta di esplorare ancor più le azioni degli uomini, e la profondità dell'animo umano. Nei capitoli in cui si svolgono le vicende dei partigiani, degli offesi e dell'amore impetuoso e complicato dei due protagonisti, quindi, le pagine scorrono veloci, quasi non riesci a star dietro alla scia di eventi e sangue che si sussegue. Ma poi hai dei momenti di stasi, in cui ascolti le parole dell'intellettuale, dello scrittore, e rifletti anche tu sui temi toccati, soprattutto sul concetto di Bene e Male, di Umanità e Bestialità, che sono elementi insiti in tutti gli uomini e le donne.

È infatti su questo che si concentra il titolo stesso dell'opera: non vuole essere una distinzione netta tra esseri umani e non, bensì un concetto diverso. Siamo tutti uomini (o donne), ma possiamo essere anche non-uomini (non-donne) sulla base delle nostre scelte e azioni.
Dentro di noi c'è un lato umano e uno bestiale, ed è vitale la scelta che facciamo nei confronti degli altri, e che determina anche la nostra umanità e solidarietà o assenza.
Ci sono uomini che sentono, che provano qualcosa dentro, emozioni umane, e altri uomini che diventano ordigni, che non conservano nulla dentro di sé, che compiono determinate azioni perché quello sembra essere il loro ruolo. Senza umanità, senza solidarietà, senza un'emozione.

Non possiamo desiderare che un uomo sia felice? Noi lavoriamo perché gli uomini siano felici. Che senso avrebbe il nostro lavoro se non servisse a rendere gli uomini felici? È per questo che noi lavoriamo. Non è per questo che lavoriamo?

Protagonista della storia è Enne2, capitano dei GAP (Gruppi di azione patriottica) a Milano. Un uomo tormentato non soltanto dalle azioni da compiere per la Libertà dal Nazi-Fascismo, ma anche da un amore che non può vivere. È, infatti, innamorato di Berta, che lo ricambia, ma che a lui non riesce mai a concedersi del tutto, perché fermata dal senso di colpa verso suo marito. Berta ama Enne2, ma non riesce a trovare il coraggio di lasciare l'uomo con cui è sposata, costantemente in bilico tra quello che secondo lei è corretto fare, e l'amore vero. La trama quindi si articola lungo questi due fili conduttori: da un lato le azioni partigiane che hanno delle terribili conseguenze anche sui civili innocenti (per ogni tedesco morto, verranno uccisi almeno 10 italiani), dall'altro questo amore tormentato tra i due che si cercano e trovano costantemente, ma che non riescono mai a essere veramente felici.

Ma, come dicevo, il fulcro fondamentale è proprio questa analisi dell'animo umano che si riflette in varie immagini, alcune davvero orribili, ma che mettono in luce la differenza tra chi resta umano, e chi no. Diversi sono i momenti da citare: come la visione dei corpi senza vita riversi sulla strada presso Largo Augusto, donne, ragazzini, uomini, ma anche un anziano e una bambina. Vite spezzate dalla follia Nazi-fascista, una rappresaglia ignobile. Eppure, la morte acquista un senso, uno scopo ben preciso: la liberazione dall'oppressione. Non bisogna piangere, bisogna continuare ad agire. È una scena che scuote molto Berta, quasi un modo per comprendere che anche lei ha bisogno di liberarsi da quel legame che la opprime, che non la fa sentire libera.

Chi aveva colpito non poteva colpire di più nel segno. In una bambina e in un vecchio, in due ragazzi di quindici anni, in una donna, in un'altra donna: questo era il modo migliore di colpire l'uomo. Colpirlo dove l'uomo era più debole, dove aveva l'infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la sua costola staccata e il cuore scoperto: dove era più uomo. Chi aveva colpito voleva essere il lupo, far paura all'uomo. Non voleva fargli paura? E questo modo di colpire era il migliore che credesse di avere il lupo per fargli paura.  

