Tito Andronico, di William Shakespeare - #aTeatroconShakespeare

24 ott 2020

Libri

Lettura di ottobre per il mio progetto #aTeatroconShakespeare, un lungo viaggio nel teatro del Bardo dell'Avon.

Proprio ieri mi sono avventurata nella più violenta delle opere di William Shakespeare: Tito Andronico. L'ho divorata e, nonostante i temi e certe descrizioni abbastanza disturbanti per chi è più sensibile, mi è piaciuta molto.
Anche in questo caso si nota che siamo di fronte alle opere più giovanili del bardo, soprattutto dal fatto che - a mio avviso - c'è una minor indagine psicologica dei personaggi rispetto ai successivi e ben più noti lavori, eppure mi ha colpito, anche perché preannuncia molti personaggi che ritroveremo in seguito.

Il Tito Andronico è la più truce, violenta e anche un po' splatter - se così possiamo definirla - tra le opere di Shakespeare, e racconta la storia inventata di un generale romano e di uno scontro tra civiltà: quella apparentemente civile di Roma, e quella barbara dei Goti. Ma è anche e soprattutto un revenge play, ossia un dramma della vendetta.

Fonti

Le possibili fonti di quest'opera le possiamo riscontrare sia in alcune opere dell'antica Grecia e Roma, ma anche nei contemporanei di Shakespeare.

  • Le Metamorfosi, di Ovidio.
    Sono citate anche nell'opera dai personaggi stessi. In modo particolare, c'è il riferimento alla storia di Filomela e Tereo. La donna, infatti, fu violentata da Tereo re della Tracia, e le fu tagliata la lingua in modo da non poter parlare. Così, ma in forma anche più grave, accadrà a Lavinia, figlia di Tito.
  • Tieste, di Seneca.
    Il tema della vendetta qui è evidente, così come l'uccisione di figli, poi proposti come cibo ai genitori.
  • La tragedia spagnola, di Thomas Kyd.
    Soprattutto per la doppia follia di Tito - vera, a seguito di un forte turbamento, ma anche strumentale al suo piano di vendetta -.
  • L'ebreo di Malta, di Christopher Marlowe
    Nella somiglianza del villain Aaron con l'ebreo Barabas.

Pensieri sull'opera

Aaron:
Oh, come m'ingrassa questa malvagità al sol pensarci! Gli stupidi facciano il bene e i giusti chiedano grazia, Aaron avrà l'anima nera come la sua faccia.  

© quadro di Samuel Woodforde 

Tito Andronico è ambientato in un'epoca remota, vaga, che si può avvicinare al Tardo Impero Romano. Siamo in un mondo in cui i valori su cui si fondava la società romana, ossia l'onore e la pietas iniziano a sfaldarsi, sia per la pressione esterna dei barbari (i Goti) sia per la crisi interna delle istituzioni romane.

Il dramma Shakespeariano ha iniziato con il ritorno vittorioso in patria di Tito Andronico, generale romano, che è riuscito a battere i Goti, pur dovendo piangere molte delle vite dei suoi figli. Con sé, porta anche la regina dei barbari, Tamora, i suoi figli, e Aaron il Moro, il suo amante - il vero villain di tutta la tragedia, un individuo dall'animo corroso dal male più oscuro.

Arrivati dinnanzi ai tribuni, viene proposto di immolare in sacrificio il primogenito di Tamora, alla memoria dei figli caduti nella guerra. Nonostante le suppliche della donna, i romani restano sordi, e lo uccidono, dimostrando sin da subito di non essere meno barbari dei Goti. Tamora medita sin da questo momento vendetta.

Tito Andronico, nonostante la popolarità, sceglie di non assurgere al comando di Roma, e lascia il suo posto al primo figlio del vecchio imperatore, Saturnino, che decide di scegliere come moglie proprio Tamora - dopo che si scopre che Lavinia (figlia di Tito e promessa sposa) e Bassiano (il fratello minore) si sono sposati.

Ma ci si scorda ben presto del successo di Tito in campo bellico. Infatti, da un lato troviamo l'invidia del neo-imperatore per la popolarità dell'uomo, dall'altro la furia vendicatrice di Tamora. A loro si unisce Aaron, il villain privo di cuore, che suggerisce ai figli della donna cosa fare con Lavinia - che tanto, entrambi, desiderano.

Durante una battuta di caccia, Bassanio viene ucciso, e Lavinia viene violentata, e le vengono tagliate le mani e la lingua. Derisa, umiliata, torna a casa, non potendo però dir nulla. Dell'uccisione dell'amato vengono incolpati due dei figli di Tito, che vengono uccisi, nonostante l'uomo implori pietà e sia disposto a tranciare una sua mano in cambio della loro vita.
Ma tutto ciò è un sadico disegno di Aaron, che spinge l'uomo a tagliarsi una mano, pur essendo consapevole che non serva nulla, e infatti, indietro non torna solo il suo arto reciso ma anche le teste dei suoi due figli, e l'esilio del terzo, Lucio.

