Il libro di cui vorrei parlare oggi l'ho veramente amato.
Se mi seguite da tempo, ormai avrete capito quanto apprezzi i lavori di Cesare Catà. Ne ho letti diversi, e tutti mi hanno lasciato delle emozioni o ancor più delle riflessioni importanti. Tra le mancanze dell'aver lasciato le mie Marche ci sono proprio le sue lezioni-spettacolo.
Eppure... le ritrovo nei suoi libri. E questo mi rende felice.
Ma poi, siamo onesti: se viene pubblicato un libro su William Shakespeare lo lascio in libreria?
A tal proposito vi voglio raccontare questo piccolo aneddoto sull'acquisto.
Dopo la prima dose del vaccino ho deciso di entrare in libreria per concedermi un piccolo regalo: e vi giuro, non sto dicendo bugie, questo libro era lì ad aspettarmi. Un'unica copia in bella mostra su uno degli scaffali. Sono entrata, ho girato a destra, e l'ho visto. L'ho subito preso, stretto a me, e portato via.
A volte sono proprio i libri a chiamarti.
E io non potevo resistere.
... Non c'è niente di male a sentirsi fuori posto; a pensare che la vita faccia schifo, quando siamo sovrastati dal mare delle nostre pene. Anzi, forse è proprio attraverso questa disperazione che possiamo trovare la differenza più autentica tra essere e non essere, un obiettivo luminoso da inseguire per sentirci vivi.
Durante il primo lockdown del 2020 mi sono bloccata.
Questo virus, che ha così cambiato le nostre vite, mi ha fatto provare, inizialmente, delle sensazioni decisamente negative. Avevo dei progetti, degli eventi a cui partecipare, desideravo tornare a casa dalla mia famiglia. E poi, puff. Tutto bloccato, tutto rimandato a chissà quando. Ero triste, arrabbiata, spaventata. Ancora non si conosceva nulla, non c'erano vaccini che potessero far sperare di uscirne presto, c'era solo un pericolo sconosciuto che ci impediva di vivere. A portare un po' di luce in quel buio nel quale sono sprofondata ci sono stati i miei amati libri e le lezioni on-line di Cesare Catà sulle opere di William Shakespeare.
Ricordo ancora con piacere quell'ora in cui accedevo a Facebook ogni giorno e, munita di carta e penna, ascoltavo incantata le sue riflessioni su Mastro Will e i suoi lavori. Prendevo appunti, restavo ancora più estasiata dalla bellezza della penna del bardo e dal modo di narrare di quel “cantastorie marchigiano”. Ho riso, ho appreso, ed era come tornare indietro, nella biblioteca della mia città ad ascoltare le sue lezioni-spettacolo.
Queste ore felici mi hanno poi portata a sviluppare il mio progetto - #aTeatroconShakespeare - che mi accompagna da più di un anno: leggere tutte le opere di William Shakespeare, una al mese. Recuperare tutto il suo teatro. Eh sì, la nascita di tutto questo la devo anche, in un certo senso, a Cesare Catà e al suo modo di narrare di autori e mondi letterari.
Potevo quindi perdere questo suo saggio? No, decisamente no.
Mi ha accompagnata per settimane. L'ho letto con calma, senza fretta. Mi sono divertita, è cresciuta ancora di più la voglia di rileggere certe opere, sono riuscita anche a vederle da un punto di vista diverso. E poi, ho riflettuto molto anche su di me e sulla potenza delle storie.
Chiedilo a Shakespeare. Gli antidoti del Bardo al mare delle nostre pene più che un saggio in sé, è presentato dall'autore come un testo di pratica bibliomantica applicata al teatro Shakespeariano.
Ma che cosa si intende per bibliomanzia?
Si tratta della pratica magica che consiste nel ricercare le soluzioni ai nostri quesiti interrogando libri che consideriamo sacri, ispirati da un Dio, o illuminati da potenza profetica.
