La svastica sul sole, di Philip K. Dick - Recensione

23 giu 2020

Libri

Lettura di giugno per la #fantadistochallenge di Sono Solo Libri.

Ci siamo, di nuovo. Ho voluto leggere un altro libro di Philip K. Dick, questa volta con una grande curiosità - dettata soprattutto dalla visione della serie tratta da quest'opera - ma... secondo me ho dei problemi con questo autore. No, fermiamoci un attimo per spiegare. L'idea mi piace tantissimo, ma complice anche il fatto che Dick non ha mai potuto scrivere i seguiti, tutto rimane un po' troppo sospeso, e questo - per me - penalizza un po' la lettura. A ciò si aggiungono alcune parti non proprio scorrevoli, soprattutto relative all'I-Ching e i pensieri filosofici e religiosi cinesi, che per quanto molto interessanti, per chi non conosce quasi nulla, non è facilissimo da seguire (almeno a mio avviso).

Fatta questa premessa, lo consiglio? Per il tema e l'idea sì, molto. Come primo approccio al genere ucronico/fantascientifico non ne sono così convinta. Ma se avete visto la serie The Man in the High Castle, e volete saperne di più del libro, vi avviso che riprende solo alcune cose e immagini. Molti personaggi - tra cui due molto importanti, scordatevi Smith e famiglia, e l'ispettore Kido!  - mancano, e, come dicevo, il romanzo si ferma piuttosto presto, lasciando tutto in una sorta di sospensione e di apertura.

Ma ora, parliamo meglio del libro!

La Svastica sul sole (The man in the high castle) è un romanzo ucronico del 1962 (ambientato proprio in questo anno) e vincitore del premio Hugo come miglior romanzo nel 1963.

L'opera di Dick inizia da una domanda: che cosa sarebbe successo se a vincere la Seconda Guerra Mondiale fossero state le forze dell'Asse? Quale scenario mondiale e politico sarebbe emerso?

Viviamo in un mondo psicopatico. I pazzi sono al potere. Da quanto tempo lo sappiamo? Da quanto tempo affrontiamo coraggiosamente questa verità? E... quanti di noi lo sanno? [...] La loro visione è cosmica. Non un uomo qui, un bambino là, ma un'astrazione: razza, terra. Volk. Land. Blut. Ehre. (Popolo. Terra. Sangue. Onore). Non l'onore degli uomini degni d'onore, ma lo stesso Ehre; l'astratto è reale, la realtà è invisibile, per loro. Die Güte - il Bene -, ma non i buoni, quest'uomo buono. È il loro senso dello spazio e del tempo. Vedono al di là del presente, nell'immensa profondità nera che sta oltre, l'immutabile. E questo è fatale, per la vita. Perché alla fine non vi sarà più vita...

 

Siamo più precisamente in America, divisa in due tra la Germania Nazista - Stati Uniti d'America e uno Stato razzista a Sud - e l'Impero Giapponese - Stati Americani del Pacifico -, divisi da un cuscinetto neutrale: gli Stati delle Montagne Rocciose.

Attraverso diversi punti di vista dei protagonisti, apprendiamo che in questo presente alternativo al nostro, l'Italia fascista pur essendo tra i vincitori, è subordinata al Reich. I tedeschi hanno prosciugato completamente il Mediterraneo, conquistato quasi completamente l'Africa, in un'operazione di sterminio non proprio dissimile da quello perpetrato contro gli ebrei e altre minoranze, inoltre, hanno progettato razzi ultraveloci per i viaggi intercontinentali, iniziando una corsa allo spazio per colonizzare la luna, Venere e Marte. In Germania, Hitler è ormai “fuori gioco” affetto da sifilide, e Martin Bormann Cancelliere del Reich muore, lasciando un vuoto amministrativo, nel quale si ritrovano a scontrarsi numerosi personaggi storici: Goebbels, Heydrich, Göring, Seyss-Inquart.

La storia narrata da Dick si focalizza, però, nella parte occidentale governata dai Giapponesi. Se i tedeschi hanno imposto le regole della dittatura nazista, i Giapponesi appaiono più moderati, contraddistinti quasi dalla solita eleganza nei modi e nei gesti, ma hanno forme più sottili - ma non meno insidiose - per amministrare il proprio controllo sui cittadini Americani. Sono caratterizzati soprattutto da un grande amore per i manufatti artistici della storia Americana, ma sembrano quasi negare alla popolazione locale la possibilità di un futuro, spegnendo il loro estro creativo.

 

La vita è breve, pensò. L'arte, o qualcosa che non è la vita, è lunga, si stende all'infinito, come un verme di cemento. Piatta, bianca, non logorata da ciò che l'attraversa e che la calpesta. E qui sono io. Ma ora non più.

 

I personaggi sono diversi: apparentemente sconnessi, in verità, le loro azioni e pensieri li portano a incontrarsi e scontrarsi in più di un'occasione.

Robert Childan è il proprietario di un negozio di antiquariato l'Anonima Manufatti Artistici Americani. Ha una sorta di avversione ma anche rispetto per i Giapponesi, con i quali ha diversi rapporti per questo suo lavoro.

