La tappa di agosto per il mio lungo progetto alla scoperta o riscoperta delle opere del Bardo inglese, è stata La commedia degli errori.
La commedia degli errori (o degli equivoci) è una delle prime opere scritte da William Shakespeare, e tra le più brevi.
Fonti:
La fonte principale - ma non l'unica - è “Menaechmi” di Plauto. Ma il bardo inglese, come sempre, l'arricchisce di nuovi dettagli, forme, temi. In questo caso “raddoppia il doppio”: i gemelli non sono solo due, ma quattro, aumentando così gli elementi di comicità e confusione, tra i personaggi ma anche per il pubblico/lettore.
Altre possibili fonti sono: Amphitruo, di Plauto, un brano della Confessio Amantis di John Gower, e rimandi alla Bibbia o al Paolo degli Atti degli Apostoli.
Pensieri sull’Opera
Vale di più la libertà degli uomini di quella di noi donne?
L'opera si apre con una sorta di cornice al gioco di equivoci che seguirà: Egeone, mercante di Siracusa, è condannato a morte dal duca di Efeso - “cittá di streghe e misteri”, in cui è ambientata l'opera. Ma riesce ad ottenere qualche ora in più, muovendolo a pietà con la sua storia.
Egeone, a seguito di una tempesta, ha perso sua moglie e uno dei suoi gemelli (insieme al suo servo, anch'egli gemello) e ora è lì giunto per cercare il figlio rimasto, partito con il suo servo alla ricerca del fratello.
Si creano così continue gag esilaranti, avvenimenti spassosi e pieni di confusione, scambi di identità continui tra i due Antifoli e i due Dromio che non vengono riconosciuti neanche da mogli e cognate.
Il tutto è concentrato in un giorno.
Sono una goccia d'acqua nell'oceano che invano cerca un'altra goccia, e poi, non riuscendo a trovar chi le somigli, angosciata, non vista, si disperde.
Una commedia davvero divertente ma anche interessante per il concetto della fragilità dell'identità e delle relazioni umane. Chi siamo veramente? E gli altri ci conoscono davvero o vedono solo l'apparenza?
Pensiamo, ad esempio, al fatto che neanche le persone più vicine - come la moglie o il servo - riescono a riconoscere il vero marito o padrone. Tutto si basa sull'apparenza, allora?
Anche qui c'è un dialogo tra donne, sulla sottomissione ma anche sul ribellarsi a tale situazione. Adriana - moglie di Antifolo di Efeso - e sua sorella Luciana discutono sul ruolo e le virtù che deve avere una donna. Se Luciana incarna con le sue parole il modello della donna sottomessa al marito, Adriana inizia a interrogarsi sui motivi di tali differenze tra uomo e donna, pensieri che hanno uno spirito più moderno, e che si riflettono bene anche in epoche successive a quelle di Shakespeare, anche l'attuale in cui viviamo.
C'è, inoltre, il rapporto tra servo e padrone.
Questa è città di streghe, di misteri: è dunque tempo che la lasci. Quella che mi chiama marito, la detesto con tutta l'anima; invece la sorella, piena com'è di grazia e di parole dolci e suadenti, mi ha quasi portato a tradire me stesso. Ma non voglio macchiarmi di una colpa di tal genere; non udrò più quel canto di sirena.
Personalmente l'ho trovata davvero spassosa. Mi è piaciuta moltissimo, pur nella sua brevità. Immaginandola in un contesto teatrale, anche gli spettatori risultano totalmente coinvolti, dovendo riuscire a comprendere insieme ai personaggi quale sia l'Antifolo di Efeso o quello di Siracusa, il Dromio di Siracusa o quello di Efeso. In uno scambio continuo, fraintendimenti che scatenano risate. Divertimento assicurato!
Insomma, da un inizio quasi tragico - il rischio della morte del padre - si giunge al consueto lieto fine, passando in un gioco ilare che sorprende.
Quest’opera fa parte del libro Shakespeare Opere Complete, pubblicato da Garzanti. Prefazione, traduzione e note sono – in questo caso – di Guido Fink.
Voto: ♥♥♥♥.75