Non leggo molti libri di non fiction, saggi, o simili. Ma in dei momenti sento il bisogno di farlo, soprattutto per riflettere su certi argomenti che mi toccano personalmente, e nei quali so bene di ritrovarmi. Vita su un pianeta nervoso di Matt Haig, pubblicato da Edizioni E/O è uno di quei titoli che mi ha sempre attratta, e complice una promozione su Amazon di qualche settimana fa, l'ho recuperato e letto.
È uno di quei libri dove si possono trovare apparentemente tante frasi fatte, che potrebbero far storcere il naso a molti, ma che in verità fanno molto riflettere. Sembra quasi di parlare con una sorta di voce amica, con una persona che possa comprenderti; che avendo vissuto sulla propria pelle - o forse è meglio dire mente - problemi che hanno afflitto anche te, ti fa sentire in un certo senso bene; o comunque, ti porta ad analizzarti.
… nonostante le scelte siano infinite, le nostre esistenze si svolgono su un arco temporale finito. Non possiamo vivere ogni vita. Non possiamo guardare ogni film o leggere ogni libro o visitare ogni luogo di questa bellissima terra. Invece di lasciarci bloccare da questa evidenza, dobbiamo rivedere le scelte che abbiamo davanti. Scoprire cosa va bene per noi e lasciar perdere il resto. Non è necessario un altro mondo. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già qui, se smettiamo di credere di aver bisogno di tutto.
In questo libro ci sono riflessioni, su se stesso e su ciò che ha vissuto in prima persona, ma anche in generale sul mondo in cui viviamo. Una realtà sempre più tecnologica, sempre più sovraccarica. Di cosa? Di informazioni, di app, di notizie, di lavoro. Siamo circondati da moltissime cose, e vorremmo sempre di più. Quanti libri sono pubblicati, ad esempio? Tanti, tantissimi. Da lettrice vorace vorresti leggere tutto, ma sei umana, e la vita è anche limitata. Sai che non potrai mai recuperare tutto, quindi devi fare delle scelte, e ti senti frustrata. Questo è solo un campo, che sento mio. Ma, pensiamoci bene: quante esperienze ci mostra il mondo virtuale? Basta accedere a internet per essere sommersi da un carico di informazioni che non riesci a gestire. Vorresti leggere milioni di libri, visitare tantissimi luoghi, avere moltissime cose materiali, essere informata su tutto per non restare indietro. Basta entrare sui social networks per sentirsi quasi soffocare: spesso avverti la sensazione di non riuscire a essere al passo con il mondo. E arriva il primo - dei tanti - campanello d'allarme: quella voglia di confrontarti con gli altri, e spesso di sentirti meno. E allora ecco che avverti un crollo.
I rating non misurano il valore. Non giudicatevi mai su questa base.
Siamo sempre alla ricerca di considerazione. Spendiamo le nostre energie per ottenere like, commenti, successo. Siamo concentrati su quei termini quali rating, algoritmo, followers. E quando non riusciamo ad avere buoni risultati ci sentiamo delle nullità. Come se da tutto ciò dipendesse la nostra stessa essenza.
Quante volte, poi, diciamo di non avere tempo per fare tutto quello che vogliamo? Non abbiamo tempo di leggere, di vedere quel film, di passare delle ore con le persone care. Forse dovremmo fermarci. E capire che molto spesso in verità il tempo lo sprechiamo. Ci alziamo e la prima cosa che facciamo è prendere il cellulare per essere subito informati. Lo faccio io per prima, e ogni volta mi maledico. Perché quei minuti, quelle ore, potrei passarle facendo qualcosa di più utile. No?
È anche per questo che ho trovato questo volume molto interessante, al di là di alcuni concetti che forse sappiamo tutti, ma che alla fine molto spesso non rispettiamo. Matt Haig si mette in un certo senso a nudo, mostrandoci la sua esperienza. Lui che ha vissuto sulla sua pelle la depressione e gli attacchi di panico, cerca di descrivere quello che ha provato e quello che tenta di fare per poter vivere meglio in un pianeta così nervoso, così sovraccarico, che si ripercuote su di noi, in maniera spesso pessima. Ci aiuta a riflettere, ci pone davanti dei consigli, che forse non sono sempre facili da seguire, ma che potrebbero essere necessari. In un mondo così frenetico che ci porta molto spesso a sentirci soli e infelici, Matt Haig ci aiuta a soffermarci anche su aspetti positivi, a fermarci, a guardarci dentro, a porre da parte per qualche ora la tecnologia per goderci la bellezza del cielo, dei rapporti umani, dei libri, ma anche riservare dei momenti a quegli amici animali che possono donarci tanto. A staccarci per qualche tempo dall'online e vivere con più tranquillità l'offline. A mantenere l'empatia, restare umani, guardare anche le notizie belle che possono confortarci, non cedere alla rabbia che può semplicemente portare altra rabbia. Respirare, amare, soprattutto se stessi.