Un po' come l'Odissea di Omero, la Bibbia per i Cristiani, o l'I Ching o Libro dei Mutamenti della letteratura cinese.
Provate a pensare a un libro come scrigno di risposte. Prendetelo tra le mani, chiudete gli occhi, orientate tutti i vostri pensieri verso la questione o il dubbio che avete in quel momento e poi apritelo. Leggete il testo, e forse, proprio tra quelle righe troverete la risposta alle vostre domande.
Perché non applicare tale “pratica” anche ai testi teatrali di William Shakespeare?
È proprio questo che tenta di fare Cesare Catà con questo suo lavoro.
L'opera drammaturgica di Shakespeare può essere considerata come uno scrigno infinito che possiamo interrogare alla ricerca di noi stessi. Perché il suo teatro parla di noi. Lì dentro ci siamo tutti noi.
Nel teatro del Bardo, infatti, più che la trama in sé resta sicuramente impressa la psicologia dei personaggi, che diventano una sorta di archetipi in grado di esprimere, descrivere, ed esplorare l'identità di chi legge. Le sue opere non ci danno risposte, non ci aiutano, ma ci invitano a riflettere, a cercare in noi i responsi a questioni di vario genere. Shakespeare non giudica, non dice mai al lettore o spettatore verso quale personaggio schierarsi, ma lo invita a prendere la propria posizione; siamo noi a giudicare i personaggi secondo il nostro bagaglio interiore, la nostra esperienza, ma anche essenza. Sulla base del nostro essere, dei sentimenti che proviamo di fronte all'amore, alla vendetta, alla follia, siamo noi a creare il nostro pensiero, magari a ritrovarci in alcuni personaggi, o a discostarci dagli altri. Quindi, i suoi lavori ci aiutano a interrogare noi stessi, a esplorare il nostro io. Si forma così questo percorso filosofico, questo collegamento tra eroi del dramma e individuo che legge o interpreta quel testo.
Se perdi la testa per amore, sei Romeo (o Giulietta); se trovi l'amore quando meno te lo aspetti, sei Beatrice (o Benedetto); se perdi le staffe per l'ansia, sei Otello; se perdi la ragione alla ricerca della verità, sei Amleto; se evochi forze oscure dentro di te cadendo nella violenza e nel terrore, sei Macbeth.
Catà con questo affascinante e interessante lavoro cerca di muoversi nel teatro di Shakespeare come dentro una mappa fatata delle nostre anime; come se le parole del Bardo avessero il potere di condurci a capire meglio la psiche di ognuno di noi, a fare i conti con le paure, le gioie, le disperazioni e gli entusiasmi che ci portiamo dentro...
Ma non ci troviamo di fronte a un libro di auto-aiuto, non è un percorso di miglioramento personale o motivazionale, bensì un viaggio interiore di auto-conoscenza.
Andrete così a leggere una mappa delle emozioni umane con dieci sentieri da seguire: dieci capitoli che racchiudono dieci problemi tipici della nostra vita e a cui è associata così, di volta in volta, un'opera Shakespeariana che affronta proprio quel tema descritto. A conclusione di ogni ogni capitolo c'è poi un'accurata bibliografia davvero utile per quanti volessero poi andare ad approfondire alcune riflessioni (io ho già segnato qualche testo da recuperare!).
Il percorso di lettura da seguire, però, è a discrezione del lettore: non per forza va affrontato dall'inizio alla fine in maniera lineare, ma ciascuno di noi può anche scegliere di partire dal capitolo che descrive una problematica che sente più affine a sé.