C'è poi l'altra scena orribile di un povero venditore ambulante che viene fatto sbranare dai cani di un Nazista, per aver osato provocare la morte di uno dei suoi animali. Un momento che mette davvero i brividi e in luce quanto può spingersi la cattiveria e il sadismo dell'uomo che sceglie di essere Bestia. Su questo punto, soprattutto alla luce degli ultimi fatti di cronaca, mi è sorta spontanea un'associazione con il presente: nel libro, infatti, ci sono dei militi del corpo di guardia di una caserma che osservano inermi la terribile sorte destinata al venditore ambulante Giulaj, e alla conclusione del tutto iniziano a parlare tra loro. Riflettono su quanto accaduto, e uno di loro pensa all'opportunità di scegliere un lavoro diverso. Ma c'è la guerra, le disponibilità sono poche, e quel ruolo garantisce un ottimo salario. Alla fine, uno sbadiglio. Lo sguardo si sposta altrove. L'uomo sbranato viene facilmente dimenticato.

Quanto ancora accade oggi?
Ci sono zone del mondo in cui la guerra e la bestialità dell'uomo causano morti, feriti, ed esodi di massa. E nella parte fortunata del mondo, c'è chi nonostante tutto non riesce a provare empatia, solidarietà. Si tende a guardare solo a se stessi, ai propri problemi (spesso futili), anziché dimostrare un briciolo di umanità.

Io non so ovviamente se ho ben inteso le varie riflessioni di Vittorini, ma la lettura serve anche a liberare i nostri pensieri, e mi è risultato facile associare le due immagini.

Eppure nel testo ci sono anche esempi di profonda umanità, di coraggio, di solidarietà. C'è anche chi riesce a scorgere al di là del ruolo di soldato nazista, l'essere umano. Di fronte a quella tristezza negli occhi azzurri di un giovane biondino, al riflesso di se stesso in quello che dovrebbe essere il suo nemico, diventa difficile alzare la pistola e sparare.

I partigiani però non sono visti come eroi: sono uomini e donne, semplici, che hanno dei sogni, delle persone d'amare, famiglie ma anche i loro problemi; anime offese che però si ribellano, per poter giungere alla Liberazione dall'Oppressore.
Interessante è anche il confronto tra uomini e cani. C'è una scena in particolare in cui uno dei cani che ha sbranato l'uomo, non riesce più a mostrarsi al partigiano che voleva salvarlo da quella vita mostruosa. Come se si sentisse in difetto, come se comprendesse di non poter più essere amico dell'uomo dopo ciò che ha commesso.
E il parallelismo tra uomini e cani, tra uomini e no (bestie) c'è anche nel nome stesso del nemico principale del protagonista: Cane Nero. Un essere senza pietà alcuna.

Perché, se non erano terribili, uccidevano? Perché, se erano semplici, se erano pacifici, lottavano? Perché senza aver niente che li costringesse, erano entrati in quel duello a morte e lo sostenevano?  

È una lettura che, almeno inizialmente, può apparire un po' complessa. E ancora oggi, in effetti, non so se ho ben compreso l'intento di Vittorini. Ma, in fondo, scrivere pensieri sui libri è anche un modo per dare la nostra personale voce su ciò che questi amici di carta ci hanno trasmesso, no?
La difficoltà che ho avuto, almeno inizialmente, è stata anche approcciarmi a questo stile scarno - soprattutto nelle parti dell'azione - e molto ripetitivo.
Le ripetizioni di frasi e parole sono tante, a volte potrebbero disturbare, ma in certi casi sono a mio parere efficaci per esprimere un determinato concetto, per focalizzare il lettore stesso, insieme ai personaggi, sul problema.

Insomma, è un libro che consiglio non solo a chi ama le letture sulla Resistenza, ma anche a chi vuole riflettere, insieme all'autore, sull'umanità e la bestialità.

IL LIBRO

Uomini e no
Elio Vittorini
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 272
Anno di pubblicazione: 1945
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