Marzo con... Italo Calvino
Per la terza tappa del mio progetto Una Valigia d'Italia volto alla scoperta della Letteratura Italiana di ieri e di oggi, l'autore scelto è stato Italo Calvino.
Scopo di questo mio programma di lettura è andare a scoprire quegli autori di cui ho letto poco o anche niente, perché sono dell'idea che sia importante conoscere in primo luogo la nostra letteratura, molto spesso messa in secondo piano rispetto ad altre.
Di Italo Calvino non ricordo di aver letto qualcosa e, se l'ho fatto, ho dimenticato tutto. Ho deciso, così, di recuperare la Trilogia degli Antenati che raggruppa tre titoli di pura fantasia, una sorta di favole con le quali ragionare e riflettere sull'uomo, sulla sua personalità, sulla sua esistenza.
Ho letto, quindi, Il Visconte Dimezzato, Il Barone Rampante, e Il Cavaliere Inesistente.
Li ho amati? Son sincera, non proprio. Mi sono piaciuti sì, riconosco oggettivamente la sua bravura nella scrittura, e la bellezza nel cercare di nascondere dei temi importanti o comunque delle riflessioni dietro delle trame fantasiose, a tratti assurde, e dense di ironia, ma poi subentra anche il lato soggettivo, e non sono riuscita ad amarli quanto avrei voluto.
Tuttavia, Il Visconte dimezzato - di cui tenterò di parlare oggi - è il mio preferito!
Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane
Il visconte Medardo di Terralba parte per la Boemia per partecipare alla guerra dei Cristiani contri i Turchi. Durante la battaglia, però, viene colpito da una cannonata che lo divide in due parti perfettamente uguali. La destra del suo corpo viene salvata, ricucita, e in qualche modo i medici riescono a farlo tornare in vita. Così, il visconte fa ritorno a casa, a Terralba, ma non è più lo stesso. Non solo fisicamente s'intende, perché al castello è riapparsa unicamente la metà cattiva, che in breve tempo semina morte e orrore. Ovunque passa, tutto è ridotto a metà: elementi naturali, foglie, fiori, animali, ogni cosa che incontra il suo cammino. In tanti trovano la morte, Medardo Il Gramo - così come verrà conosciuta quella metà - non avrà pietà alcuna per nessuno, neanche per la buona balia che lo ha cresciuto o per suo nipote, voce narrante della storia.
Il Visconte dimezzato è, infatti, narrato dalla voce di un bambino di circa otto anni, che osserva il mondo con la sua ingenuità.
Qualche tempo dopo, a Terralba torna anche la parte sinistra di Medardo, Il Buono, che cercherà - a differenza del Gramo - di far del bene.
Eppure, anche l'estrema bontà rischia di essere seccante per i cittadini, e soprattutto per Pamela, giovane pastorella, che si ritroverà contesa dalle due metà di Medardo, entrambe innamorate di lei.
Cosa accadrà?
Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l'aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza.
[...]
Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa.
Nei suoi elementi di fantasia, a tratti anche molto irrazionali, questo primo titolo della Trilogia degli Antenati mi ha molto attratta. Scorrevole, divertente, permette anche di riflettere molto sull'essere umano, soprattutto sui temi del bene e del male, e su quel senso di incompletezza che abbiamo in tanti. Attraverso l'analisi di questi nostri antenati, infatti, possiamo ragionare anche sulla nostra modernità, su noi stessi, sui problemi che possono affliggere non solo la nostra interiorità, ma anche il riflesso di noi sulla società in cui viviamo.
Il Visconte Medardo diviene una sorta di Dottor Jekyll e Mr Hyde: due metà dello stesso essere umano, che si ritrovano a contrapporsi. Ma Calvino ci dona un qualcosa in più: le due entità vengono separate di netto. Qui non è solo il male a produrre effetti negativi; anche il bene, isolato, non conduce a effetti positivi sugli altri. Diventa, quindi, difficile e forse impossibile tifare per l'uno - troppo crudele - o per l'altro - dotato di una bontà eccessiva (direi più esagerato buonismo) che a volte può essere vista come un problema, creando a suo modo altri tipi di disturbi o momenti di imbarazzo -. Due entità perdute tra malvagità e virtù ugualmente disumane.
