Riccardo III, William Shakespeare - #aTeatroconShakespeare

3 lug 2020

Arte, Musei e Teatro
Libri

Prosegue il mio viaggio tra le opere di William Shakespeare e, per la tappa di Giugno, ho letto il Riccardo III, concludendo così la prima tetralogia storica. Delle altre parti vi avevo parlato in questo articolo sull'Enrico VI.

Siamo quindi ancora nei Drammi Storici Inglesi, e con il terribile Riccardo III si conclude la Guerra delle due Rose, e inizia l'ascesa dei Tudor. Partiamo da ciò per esprimere un pensiero. Cercando informazioni sul Riccardo storico, è emerso che non tutti concordano su una caratterizzazione così malvagia, ma... si sa, il Bardo sceglie determinate fonti, e a quelle si attiene e, in secondo luogo, essendo vissuto nel periodo di Elisabetta I (Tudor) è logico che debba elogiare in qualche modo la sua dinastia.

Lo si è visto, a mio parere, già nella descrizione di Giovanna d'Arco, molto distante da quella storica. Ma, in fondo, è una nemica degli inglesi... diventa quindi normale descriverla in modo peggiore.

[Piccola Postilla: in questi articoli su Shakespeare io esprimo i miei personali pensieri, che fanno riferimento anche a ricerche che cerco di fare prima di parlarne. MA, non sono un'esperta, quindi non prendete tutto come verità e certezza. Sono una lettrice e un'appassionata del bardo inglese, tutto qui.]

 

Fonti:

History (1513 ca) di Thomas More Anglica Historia di Polidoro Virgilio Cronache di Hall e di Holinshed.

Il Riccardo III (The Life and Death of King Richard The Third) appare a stampa, per la prima volta, in un'edizione in-quarto del 1597 e, con il nome dell'autore, nel 1598. [* info prese dalla premessa all'opera dell'edizione che ho letto]

Pensieri sull'Opera:

 

Un cavallo, un cavallo! Il mio regno per un cavallo!

 

Riccardo_IIIIl Riccardo III è uno dei drammi più lunghi del canone Shakespeariano, e tra i più ricchi di personaggi. Si apre con Riccardo stesso che in un intenso monologo parla con la sua ombra, e riflette sulla sua esistenza e deformità. Sembra quasi che quel periodo di pace nel quale vive l'Inghilterra sotto il regno del fratello, Edoardo IV di York, non lo renda sereno. Anzi. È come se si sentisse tagliato fuori dalla vita, dai piaceri. Lui, così deforme e allontanato da tutti, cova una sorta di risentimento interiore, che lo spinge a formulare numerosi piani, sotterfugi e azioni che potrebbero portarlo a ergersi al di sopra di tutti coloro che sembrano disprezzarlo.

Quello che subito appare evidente è la sua abilità retorica: Riccardo mente, in alcuni casi riesce a plagiare le menti, con le sue parole ingannevoli, infide. All'esterno mostra una parvenza di devozione e modestia, ma all'interno cova un tale rancore e una bramosia di potere così forte da spingerlo a intessere spietate azioni, e assassini anche contro i suoi stessi fratelli e i nipoti. La loro colpa? Essere degli ostacoli per la sua salita al trono.

Le estati brevi hanno probabilmente una precoce primavera.

 

Riccardo non sembra mostrare pietà neanche per quanto riguarda dei bambini. Plagia Anne, la sposa, e poi se ne libera quando non serve più. E così fa con tutti coloro che potrebbero ostacolare il suo cammino verso la corona, il trono. Elimina tutti i potenziali rivali, in maniera sadica, con disumana ferocia.

La deformità fisica sembra quasi divenire un'emanazione del male. A essa s'intreccia una mente feroce, una sete di potere che, però, pian piano lo consuma, lo logora dentro.

La particolarità di William Shakespeare sta nel narrare un frammento di Storia Inglese, andando a focalizzare lo sguardo sull'interiorità dei personaggi, più che sull'azione. A una lettura superficiale, infatti, potremmo forse fermarci alla crudeltà immensa di un tale personaggio, nutrendo un disprezzo totale per lui. Eppure, come sempre, il bardo non giudica. Spinge lo spettatore a farsi la sua idea.

Personalmente penso che sia facile, con una tale descrizione, disprezzare un essere così spregevole. Come puoi apprezzare, in fondo, chi fa uccidere innocenti pur di ottenere il potere? Chi riesce ad a soggiogarti con le sue parole melliflue, a farti cedere, per poi pugnalarti alle spalle? Dall'altro lato è, però, il tipico esempio di chi sentendosi diverso, disprezzato da tutti per il suo aspetto, non riuscendo a raggiungere i propri desideri, cova dentro così tanto rancore, che esplode in una violenza spesso inaudita.

... la pietà lacrimosa non alberga in questi occhi.

   

Ma chi cede all'ombra, rischia di venirne avvolto. Ed è quello che accade a Riccardo III. Ne resta accecato, lui vuole restare su quel trono che ha preso versando sangue innocente, vede nemici ovunque e... in uno degli atti, per me, più belli dell'opera, ecco che i suoi sensi di colpa vengono fuori come fantasmi. Tutte le persone che lui ha ucciso, tornano la notte precedente la battaglia finale di Bosworth Field, per accusarlo dei suoi delitti e maledirlo - benedicendo, invece, al contrario il Conte di Richmond, futuro Enrico VII -.

Nell'ultima parte, infatti, vediamo un Riccardo III ben diverso. Ormai solo, senza neanche il suo cavallo, si sente inerme, ha paura di morire. È disposto ora a cedere il regno, pur di avere un cavallo con il quale scappare via.

Affascinanti e potenti anche in quest'opera sono le donne, o meglio in modo particolare Margherita d'Angiò - sposa dell'Enrico VI - che ha ormai perso tutto: il marito, il figlio, la corona, e non avendo più nulla, riversa la maledizione su tutti quelli che le hanno tolto quel che più amava. Una maledizione così potente da avverarsi in ogni suo piccolo frammento. Diviene una sorta di Strega, una Veggente, che vuole vendicarsi, e che in qualche modo ci riesce. Le sue parole anticipano tutto ciò che di lì a breve, accadrà. Lei è forse davvero l'unica - o forse tra i pochi - che riesce sempre a opporsi a Riccardo III, a vedere oltre la maschera che lui mostra agli altri.

Insomma, è un'opera che mi è piaciuta molto. Purtroppo come sempre non so se io sia riuscita a esprimere al meglio i concetti. Parlare di Shakespeare non è mai facile, e sicuramente c'è molto altro dietro le righe.

 

Non c'è creatura che m'ami, e , se muoio, nessuna anima avrà pietà di me...

   

Quest'opera fa parte del libro Shakespeare Opere Complete, pubblicato da Garzanti. Prefazione, traduzione e note sono - in questo caso - di Vittorio Gabrieli. La traduzione è stata condotta sul testo del Richard III, basato sull'in-folio, edito a cura di A. Hammond per l'Arden Shakespeare.

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