Aaron:
Se ci sono i diavoli, vorrei essere un diavolo, per vivere e bruciare in un fuoco eterno, pur di avere la tua compagnia all'inferno e tormentarti con la mia lingua amara. 

Tito subisce un profondo turbamento che lo porta alla follia e a una sorta di contro-vendetta. Ma la sua follia è anche strumentale, come accadrà anche per Amleto. Fingersi pazzo agli occhi dei nemici, lo aiuterà nel suo terribile piano: uccidere i figli di Tamora, che scoprirà colpevoli di ciò accaduto a Lavinia, e darli in pasto a un banchetto alla loro madre.

Il finale della tragedia si comprenderà. Del resto, tutte le tragedie di Shakespeare finiscono con molti morti e sangue, no?

Ci sono vari aspetti di questo dramma che ho trovato molto interessanti.
Innanzitutto questo continuo riferimento a le Metamorfosi di Ovidio, che vengono anche espressamente citate nel testo da alcuni personaggi, per permettere a Lavinia di far scoprire chi l'ha ridotta in quello stato. Ci sono anche diversi legami con l'Eneide, ma anche con opere latine, e al poema Lo stupro di Lucrezia scritto da Shakespeare nel medesimo periodo di questa tragedia.
Ci sono poi moltissimi elementi che ritroveremo nelle prossime opere del Bardo: leggendo questi personaggi, sembra di rivedere Amleto nella sua vera-finta follia; ma anche Re Lear e sua figlia Cordelia nel rapporto tra Tito e Lavinia. Ma ritroviamo anche Otello e Coriolano nell'eroico generale romano, che però dimostra inizialmente anche superbia.

E poi c'è Aaron, finora il peggior villain di cui io abbia mai letto. In effetti, appare come un'anticipazione del ben noto Iago. Aaron si diverte a far del male, e nella sua natura, ci prova vero godimento e nessun pentimento. In quest'opera però si nota anche il razzismo della società elisabettiana dell'epoca. Aaron è un nero, che viene quindi visto male. A differenza di Otello, però, in questo caso il personaggio è del tutto negativo.

Ho trovato affascinante anche il travestimento di Tamora e dei suoi figli, tesi a turbare Tito, non sapendo della sua finta follia. Tamora appare sul palco nelle vesti della Vendetta, mentre i suoi figli in quelli di Stupro e Assassinio.

Siamo di fronte anche a uno scontro tra civiltà che però non risultano poi così differenti. La civile Roma, infatti, sembra divenire sempre di più un covo di tigri, senza più valori come l'onore e la pietas; mentre curiosi sono i Goti, che non appaiano quasi per nulla barbari ai nostri occhi.

Tito Andronico:
Ascoltate, scellerati, vi macinerò le ossa in polvere, e con quella e il vostro sangue farò una pasta, e con la pasta preparerò una sfoglia per fare due pasticci delle vostre teste infami, e inviterò quella puttana, la vostra empia fattrice, a inghiottire, come la terra, la sua stessa progenie.  

Molti critici hanno messo in dubbio la piena paternità di Shakespeare per quest'opera.
Personalmente non sono in grado di espormi su questo punto, essendo una semplice lettrice, ma a me è piaciuta molto.
Non è ancora a livello delle opere più conosciute, delle quali tratterò più avanti, è ancora acerba, ma mi ha colpito molto.

Resta una tragedia molto violenta, non facile da digerire. Forse non adatta alle personalità più sensibili e fragili, soprattutto pensando a quel che accade a Lavinia. La violenza, lo stupro, l'amputazione degli arti, la disumanizzazione della donna che viene resa vedova, silente, che vive ancora ma senza più onore, fa male da leggere e immaginare. Anche l'idea di dare in pasto i figli alla propria madre, non è qualcosa gradevole da leggere, nonostante si fossero macchiati di colpe terribili.
Personalmente non so se riuscirei a vederla a teatro, per quanta violenza c'è.

Ecco, non è un'opera facile.
Scorre molto sangue, molto dolore.
Tra tutti, comunque, spicca davvero il villain per eccellenza: Aaron. Il suo inganno, il suo macabro cinismo, la sua opera di persuasione, la sua crudeltà totale che non lo fa mai avere un tentennamento, una qualche forma di pentimento.

Quest’opera fa parte del libro Shakespeare Opere Complete, pubblicato da Garzanti. Prefazione, traduzione e note sono – in questo caso – di Alessandro Serpieri.

Voto: ♥♥♥♥

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