Frank Frink è un orafo ebreo. Nato Fink, ha dovuto cambiare il suo nome per salvarsi dalla strage perseguita dai nazisti. Gli ebrei, infatti, insieme agli slavi, ai rom, e ad altre minoranze sono stati sterminati, riuscendo a seguire il progetto della Razza Ariana voluto da Hitler e i suoi seguaci. Insieme al suo amico Ed, creano la EdFrank per realizzare gioielli moderni. Il loro lavoro, all'apparenza superficiale, sarà un tassello molto importante che coinvolgerà altri personaggi.

 

Sì, questo è il lavoro dell'artista; prende la roccia minerale dalla terra silenziosa e scura, la trasforma in una forma celestiale che splende e riflette la luce. Ha portato i morti alla vita. Un cadavere trasformato in qualcosa di fiammeggiante; il passato ha ceduto al futuro.

 

Nobusuke Tagomi è un importante funzionario giapponese per la Missione Commerciale Nipponica di San Francisco. Come nella serie, anche qui si ritrova a svolgere un ruolo molto importante e delicato. È il personaggio per me più affascinante, soprattutto grazie a un'istantanea molto importante che può aprire il romanzo a qualcosa di più - se solo avesse avuto il tempo di continuare a scrivere! -.

Juliana Frink, ex moglie di Frank, insegnante di Judo, vive a Canon City, nel Colorado, negli stati delle Montagne Rocciose - il cuscinetto neutrale tra gli Stati Uniti D'America governati dai Nazisti e gli Stati Americani del Pacifico sotto il controllo Giapponese. La sua curiosità verso il libro La cavalletta ci opprime, la spingerà a voler conoscere l'autore, ma nel suo percorso incontrerà Joe. - Lo ammetto, è un personaggio che non ho particolarmente amato nella serie, e ancor meno nel libro -.

Joe Cinnadella si presenta come un immigrato ed ex soldato italiano, in realtà si scoprirà essere qualcuno di molto diverso e con un obiettivo ben preciso.

Hawthorne Abendsen è l'autore del libro La cavalletta ci opprime (titolo di questa traduzione), un testo in cui viene presentato un presente molto diverso da quello in cui vivono, in cui Germania e Giappone sono stati sconfitti, e proprio per questo proibito dai Nazisti.

E, infine, Baynes, un importante imprenditore svedese che arriva negli Stati Americani del Pacifico per una trattativa d'affari con la Missione commerciale Nipponica. In verità,  la sua identità è un'altra.

Il Tao è ciò che permette prima la luce, poi l'oscurità. Le occasioni di influenza reciproca delle due forze primordiali, in modo che vi sia sempre un rinnovamento. L'universo non si estinguerà mai perché quando l'oscurità sembra avere annientato tutto, sembra essere davvero trascendente, i nuovi semi della luce rinascono dal profondo. Questa è la Via. Quando il seme cade, cade nella terra, nel suolo. E sotto, lontano da ogni sguardo, comincia a vivere.

Essenziali nel testo sono soprattutto due libri attraverso i quali si snodano le varie vicende e scelte dei differenti personaggi: da un lato, l'I-Ching o Libro dei mutamenti, oracolo divinatorio usato per prendere delle decisioni importanti; dall'altro La Cavalletta ci opprime, un libro proibito dai Nazisti, in quanto descrive un mondo in cui le potenze dell'Asse hanno effettivamente perso. Ma non fermiamoci a pensare che quello descritto sia il nostro mondo, anzi! Qui a governare tutto sono l'America e l'Impero Britannico, che pian piano non si dimostreranno poi così differenti da Giappone e Germania. Si forma così una sorta di ucronia nell'ucronia, se così si può dire, un gioco di specchi che ho trovato molto interessante. Peccato non sia stato - per forza di cose - molto approfondito.

Ma la domanda che muove tutto è: si tratta di realtà o finzione? Il mondo in cui vivono i personaggi è reale o solo creato dagli oppressori? Questa domanda si rivela non solo nel libro che muove le redini della trama, ma anche in una scena che vede protagonista Tagomi.

Interessante è anche, secondo me, la presenza di una sorta di riscatto umano che avviene grazie ad alcuni personaggi e oggetti, dei simboli importanti affinché il popolo oppresso possa tornare a rialzarsi. Un nuovo inizio... sotto forma di minuscoli semi imperituri. Di bellezza. L'importanza dell'azione umana, della resistenza, fatta molto spesso anche di piccoli, importanti, e coraggiosi gesti. Anche da un semplice monile, o da un libro, si possono fare i primi passi verso una sorta di libertà.

Non so se io lo abbia ben interpretato, perché secondo me c'è molto altro tra le righe. Infatti, a fine lettura, per diversi giorni ho continuato a pensarci. Questo per me è comunque un sintomo positivo: non lo ritengo un capolavoro, soprattutto perché non completo - e per alcuni versi approfondito - ma è stata comunque una lettura interessante - certo, non delle più leggere -.

Finirà, pensò Childan. Un giorno o l'altro. L'idea del luogo. Non più governati e governanti, ma gente.

       

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La svastica sul sole, di Philip K. Dick Casa Editrice: La tribuna - sfbc Traduzione di: Romolo Minelli Pagine: 323 Anno di Pubblicazione: 1965 PRIMA EDIZIONE

Voto: ♥♥♥.5

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