Il mio problema con la trilogia è stato riuscire a comprendere i temi di fondo. O meglio, non sono sicura di aver intuito totalmente il messaggio di Calvino, per questo dovrete prendere le mie parole come il pensiero assolutamente personale di una semplice lettrice che non lo ha mai concretamente studiato e che si approccia per la prima volta al suo mondo.
L'essere umano possiede nel profondo della sua anima un miscuglio di cattiveria e bontà, sta poi a noi scegliere quale via perseguire. Ma andando oltre i concetti di Bene e Male, si parla anche di incompletezza dell'uomo.
È facile, infatti, avere la costante sensazione di confusione, di incertezza. Ci sentiamo spesso incompleti, sempre alla ricerca di qualcosa, sempre combattuti tra azioni che possono portare al bene oppure al male. Ci sentiamo intimamente dimezzati, spesso non accettati dalla società in cui viviamo. Il Gramo viene disprezzato per il male che compie, ma anche le azioni benevole del Buono non sono accettate. Si giudicano a vicenda, e vengono giudicati dalla società (i cittadini di Terralba, i lebbrosi, gli Ugonotti...) per le loro azioni assurde e incomprensibili. Medardo è dimezzato, incompleto.
O Pamela, questo è il bene dell'esser dimezzato: il capire d'ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno intero uno osa credere.
I personaggi secondari, però, sono ugualmente interessanti e, in un certo senso, sono strettamente collegati a questo senso di incompletezza, di contrapposizione tra bene e male, ma anche al tema del doppio.
Se pensiamo al Dottor Trelawney, ad esempio, lo incontriamo come un uomo che quasi disprezza la sua scienza medica: si interessa agli elementi naturali e vaga - insieme al bambino narratore - per i cimiteri in cerca di fuochi fatui, ma quasi si rifiuta di avvicinarsi agli ammalati, di studiare effettivamente medicina. Ma la sua natura cambia con l'arrivo del Buono. Dà l'idea quasi di una avere una maggior comprensione di sé quando l'ordine distrutto può essere ricostruito.
E poi abbiamo il Carpentiere Pietrochiodo scosso interiormente da dubbi: pur sapendo, infatti, di costruire strumenti destinati alla morte e alla tortura, non riesce a farne a meno, scosso da quella voglia di migliorarsi sempre di più, da quella sete per la conoscenza e il miglioramento tecnologico, che lo rende quasi cieco di fronte al terribile scopo a cui la sua 'arte' è destinata.
Colpiscono anche gli Ugonotti, espressione delle religione: disprezzati, isolati, tormentati, ma quando potrebbero far del bene, ecco che emerge una sorta di egoismo e interesse privato; o i lebbrosi con il loro stile di vita lussurioso, allegro, dediti a feste e balli, nonostante la povertà, la malattia e l'emarginazione.
Tutti i personaggi diventano quindi una sorta di esempi della complessità umana, di questi dubbi interiori dell'uomo di fronte alla vita, alle azioni, di questo senso di incompletezza.
Siamo esseri complessi, nella nostra natura c'è sempre questo contrasto tra bene e male; che sì deriva dalla nostra coscienza ma anche dalla società in cui viviamo. Che cosa è effettivamente Bene e cosa Male? E anche se difficile, è importante riuscire a trovare l'equilibrio, l'armonia tra le due parti di sé.
Ci sentiremo poi completi? Forse no, non lo saremo mai.
Una favola, quindi?
Forse.
Ma tra le pagine si può leggere sicuramente di più.
Voi avete letto questo romanzo? Avete studiato più approfonditamente Calvino?
Mi piacerebbe leggere anche le vostre impressioni, così da comprendere se i miei pensieri hanno una loro coerenza o se l'autore volesse dire anche altro.
Vi attendo e vi leggo!