Sono stata chiamata a gran voce da questa storia.
Non lo so perché, ma a volte succede. Senti che quel libro può essere adatto a te. Ti sussurra all'orecchio di lasciarti andare, di rispondere al suo richiamo, e non ho resistito. Ho avuto la possibilità di collaborare di nuovo con una delle mie case editrici preferite, l'Iperborea, e così mi sono tuffata ben presto tra le pagine di questo romanzo. Ho risposto a quella voce, e ho amato questo libro.
Facciamo una premessa: questo è il mio primo approccio all'autore. Ne avevo sentito parlare molto bene da altri lettori, e gli altri titoli li avevo segnati nella mia lista desideri, però devo ammettere di essere felice di aver iniziato da questo. Perché?
Qualche giorno fa ho assistito a una diretta con Jón Kalman Stefánsson e ho scoperto, così, che in verità Crepitio di Stelle è il suo romanzo d'esordio dopo aver scritto tanta poesia. Quindi, è il primo libro che ha scritto, anche se in Italia è stato pubblicato successivamente. Per me è stato un inizio, e sono veramente felice di aver conosciuto per la prima volta Stefánsson proprio dal suo esordio.
Ma recupererò anche gli altri, appena possibile, perché ho adorato il suo stile.
Mi viene in mente che espressioni come “a casa” e “nostalgia di casa” si riferiscono in primo luogo al profondo desiderio di ritornare dalle persone che sentiamo legate a noi. Tornare da coloro a cui ti senti legato, a cui vuoi legarti, a cui sei stato legato in passato oppure immagini di essere legato; di stare insieme a loro.
Crepitio di Stelle è la storia di una famiglia, o meglio, di più generazioni.
È suddiviso soprattutto tra due momenti: la storia complicata tra i due bisnonni del giovane protagonista, e quella di quest'ultimo, di suo padre, della perdita della sua mamma e dell'arrivo di una matrigna che impara pian piano a conoscere.
Ricordi che tornano alla luce, luce che dirada la nebbia.
Ricordi di un passato lontano, di amori, ostacoli, problemi, famiglia e di un'Islanda molto diversa da quella attuale, più dura, forse anche più selvaggia, ma ugualmente meravigliosa.
Ma anche perdite difficili da accettare e comprendere per un bambino di sette anni, che si affida all'immaginazione, con i suoi fedeli compagni di gioco, quei soldatini che osservano la sua vita e sembrano parlargli. Le amicizie in cortile, i soprusi ma anche i giochi, i contatti con il mondo ma anche la profonda solitudine.
Voce narrante è quella di quel bambino, ormai un uomo di quarant'anni che torna nel luogo in cui ha vissuto la sua infanzia, un condominio nella città di Reykjavík, nell'appartamento numero 54. Due oggetti in particolare trasportano il narratore, e il lettore con lui, in centocinquant'anni di storia: una conchiglia di strombo, regalo di un marinaio dai capelli rossi a una bambina e un sasso che sembra un esserino.
L'uomo ricorda, e torna bambino. E ci porta con sé toccando l'Islanda del 900 e quella degli anni '70, fino ad arrivare al presente.
Due storie che s'intrecciano alternando capitoli e facendole confluire.
Quattro generazioni, sette vite, centocinquant'anni, narrati con uno stile lirico, una sorta di magica poesia evocativa che rende vivide le immagini, i pensieri, i ricordi.
La finestra li ha visti entrare, era un pomeriggio pigro e pieno di sole, e sul volto di entrambi l'antica espressione di un nuovo inizio: una sottilissima mescolanza di timidezza e audacia, esitazione e ardore, tristezza e incontenibile felicità.
C'è la storia del suo bisnonno, un uomo generoso ma privo di polso - così lo definisce sua moglie -. Un uomo dall'animo irrequieto, che vorrebbe viaggiare in tutto il mondo ma resterà sempre in Islanda; pieno di risorse, di volontà, ma anche di debolezze e fragilità, con l'ossessione per l'alcool e le belle donne. Una persona complessa, con le sue luci e le sue ombre, con quella continua voglia di fuggire, ma anche ritornare, e che finirà per sposare una ragazza molto più giovane - capace di amare con tutta la forza che ha nel petto -, caparbia e sempre pronta a riparare un matrimonio con le sue falle, le sue difficoltà.
Ma c'è anche la storia di un padre, l'uomo dell'Est, che giunge a Reykjavík per lavorare come muratore, e che si innamora di una donna sognatrice e ribelle che resterà al suo fianco per poco tempo, colpita da una malattia che la debilita e rende un'estranea agli occhi del figlio. Un bambino di sette anni che si trova ad affrontare la morte troppo presto, e non comprende.
Ed è proprio quel bambino, diventato uomo, che mette insieme le trame di una vita e che ricorda con tristezza ma anche tenerezza i suoi giochi d'infanzia, nella solitudine con i suoi soldatini, ma anche in compagnia di altri coetanei, tra cui Petùr, dalle mani delicate, Agnes una bambina sfigurata dalla scossa elettrica, e il bullo Frikki. Ma intorno alla sua vita ruotano anche altri personaggi, come Böðvar, il panettiere dagli occhi rossi per l'insonnia e la tristezza, ma soprattutto una donna che all'improvviso arriva nella sua vita, e che chiameranno matrigna.
Cala la notte sulla città di Reykjavík.
