Il vampiro, di John William Polidori - Recensione

8 ott 2020

Libri

Nel giugno del 1816, nella famosa Villa Diodati nei pressi di Ginevra, alcuni amici si riuniscono per trascorrere del tempo insieme. In una serata piovosa e fredda, per ingannare il tempo, si divertono a raccontarsi storie da brividi. Fino a quando, uno dei presenti, propone una sorta di sfida creativa: entro un tempo ben precisato, ciascuno di loro avrebbe dovuto scrivere un racconto terrificante ispirandosi ad alcuni dei testi che stavano leggendo con passione, la Fantasmagoriana e Christabel, novella in versi di Coleridge.

Sembra quasi di introdurre un racconto, ma siamo di fronte a un fatto storico ben preciso: l'incontro di alcuni grandi scrittori e poeti in quella Villa e la celebre serata che darà vita a opere che ancora oggi leggiamo con profondo amore.
Chi erano i protagonisti?
Lord Byron, Mary Wollstonecraft Godwin - in seguito conosciuta come Mary Shelley -, Percy Shelley, Claire Clairmont, sorellastra di Mary, e... John William Polidori, medico e amico di Lord Byron.
Se tale occasione darà a Mary l'opportunità di scrivere la sua opera più famosa, Frankenstein, Lord Byron si limiterà a scrivere solo una bozza di una storia, ma tale basterà per accendere la fantasia di quel personaggio minore, messo un po' da parte, con il quale pian piano entrerà in contrasto.

Ispirandosi a quel Frammento, infatti, Polidori darà vita a un racconto breve con un protagonista finora insolito, un archetipo di quella figura oscura che verrà poi ripresa da altri autori negli anni e secoli successivi (da Le Fanu con la sua Carmilla, al Dracula di Bram Stoker, solo per citarne alcuni): un vampiro. Ma non siamo di fronte a un'immagine folkloristica, un non-morto che risorge dalla propria tomba e va a succhiare il sangue e così la vita ai suoi familiari, un mostro orrendo che incute solo spavento, bensì un vampiro che ha le fattezze di un gentiluomo, una sorta di dandy che si muove con eleganza nei salotti londinesi, che gioca d'azzardo con abilità e seduce le donne portandole alla perdizione, all'immoralità. Un vampiro potente, che soggioga gli umani, che li piega al suo volere. Che appare quasi completamente umano, se non fosse per alcune caratteristiche, per certi problemi.

Durante un inverno, proprio nel pieno della stagione mondana londinese, frenetica e dissipata, cominciò a fare le sue prime apparizioni nei salotti più eleganti un aristocratico che attirava l'attenzione più per la sua stravaganza dei modi che per la nobiltà dei natali.

© una valigia ricca di sogni

L'edizione che ho avuto il piacere di leggere - di Edizioni Studio Tesi - è molto interessante perché non racchiude solo il racconto di Polidori, bensì cerca di narrare le vicende storiche della genesi e del successo dell'opera, ma aggiunge anche il Frammento di Lord Byron da cui è stata presa l'ispirazione, e un ulteriore racconto “La sposa delle Isole” che ha altri elementi in comune con Il Vampiro, ma anche lettere e pagine di diario degli autori coinvolti. Il tutto è arricchito anche da alcune illustrazioni in bianco e nero che contribuiscono a creare l'atmosfera giusta dei fatti narrati.

John Polidori, figlio dell'italiano Gaetano Polidori - primo traduttore italiano de Il castello di Otranto di Horace Walpole e segretario di Vittorio Alfieri - nacque in Inghilterra e si laureò appena diciannovenne all'Università di Edimburgo. Venne presto notato dall'ambiguo Lord Byron che lo volle come suo medico personale.

Nel 1816 i rapporti tra Lord Byron e John William Polidori si interrompono in modo burrascoso. Il polemico Polidori non sopporta più l'arroganza e le prese in giro del più influente Lord Byron, che tra le altre cose gli attribuisce l'assurdo epiteto Polly Dolly. I due uomini si allontanano, e Polidori decide di scrivere il suo racconto, quasi che fosse una sorta di sfida verso quell'uomo che lo aveva fatto sempre un po' vivere all'ombra del suo successo, facendolo sentire inferiore, prosciugandolo con la sua personalità a tratti affascinante ma anche oscura. Ne parla con la sua amica, la Contessa di Breuss, che lo sprona a scrivere. Polidori in soli due giorni scrive il manoscritto che, attraverso Madame Gatelier (un'amica della contessa), arriva nelle mani dell'editore Henry Colburn, firmato con la sigla Lord B.

Ecco che inizia il primo fraintendimento. Infatti, il racconto è pubblicato nel 1819 in The New Monthly Magazine attribuendolo erroneamente a Lord Byron, e ottiene subito un grande successo. Non bastano le lettere di Lord Byron per spiegare che non sia una sua opera, per molto tempo il racconto continua a essere pubblicato sotto il suo nome.

