Quaderni Giapponesi: un viaggio nell'impero dei segni, di Igort

22 apr 2021

Libri

Letto per la tappa di Aprile di #Giappomania di ire_chan_ su Instagram a tema: Viaggio.

Viaggiare.
Quanto manca farlo?
In quest'incubo che stiamo vivendo, e che non sembra ancora avere fine, si può solo pensare con malinconia a quei magici ricordi dei viaggi passati. Oppure, lo si può fare con la mente, attraverso le pagine di un libro o di un graphic novel. E io, qualche giorno fa, sono volata in Giappone grazie ai Quaderni Giapponesi, Un viaggio nell'impero dei segni di Igort.

Il Giappone è una terra che mi affascina moltissimo. Ho sognato spesso di andarci, per scoprire anche con i miei occhi una cultura e una storia così lontane dalle nostre, ma che mi attraggono con forza. A volte forse non posso comprendere, ma la curiosità resta alta.

Grazie al gruppo di lettura #Giappomania che sto seguendo su Instagram sto avanzando a piccoli passi nella cultura giapponese, e ne sono felice. Ho trovato dei libri davvero belli che hanno smosso emozioni importanti dentro di me; e anche quello di cui vi parlerò oggi l'ho trovato interessante e ben fatto.

Non so se sarò in grado di parlarne in maniera “corretta”, perché la mia conoscenza del Giappone e dei suoi “segni” è ancora piuttosto acerba, ma proverò come sempre a lasciar fluire pensieri ed emozioni che la lettura mi ha scatenato.

Questo libro racconta l'inseguimento di un sogno, e la resa davanti all'evidenza che i sogni non li si può afferrare.

© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


Partiamo da una piccola premessa: è la prima volta che leggo un lavoro di Igort. Non essendo una lettrice di fumetti - ne ho letti pochissimi e mi concentro più sui graphic novel - so poco e nulla a riguardo. Infatti, forse quest'opera influisce in maniera diversa sui singoli lettori. Chi ama e conosce fumetti ma anche film d'animazione giapponesi avrà una differente sensazione rispetto a me, che sono più affascinata dalla storia e da altri elementi della cultura orientale.
Questo però non vuol dire che non mi sia piaciuto, anzi! L'ho trovato molto interessante e degno di nota. Pur non conoscendo molti degli scrittori o registi menzionati, Igort mi ha permesso di sprofondare un po' in questo mondo così distante da noi, che mi ammalia.

Igort è stato il primo disegnatore italiano e occidentale chiamato, agli inizi degli anni '90, a lavorare per le riviste giapponesi e da quel momento ha compiuto numerosi viaggi e lunghi soggiorni a Tokyo.
L'autore ci conduce con lui all'interno di un sogno che aveva da almeno dieci anni e che con pazienza e impegno ha potuto realizzare nel 1991, anno in cui arrivò per la prima volta alla Kodansha, la più grande casa editrice del Sol Levante.
Nel 1994, poi, ebbe l'opportunità di soggiornare a Tokyo per sei mesi.

Questo libro nasce quindi come una sorta di documentario a fumetti non solo sull'esperienza diretta e sentita di Igort, ma anche come un modo per esplorare vari frammenti del mondo giapponese: dalla cultura, alla filosofia zen, dal senso della bellezza, agli stili di vita di questo popolo per molti versi tanto lontano da noi occidentali.

Il Giappone era diventato per me lo scrigno dei desideri, una valigia piena di cose di diversa natura, ma era soprattutto questo: il paradiso dei disegnatori. Inebriato dalle vecchie stampe giapponesi, mi ero addentrato in quel mondo pieno di segni apparentemente semplici che celavano una sapienza misteriosa.

Igort ci porta con sé nel suo piccolo appartamento di soli 14 metri quadri, e ci descrive anche le sue sensazioni davanti a una realtà nuova, tanto cercata e amata nei libri di vari autori famosi o in certi casi meno noti o dimenticati, ma anche nei film. Ci conduce all'interno della redazione in cui lavora, permettendoci di conoscere i ritmi lavorativi così differenti dai nostri, i modi di fare, le richieste e i famosi “trattamenti” da parte del suo editor, per certi versi estremi ma che lo hanno aiutato anche a crescere nello stile e nel suo lavoro. Ci descrive gli incontri con i maestri dell'animazione, come Miyazaki, ma anche con i fumettisti Masashi Tanaka, e Jirō Taniguchi, solo per citare alcuni.

Ispirandosi al metodo delle note di viaggio del saggio “L'impero dei segni” di Roland Barthes, Igort tratteggia con disegni e lunghe frasi, quasi a dar la parvenza di un vero e proprio diario, vari aspetti del Giappone: una terra affascinante quanto piena di contrasti e opposti.
Nel Paese del Sol Levante, infatti, convivono insieme aspetti più quieti, come il silenzio e la pace di un monastero zen o i gesti precisi e delicati della cerimonia del tè, e tratti più duri e violenti, con riferimenti alla guerra, che colpisce anche i bambini, all'erotismo, e alla malinconia e al dramma dei fumetti Geki-ga (“immagini drammatiche” che si contrappongono ai Man-ga, ossia “immagini disimpegnate”).