Una notte nera, e sul fondo della notte giace il ragazzo. Soffre, la sua angoscia è un grido muto che si alza verso l'alto, sopra i novecentonove metri dell'Esja. Reykjavík non è importante e questo ragazzo non è proprio un bel niente, nemmeno una virgola nella storia - completamente invisibile. Eppure soffre così tanto che di fronte a questo dolore un battaglione armato fino ai denti capitolerebbe senza condizioni, una nave da diecimila tonnellate affonderebbe sotto il suo peso.
Forse sono proprio le descrizioni usate per cercare di trasmettere i pensieri e i sentimenti di un bambino di sette anni che mi hanno colpita maggiormente. L'uso di metafore e similitudini che a primo impatto possono confondere, ma che poi risultano efficaci, immagini evocative che rendono più nitide le sue sensazioni. Non è facile trascrivere su carta quello che può provare un bambino davanti a una perdita così forte come quella di una madre, eppure, a mio avviso l'autore ci riesce, anche in maniera originale, poetica.
Leggono ad alta voce l'uno all'altra, si raccontano i sogni, si scambiano baci, saliva, respiri.
Stefansson nasce infatti poeta prima di passare alla prosa, e questo si avverte.
Crepitio di Stelle è un romanzo che profuma di poesia, di frammenti di vita apparentemente semplici che però sono forse i più importanti. Non siamo di fronte a una vera e propria trama, ma a un dipanarsi di ritagli di vite diverse, ma tutte strettamente connesse.
Altro personaggio molto importante è sicuramente l'Islanda, che nel corso delle varie epoche muta, non è più la stessa. Da terra forse più spoglia, cruda, in cui non c'erano barriere tra uomo e natura, pian piano si assiste al cambiamento di una città che cresce e si amplia. L'Islanda pulsa di vita tra queste pagine.
A certi soldatini interessano le stelle. [...]
A volte mi siedo lì con loro a guardare fuori. C'è un gran buio in mezzo alle stelle. Non si sa che cosa ci sia in quel buio, forse fantasmi, faccio io, e allora loro mi chiedono di tirare le tende. È inverno e durante il giorno quando le stelle spariscono il cielo si trasforma in una lastra di ferro smerigliata. La terra s'indurisce con quel freddo, è dura come la pietra. Pianto i talloni nella terra, la scavo con un cucchiaino ma è completamente bloccata, nessuno può scendere, nessuno può venir fuori. Spero che non faccia troppo freddo sottoterra, dico allora ai soldatini, la mamma non ha preso il giaccone, è ancora appeso nell'armadio.
Mi sono approcciata con curiosità a questo libro, attratta dalla sua voce.
Un richiamo che ho deciso di ascoltare e che mi ha regalato ore di emozioni, bellezza, commozione ma anche risate. Sono i frammenti di vita quotidiana, le persone con i loro sogni, le loro scelte, gli amori non sempre facili ma che resistono alle sferzate della vita, ad attrarmi con forza. A volte possono sembrare cose semplici, ma in verità sono proprio gli elementi che a mio avviso donano le emozioni più forti. Uomini e donne che spesso si limitano a sognare, senza compiere scelte difficili che però possono rendere migliori le loro vite. Ma anche persone che scelgono di seguire il cuore, anche se l'amore non dovesse durare a lungo, anche se la morte dovesse spezzare tutto. Ma i legami restano.
L'amore in queste pagine non è mai melenso.
Ha le sue luci, le sue ombre. I momenti di pura bellezza, ma anche le difficoltà. Troviamo tradimenti, fughe, a volte lettere particolari. C'è vita e morte. Il buio della notte, e la luce delle stelle.
Inizialmente si può provare una sorta di difficoltà di fronte a uno stile per me nuovo, lirico, particolare, ma... non appena procedi con la lettura, ti abitui, e ti trovi così immerso nella poesia, nella bellezza dei gesti quotidiani, dell'Islanda, e della famiglia, che non riesci più ad allontanarti da quelle pagine. E alla fine, volti l'ultima, con un sospiro e la certezza di aver fatto bene a rispondere a quell'attrazione. Perché l'anima si è riempita di bellezza, quella delle storie, della poesia, dei sentimenti, delle parole.
La notte non è sempre la stessa. A volte soffia piano in una cornamusa piena di stelle e trasforma il regno delle tenebre e della paura in una ninnananna malinconica, a volte è luminosa come il giorno, e gli spettri che si azzardano a uscire dalla terra svaniscono con un piccolo schiocco. Nei libri antichi la notte non è descritta come buio, ma come il momento in cui il sonno acquieta tutto ciò che vive, l'aria non si muove, il mormorio delle stelle si affievolisce e il mondo trattiene il respiro. Vi sta scritto che è proprio il silenzio a riempire il terreno, la dimora dei defunti, di un'inquietudine intollerabile.
I morti si rivoltano sottoterra e per questo le chiome degli alberi tremano nel cimitero, anche se non spira un alito di vento.
Crepitio di Stelle, di Jón Kalman Stefánsson
Casa editrice: Iperborea
Traduzione di: Silvia Cosimini
Pagine: 230
Prezzo: 17 euro | 9,99 euro ebook
Anno di pubblicazione: 2020
Voto: ♥♥♥♥.5
Prodotto offerto dalla Casa Editrice, che ringrazio di cuore!