Il 25 aprile si avvicina e io avevo propria voglia di fare una lettura a tema.
Avevo sentito parlare molto bene de “L'Agnese va a morire” di Renata Viganò, e finalmente sono riuscita a leggerlo. E che lettura! Mi sono tanto affezionata ad Agnese, alla sua forza, al suo coraggio, al suo amore per quei giovani partigiani pronti a morire per la libertà.
Quella libertà che oggi abbiamo grazie a loro.
Ragazzi e ragazze disposti a morire, a essere anche torturati, pur di opporsi a un regime NaziFascista che stava distruggendo non solo il paese, ma anche le vite. A loro dobbiamo dire grazie, perché senza le loro azioni, senza il loro sacrificio, il coraggio, e la forza che hanno avuto, forse ora le cose potrebbero essere molto diverse: non potremmo festeggiare la Festa della Liberazione, non potremmo essere liberi di esprimere il nostro pensiero. E oggi, quando sento ancora gente pensare con nostalgia o speranza al Fascismo, ho la nausea per il disgusto.
Come fate, mi chiedo? Come potete anche solo pensare che quello lì - di cui non voglio neanche citare il nome - abbia fatto “anche cose buone”?
Allora c'era la dittatura.
C'era la fame, la guerra, il dolore.
Cerchiamo di pensare, prima di parlare.
Prima di scrivere i miei pensieri, vi invito con tutto il cuore a leggere questo meraviglioso libro di Renata Viganò. E poi, vi consiglio anche Fenoglio con Una questione privata (e altri romanzi che ho intenzione di recuperare in futuro) ed Elsa Morante con il suo splendido libro-mondo La Storia. Ma di queste letture ve ne parlerò per la rubrica #3libriperuntema proprio il 25 di Aprile.
La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano.
L'Agnese è un personaggio straordinario.
Sai già dal titolo quale sarà la sua triste sorte, eppure, più la conosci, più scorri le pagine di questo libro, e più speri ardentemente in un finale diverso.
Perché, no, non puoi accettarlo.
Mamma Agnese, così come la chiamano i giovani partigiani, resta nel cuore.
L'Agnese va a morire di Renata Viganò è un romanzo prezioso sulla Resistenza. Secondo una testimonianza stessa dell'autrice questa Agnese è vissuta veramente, lei stessa l'ha conosciuta, e questo, a mio avviso, rafforza ancor di più le emozioni provate durante la lettura. Renata Viganò, infatti, fu insieme a suo marito un membro attivo dei Partigiani; partecipò alla lotta come staffetta, infermiera e collaborando alla stampa clandestina.
La sua esperienza rivive in queste pagine, che ci permettono di comprendere appieno quali erano la vita, le condizioni, le paure, e il coraggio di quei tanti uomini e donne che lottarono per liberare la nostra Italia da una dittatura fondata sul culto della paura creato ai danni della comunità dai Nazifascisti.
Un lavoro della paura - come dice Agnese - fondato sulla tortura e l'uccisione anche di innocenti, per spingere le persone a parlare, a fare la spia, a portare nomi di questi partesani che si opponevano così strenuamente a Fascisti e Nazisti.
La storia ha inizio con l'Agnese che tornando a casa incontra un giovane soldato mal ridotto e lo invita a entrare. Nonostante gli inviti della vicina a non dare ospitalità a un possibile ribelle, Agnese e suo marito si occupano del ragazzo, ristorandolo e dandogli un posto dove riposare. Ma quando il giorno dopo arrivano i tedeschi, suo marito Palita - forse per i suoi collegamenti con i comunisti o forse per l'azione della sera prima - viene portato via. Agnese sa fin da subito che non potrà mai più rivedere l'uomo con cui ha condiviso tanti anni della sua esistenza, a cui ha donato tutte le cure e l'amore, essendo lui malato.
L'odio cresce in lei verso i nazisti - padroni - e i fascisti - servi - e ben presto si trova immischiata con le azioni dei partigiani, davanti ai quali non si tira indietro. Anzi.
Dopo che un nazista arriva a ucciderle anche la gatta amata da Palita per un assurdo e inquietante gioco, l'Agnese agisce. Ma la sua azione produrrà una reazione spietata da parte dei tedeschi. Lei scappa, raggiunge i partigiani guidati dal Comandante, e inizia la sua lotta.
Nasceva invece in lei un odio adulto, composto, ma spietato, verso i tedeschi che facevano da padroni, verso i fascisti servi, nemici essi stessi fra loro, e nemici uniti contro povere vite come la sua, di fatica, inermi, indifese.