Di seguito i capitoli:
- Se ti vanno tutte storte, ti ci vuole il Sogno di una notte di mezza estate
- Se non capisci come un essere umano possa essere capace di cose tanto orribili, ti ci vuole il Macbeth
- Se sei preoccupato/a perché pensi che non troverai mai l'amore della tua vita, ti ci vuole Molto rumore per nulla
- Se pensi che non combinerai mai niente di buono nella vita, ti ci vuole l'Enrico V
- Se soffri d'ansia, ti ci vuole l'Otello
- Se ti è capitato qualcosa che non riesci ad accettare, ti ci vuole La Tempesta
- Se il tuo amore ti lascia, ti ci vuole Antonio e Cleopatra
- Se la vita ti repelle (e ti senti sempre fuori posto), ti ci vuole l'Amleto
- Se non riesci a innamorarti nonostante incontri splendide persone, ti ci vuole Romeo e Giulietta
- Se non hai il coraggio di seguire i tuoi desideri, ti ci vuole Come vi piace
All'inizio dicevo che ho ritrovato le sue lezioni-spettacolo tra queste pagine, anche per un altro motivo: la narrazione di Cesare Catà alterna toni alti e bassi. Mi spiego meglio, accanto a delle riflessioni filosofiche dei vari temi che sono trattati nei vari capitoli, ci sono anche momenti in cui ritroviamo la battuta, aneddoti di vita, esperienze che possiamo aver fatto anche noi. Con tono ironico, riesce a strapparti anche un sorriso, una risata, insieme a riflessioni più importanti o anche serie. Inoltre ci sono dei collegamenti/parallelismi con serie tv, film o altre opere letterarie, in modo tale da non appesantire mai il testo.
Pur essendo una sorta di saggio, infatti, vi invito a non spaventarvi. Non è per nulla pesante, anzi, è ricco di spunti di riflessione, ma anche di uno sguardo forse diverso sulle opere selezionate. Io l'ho trovato anche un modo per comprenderle forse un po' di più, e si è accesa con più forza la voglia di continuare il mio viaggio alla scoperta di quelle che mi mancano ancora.
La bellezza del teatro di Shakespeare sta nel fatto che pur affrontando storie già scritte - il bardo, infatti, non inventa nulla ma rielabora opere già conosciute -, riesce ugualmente a incantarti con personaggi la cui eco risuona anche nella nostra attualità. Donne e uomini nei quali possiamo ritrovarci o condannare, in quelle diverse sfumature d'amore che il Bardo riesce a creare nelle diverse opere, da quello ingenuo e frettoloso dei giovani amanti di Verona, a quello più maturo e perso di Antonio e Cleopatra, fino a quello forse più vero tra Benedetto e Beatrice, capaci di danzare da soli.
Ho trovato poi interessante la diversa visione dell'Otello, considerata da tutti una tragedia sulla gelosia. Qui, invece, si parla di ansia, quel male che corrode dentro, soprattutto quando crediamo così poco in noi stessi. Otello, infatti, finisce per compiere un atto terribile perché preda non solo dell'influenza malefica del diabolico Iago, ma anche perché pian piano si lascia annientare da quella paura invisibile che non gli permette più di ragionare, di credere alla donna che ama e lo ama.
Otello è colpevole?
Amleto è veramente pazzo?
Voi sospirate dinnanzi all'amore di Romeo e Giulietta, o soffrite di filofobia (paura di amare, di innamorarsi)?
Siete capaci di avere un'attitudine positiva di fronte ai problemi della realtà? O reagite male?
Sono tante le domande che possono emergere dalla lettura delle opere shakespeariane, tante le riflessioni che sorgono spontanee, ed è proprio questo l'incanto non solo del suo teatro ma anche di questo testo.
Non voglio dilungarmi nella descrizione di ogni capitolo, in primo luogo perché non credo di essere capace di scriverne in maniera opportuna, ma anche e soprattutto perché secondo me è un libro da scoprire, nella speranza di aver suscitato in voi almeno un pizzico di curiosità.
Ora, però, mi piacerebbe tanto poterne leggere un secondo con altre opere. Perché di Shakespeare e del suo teatro io non mi sento mai sazia. Voglio comprenderlo meglio, voglio leggere di più. E non smetterò di farlo.