Gennaio 2021 - Riccardo II
Per il mio progetto #aTeatroconShakespeare a Gennaio ho letto il Riccardo II, primo di una nuova tetralogia storica, denominata in seguito Enrieide, a cui seguiranno poi le due parti dell'Enrico IV e l'Enrico V.
Siamo di nuovo, quindi, nel campo del dramma storico, e qui Shakespeare vuole mettere in scena la ribellione dei Pari d'Inghilterra che ha termine con l'abdicazione volontaria e la morte del Re Riccardo II, ultimo del ramo principale dei Plantageneti.
Fonti:
- Le Chronicles di Raphael Holinshed e di Edward Hall
- Le cronache di Jean Froissart
- A mirror for Magistrates
- Woodstock o la prima parte del Riccardo II
Pensieri sull'Opera
Una ben fragile gloria brilla su questa faccia: la faccia di un uomo fragile quanto la sua gloria. [Getta a terra lo specchio.]
Eccola là, frantumata in cento frammenti! Nota, o Re taciturno, la morale di questa uscita: ha fatto presto il dolore a distruggermi la faccia.
Si pensa che il Riccardo II di William Shakespeare nasca con il tentativo di reagire a una presentazione totalmente negativa del Re emersa in un dramma anonimo e senza titolo, ma successivamente conosciuto come Woodstock o la Prima parte del Riccardo II. Scopo del Bardo inglese è quindi quello di mostrarlo in una luce più favorevole, ma allo stesso tempo ancora ambigua. Il personaggio del re ha una complessità che anticipa un po' quella di Amleto.
Riccardo II è salito al trono per discendenza e per diritto divino, così come lo si intendeva nel Medioevo. Questa concezione lo ha portato però a essere un vero e proprio narcisista, a compiere azioni non attinenti al suo ruolo, a discapito non solo del popolo ma anche del ramo dei Lancaster.
A lui, quindi, si oppone Enrico Bolingbroke, un uomo d'azione, una visione più moderna/rinascimentale del potere che non si basa più su questa “grazia divina”, bensì sul sostegno del popolo e dei nobili.
Riccardo è abile nel parlare, ma non nel governare. Troppo preso da questo ruolo assegnato dall'alto, ben presto dovrà rendersi conto di non essere onnipotente ma di essere solo un uomo.
È quindi il dramma della caduta di un Re, un re imprigionato in un ruolo che non sa gestire e che subisce gli eventi.
Può essere definito anche come un dramma della non-azione: la tensione sale in più di un'occasione, ma non si scarica mai nell'agire. Molti atti vengono bloccati, o non descritti. È un'opera in cui tutto è affidato alla parola, al linguaggio. Un testo completamente scritto in versi, una tragedia di poesia, come la definisce Giorgio Melchiori nel volume “Shakespeare. Genesi e struttura delle opere” . Shakespeare è anche noto per riuscire a costruire i personaggi, dando loro un certo spessore, grazie al linguaggio stesso.
Siamo nell'Inghilterra alla fine del 1300, e l'opera si apre con un fatto già compiuto: la morte di Thomas Woodstock, duca di Gloucester, che molte voci imputano alla volontà del Re.
C'è un primo contrasto tra Bolingbroke e Mowbray che si accusano a vicenda per la morte del nobile.
Il re, dopo aver accettato di giudicare una tale contesa tra i due, ferma tutto e decide per un destino diverso: l'esilio - a vita per Mowbray, e di dieci anni (poi ridotti a sei) per Bolingbroke.
Successivamente il Re ordina anche di confiscare i beni del cugino Bolingbroke, il quale decide di tornare in patria per sollevarsi contro Riccardo, e dalla sua parte passano diversi nobili e il popolo stesso. L'intento? Rimuoverlo dal trono.
In una sorta di via crucis personale - un esempio può essere visto con l'incontro delle donne, tra cui la sua Regina e che fa riferimento a questa “natura divina” - Riccardo capisce di aver perso il suo potere, privato dell'esercito e dei suoi consiglieri più fidati, e sceglie di abdicare in favore del futuro Enrico IV. Arrestato e chiuso nella Torre di Londra, verrà poi ucciso.
L'uccisione di un sovrano, però, è vista come un atto sacrilego: e, in effetti, presto una guerra civile tra Lancaster e York devasterà il paese (La Guerra delle due Rose).
Quest'opera venne rappresentata in un periodo storico un po' turbolento per la storia inglese: la Regina Elisabetta, infatti, era oggetto di critiche per la mancanza di un erede al trono. Tra i nobili, in particolare il Conte di Essex tentò un vero e proprio colpo di stato, ma fallì.
La scena della deposizione del sovrano - come conseguenza dei suoi errori - fu censurata fino alla morte della Regina che - in un colloquio privato - sostenne di aver compreso di essere lei Riccardo.
Come per gli altri Drammi Storici ho amato la scrittura di Shakespeare, la sua capacità di tratteggiare i personaggi attraverso il linguaggio, e alcuni momenti: in particolare la scena dello specchio, in cui Riccardo ammira se stesso e poi lo distrugge in tanti pezzi. Il vero momento in cui prende consapevolezza di non essere un Re divino o sacro, ma solo un uomo, con tutte le sue fragilità.
Allo stesso tempo, però, forse non mi sento mai così tanto coinvolta perché non è la mia Storia.
Eppure, Shakespeare sorprende sempre.
Sì, scriveva per soldi.
Sì, era il suo lavoro.
Sì, riprendeva storie già scritte.
Ma... la sua capacità di rielaborarle e di donare un vero e proprio spessore ai personaggi, spesso solo tramite l'uso del linguaggio, è davvero sorprendente.
Quest’opera fa parte del libro Shakespeare Opere complete, pubblicato da Garzanti. Prefazione, traduzione e note sono – in questo caso – di Andrea Cozza.
Alcune informazioni le ho prese anche dal libro di Giorgio Melchiori: “Shakespeare. Genesi e struttura delle opere”
Voto: ♥♥♥.25