Agnese è una lavandaia, una donna anziana, grassa, che può apparire un soggetto innocuo, a bordo della sua bicicletta, con le sporte cariche di panni da lavare, e i suoi brutti piedi scalzi nelle ciabatte. Eppure nonostante il suo cuore affaticato e la paura di sbagliare, dimostrerà di avere molto più coraggio di tante altre persone. Agnese è umile, non è una persona che ha studiato, tanti discorsi non riesce almeno inizialmente a comprenderli. Fa quello che deve essere fatto, non si ferma, nonostante la stanchezza, la pioggia, le possibili ritorsioni.
Chissà se sarò buona, ripete.
E va.
E quando torna nel rifugio dei giovani combattenti, si occupa di loro. Del cibo, dei vestiti, di non far loro mancare nulla. Da tutti viene vista quasi come una mamma.
Viene anche posta a regolare le azioni delle staffette. Spesso è lei stessa a compierle, scorrazzando per le valli di Comacchio a bordo della sua bicicletta. Agnese non ha peli sulla lingua. Dice poche frasi, eppure sono taglienti come una lama.
Agnese sogna il suo uomo. Il suo Palita, che molto spesso tenta di tranquillizzarla. Andrà bene, la guerra finirà. E tu speri. Lo speri tanto.
Un giorno, a un tratto, la libertà si fermò. Non aveva più voglia di camminare. Se ne infischiava di quelli che l'aspettavano, mancava all'appuntamento senza un motivo, come fanno gli innamorati già un po' stanchi.
Eppure a volte la libertà sembra arrestarsi. Lo stesso intervento degli alleati, con le loro bombe, appare ambiguo. Le lanciano, così, quasi a caso... incuranti di chi andranno a colpire.
Il freddo dell'inverno incombe. Le acque fermano le azioni dei partigiani. I ragazzi, perché ricordiamo che molti di loro erano veramente giovani, a lungo andare sembrano quasi impazzire. Sono stanchi, provati. C'è chi scappa, chi cerca la morte. Chi non sopporta più l'attesa che logora dentro. Meglio le azioni, dunque! Sì, forse si morirà, ma almeno non si resterà immobili, percossi dal freddo, dai morsi della fame, dal pericolo di essere trovati.
Tom, Clinto, Cino, La Disperata, Cinquecento, Il Giglio, il Comandante, e tanti altri.
Nomi in codice, nomi di battaglia. Uomini, ma anche donne che non si arrendono.
Che combattono, rubano, spesso uccidono. Perché è questa la guerra, perché sovente per riavere la libertà sei costretto a compiere anche le azioni più disumane, o sopportare le torture, le derisioni anche su un corpo ormai in fin di vita.
E i mezzo ai suoi ragazzi c'è sempre Agnese, che li guarda con occhi lucidi, ma anche con la paura in quel cuore sempre più affannato. Perché lei non ha paura di morire: non ha più nulla, è sola senza il suo Palita, ha ormai vissuto molti anni della sua esistenza. Quindi cosa ha da perdere? Ma quei ragazzi... sono giovani, hanno tutta la vita davanti, per sognare, lavorare, amare...
Dopo sarà un'altra cosa. Io sono vecchia, e non ho più nessuno. Ma voialtri tornerete a casa vostra. Potrete dirlo, quello che avete patito, e allora tutti ci penseranno prima di farne un'altra, di guerre. E a quelli che hanno avuto paura, e si sono rifiutati, e si sono nascosti, potrete sempre dirla la vostra parola; e sarà bello anche per me. E i compagni, vivi o morti, saranno sempre compagni.
È un libro davvero toccante, forte e vero.
Un romanzo d'impianto neorealistico, molto intenso.
Scritto con uno stile rapido, con frasi brevi, con similitudini semplici ma ben precise. Forse un linguaggio che può essere alla portata di tutti, perché a mio avviso è questo che libri simili devono fare: non cercare termini elevati, ma usare anche la lingua del popolo per arrivare a più persone possibili. Per far comprendere a tutti quello che è stato. Quella che è stata la nostra storia. Le azioni che hanno compiuto e l'orrore che hanno dovuto sopportare tanti uomini, donne, giovani, anziani e bambini pur di liberarsi da una vera e propria dittatura. Da nazisti pronti a far da padroni in una terra non loro, da fascisti miseri e codardi, in verità servi di quei tedeschi che hanno fatto entrare nel proprio Paese, e di un'ideologia assurda, terribile, e spregevole.
Un libro da leggere, assolutamente.
Perché non si deve tornare indietro.
Perché la storia la dobbiamo conoscere.
Perché bisogna essere ora e sempre Antifascisti.
Agnese, cara Agnese, resterai sempre vivida nel mio cuore.
Grazie, Renata, per averle donato questo splendido omaggio. A lei, a tutti voi che ci avete salvati, permettendoci di vivere questa libertà.
Ogni uomo, ogni donna poteva essere un partigiano, poteva non esserlo. Questa era la forza della resistenza.