Altro fatto curioso è che nella caratterizzazione dei personaggi principali ritroviamo un riflesso dei due uomini: Lord Byron nelle vesti del vampiro Lord Ruthven, affascinante, misterioso, oscuro, potente, e il “povero Polidori” in quelle di Aubrey, il romantico e giovane gentiluomo che rimarrà ammaliato e poi piegato dalla potenza del vampiro, fino a divenirne la vera vittima.

Il suo volto era mortalmente pallido e non si tingeva mai di colore più vivo, né per rossore di modestia, né per vampa di passione; aveva, tuttavia, lineamenti bellissimi cosicché le donne smaniose di mettersi in mostra facevano di tutto per conquistarlo o per strappargli, almeno, un cenno di attenzione.

Ma di cosa parla il racconto?
Protagonisti sono Aubrey, un giovane gentiluomo, che conosce e rimane irrimediabilmente attratto da Lord Ruthven, un uomo di origini misteriose che s'introduce nell'alta società londinese. Incurante delle male voci, decide di unirsi a lui per una sorta di Gran Tour in Europa, toccando città come Roma e Atene. In questo suo viaggio, resterà però turbato dal comportamento irrispettoso del suo compagno: il Lord ama elargire il suo denaro a uomini e donne dediti ai vizi, e corrompere le anime innocenti, facendole sprofondare in un baratro di immoralità e perdizione. Quando decide di sedurre anche la virtuosa figlia di una loro reciproca conoscenza, Aubrey decide di abbandonarlo e proseguire il viaggio da solo.
Arrivato in Grecia conosce una fanciulla, Ianthe, per la quale inizia a provare affetto, e lei le racconta delle storie sui vampiri. Leggende e folklore di quei luoghi che però, da principio, non sembrano impressionare il giovane. Ma una notte la donna muore, e la gente del luogo attribuisce la causa proprio a quelle strane figure oscure, e ci sono domande che iniziano a pulsare nella mente di Aubrey.

È qui che ritrova anche Lord Ruthven al quale si aggrega di nuovo, ma... a causa di un attacco di briganti, l'uomo viene ferito a morte, e prima di morire chiede ad Aubrey una promessa: non dovrà parlare delle sue azioni e della sua morte ad anima viva per un anno e un giorno. Il ragazzo giura, e dopo poco torna in Inghilterra.

Ma... non posso svelare di più.

Sul collo e sul petto la fanciulla aveva gocce di sangue e portava sulla gola i segni dei denti che le avevano squarciato la vena.

La figura del Lord da un lato affascina per i suoi modi, dall'altro turba per quell'insana passione per il gioco d'azzardo, per quella voglia di rovinare le persone virtuose, e quell'attrazione morbosa verso i vizi.

All'apparenza il racconto può sembrare molto semplice, a tratti prevedibile, le figure non estremamente approfondite, pochi i dialoghi, ma le descrizioni le ho trovate davvero poetiche e cupe, in alcuni casi molto belle da leggere. L'aspetto sorprendente è sicuramente il finale, insolito rispetto alle storie che hanno come protagonisti questi figli delle tenebre, e che per questo ho molto apprezzato.

Il vampiro è un vero e proprio racconto Gotico, avendo al suo interno tutti i tratti e le caratteristiche del genere: dai paesaggi con delle rovine, ai luoghi tenebrosi, alla presenza di fanciulle vergini quali vittime sacrificali, ma anche l'esaurimento nervoso di chi è colpito e preda del male, il conflitto interiore, la morte. Anche il risvolto psicologico del giovane Aubrey, l'orrore che vive e che lo porta a perdersi in un abisso terribile, coinvolge il lettore e lascia il segno.

È un racconto da leggere, soprattutto perché è grazie a Polidori che ha avuto origine quella figura moderna del vampiro: elegante, seducente, che si muove tranquillamente in mezzo ai vivi, nell'alta società, affascinando ma allo stesso tempo provocando una sensazione di terrore. Una versione nuova rispetto al passato, che è stata poi ampliata dagli autori successivi fino ai nostri giorni. Se amate il genere gotico/horror è una di quelle piccole perle da leggere, e inserire nel proprio bagaglio culturale.

Io consiglio questa edizione degli Studi Tesi, perché permette di conoscere tutta la storia della nascita e pubblicazione del racconto, con le sue controversie e anche di fare un vero e proprio confronto con il Frammento di Lord Byron fonte di ispirazione per Polidori, ma anche di trovare le somiglianze con l'altro racconto che ho menzionato già.

Una lettura davvero interessante. Da recuperare.


Il vampiro, di John W. Polidori
Traduzione di: Giovanna Franci e Rosella Mangaroni
Casa editrice: Edizioni Studio Tesi
Pagine: 120
Prezzo: /
Anno di pubblicazione: 1995

Voto: ♥♥♥♥

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