Uno degli aspetti che mi ha colpita è stata la scelta dei colori: ci sono tavole ricche di colori, che rappresentano vari luoghi da lui esplorati nei suoi viaggi e nel suo soggiorno, paesaggi di una bellezza tale da voler quasi sprofondarci dentro, ma ci sono anche tavole in bianco e nero, o sui toni grigi, quando ci descrive i momenti lavorativi.

Adoravo quelle persone, ironiche e lievi, ma dedite al lavoro con un rigore che non avevo mai visto prima. In quel soggiorno il mal di Giappone prese ad avvolgermi, sotto la sembianza di una dolce malinconia. Mi rattristava la bellezza antica di questa o quella casa di legno e carta di riso, che scorgevo di tanto in tanto nel mio quartiere. Parlava di un'epoca remota. Era quello il Giappone che vedevo evaporare sotto gli occhi, soffiato via dal formicolare vorticoso della vita moderna.  

Inoltre al di là, come dicevo, degli artisti (scrittori, registi, ecc) incontrati, sono rimasta affascinata da tante storie e dettagli che non conoscevo assolutamente, da quella realtà più antica del Giappone, in contrapposizione al vortice impetuoso della modernità.

C'è, ad esempio, la storia di Abe Sada, dapprima affascinata dal mondo delle Geishe, per poi sprofondare in quello della prostituzione. Fu ricordata come l'assassina del suo amante, strangolato e poi evirato. Una storia densa di dissoluzione, di eccessi, di violenza, che ha ispirato anche il film “Ecco l'impero dei sensi” scritto e diretto da Nagisa Ōshima.

Un altro aspetto storico che mi ha molto toccato riguarda i burakumin, detti anche eta (massa lurida) o hinin (non umani), quelle persone che con le loro professioni avevano a che fare con il sangue, considerati lavori degradanti e impuri; ma lo erano anche gli ex detenuti, i mendicanti, le prostitute, gli spazzini, gli acrobati e altri intrattenitori. Un marchio d'infamia esteso anche ai loro discendenti. Ed erano chiusi in dei veri e propri ghetti. Una questione molto delicata, di discriminazione, soprattutto nelle zone di Kyoto e Osaka, che ancora oggi turba molto e forse non è mai davvero del tutto finita.

Quando andai con la mia amica Mikiko a prendere le tazze da tè, l'artigiano che le aveva fabbricate mi disse che le tazze nuove potevano essere belle, ma che con l'uso si sarebbero formate tante piccole screpolature all'interno. Quelle screpolature, disegnando una delicata ragnatela, avrebbero segnato lo scorrere del tempo. Era quella, mi disse, la bellezza di un oggetto.

Altre porte si aprono, altre finestre sul mondo e la cultura di questo popolo affascinante quanto misterioso. Oltre alla ricerca dell'equilibrio e all'importanza della filosofia zen, all'educazione e al diverso stile di sensualità rispetto alla visione occidentale, mi ha particolarmente colpito anche l'importanza del fiore di Crisantemo: il Kiku, simbolo di pace, di longevità e di bontà d'animo. Con la crescente popolarità di questo fiore si arrivò anche a costruire delle figure umane a grandezza naturale: le Kiku Ningyo, bambole di crisantemo.


Ma quelli che ho cercato di proporre sono solo alcuni degli aspetti che troverete in questi Quaderni Giapponesi! Ci sono tantissime altre riflessioni, spunti interessanti di lettura, scrittori e altri artisti citati e che hanno plasmato un po' la sua esistenza, il suo stesso lavoro, e la sua visione di quello scrigno prezioso il cui mistero forse non si scoprirà mai del tutto, rinnovandosi continuamente.

Se siete attratti dalla cultura Giapponese, vi consiglio di recuperare questo fumetto (o più graphic novel?) che unisce in qualche modo Occidente e Oriente, facendo vivere anche al lettore un vero e proprio viaggio pur restando a casa.

Kurihara San, il gran capo della settima divisione editoriale della Kodansha, mi disse un giorno che il Giappone era come uno scrigno e che chi voleva avvicinarsi doveva avere le chiavi di quello scrigno, per poter godere dei tesori custoditi al suo interno. Io mi ci sono avvicinato da oltre vent'anni e lo frequento assiduamente, questo luogo dell'anima. Eppure il suo mistero si rinnova continuamente. 

IL LIBRO

Quaderni Giapponesi. Un viaggio nell'impero dei segni.
Igort
Casa editrice: Coconino Press
Pagine: 184
Prezzo: 19.00€
Anno di pubblicazione: 2018
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