Ti senti incompreso. Tutti sono incompresi. Non preoccuparti che gli altri ti comprendano. Cerca di comprendere te stesso. Dopodiché, nient’altro avrà importanza. Accettati per come sei. Se non riesci a essere soddisfatto di come sei, perlomeno accetta quello che sei in questo momento. Non puoi cambiare te stesso se non conosci te stesso.
È un libro che personalmente mi ha molto colpita, perché su molte cose mi sono ritrovata. Ho avuto anche io attacchi di panico, e provo costantemente ansia. Molto spesso ho dei cedimenti: cerco di portare avanti un progetto che amo - questo blog e i social connessi - ma in diverse occasioni sorge spontanea una domanda “a che serve?”. Se non ottengo riconoscimenti, commenti, like; se il numero di followers resta basso, se nessuno si accorge di me, a che serve continuare? Da sempre poi ho il difetto di paragonarmi agli altri. Sembrano tutti così bravi, così forti, così coraggiosi. Tutti hanno vite meravigliose, tutti riescono a realizzare i loro sogni, tutti vanno meglio di me. Riescono a fare tutto, a ottenere cose, a seguire il respiro rapido del mondo. E io?
Come essere felici. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri. Non paragonatevi agli altri.
Questo mondo tecnologico poi da un lato è positivo. Più rapido, ti aiuta a raggiungere persone e informazioni in maniera semplice, veloce, diretta, senza troppe attese. Eppure ti soffoca. Spesso si ha quasi paura di esprimere i propri pensieri, di aprire la propria anima, perché c'è così tanta cattiveria. Dietro un pc le persone sembrano non avere cuore. Sputano veleno, annientano i pensieri, se ne fregano se dall'altro lato c'è una persona in carne e ossa - non un robot - che ha sentimenti ed emozioni.
Internet mette in risalto il meglio, ma più spesso il peggio dell’umanità.
Un mondo complesso, nel quale siamo sempre più interconnessi, ma allo stesso tempo ci sentiamo sempre più soli. Una solitudine che sento dentro e che spesso mi porta a provare una profonda tristezza. Sola, non compresa, è sempre questo quello che provo. Soprattutto negli ultimi tempi. Il mio problema non sta nel non saper stare sola, anzi, io in solitudine ci sto benissimo; ma nel non riuscire a trovare contatto con l'altro. Sentirmi sempre dietro a tutti, non capita. E soprattutto per una persona che ha incertezze, ansia e prova molta empatia, non è facile.
È il paradosso della vita moderna: non siamo mai stati più interconnessi e non ci siamo mai sentiti più soli. [...] … la scrittrice americana Edith Wharton sia stata tra coloro che hanno compreso meglio la solitudine. Era convinta che il rimedio non consistesse nel cercare di essere sempre in compagnia di altri, ma nel trovare un modo per essere felici in compagnia di se stessi. Non nel diventare antisociali, ma nel non aver paura di stare da soli. Riteneva che la cura per l’infelicità fosse «arredare la propria casa interiore con tale sfarzo da viverci soddisfatti, lieti di accogliere chiunque voglia entrare e soggiornarvi, ma altrettanto felici anche negli inevitabili momenti in cui ci si ritrova soli.
Viviamo in una realtà in cui si tende sempre ad apparire più che a essere. Una società che mostra quali siano i modelli di perfezione, ma che a volte ci conduce a essere tutti uguali, quasi a farci perdere il nostro essere unici. Molte volte, sorridendo, mi dico di essere nata nell'epoca sbagliata. Come tutti sono attratta dalla tecnologia, vorrei sempre stare al passo con le novità, e comunque riesco a scorgere gli aspetti positivi dei social e delle app; ma molte volte vorrei sbarazzarmi di tutto, e sento il desiderio di tornare a respirare.
Per fortuna trovo conforto nei libri. E in questi mesi difficili mi stanno aiutando moltissimo...
In un mondo che pretende troppo, e in cui stiamo esaurendo lo spazio mentale, i mondi della fantasia sono essenziali. [Leggere] – è importante perché fornisce uno spazio per esistere al di là della realtà che ci è data. È così che gli esseri umani si fondono. Le menti si collegano. Grazie ai sogni. All’empatia. Alla comprensione. Alla possibilità di fuga. Leggere è amore in azione. Il problema non è cosa leggiamo, ma come lo leggiamo. Lo scrittore può dare inizio a una storia ma ha bisogno di un lettore per renderla viva, e ogni volta la storia diventa viva in modo diverso. Non si tratta mai solo delle parole. È anche l’atto della lettura. Ed è questa la variabile. È qui che opera la magia. Lo scrittore può solo fornire il fiammifero, possibilmente non bagnato. È il lettore che deve accendere la fiamma.
Insomma, questa non è una vera e propria recensione, quanto più una riflessione su quello che il libro mi ha donato. Personalmente mi sento di consigliarlo, soprattutto a chi ha voglia di riflettere su questi temi, sorvolando su frasi che possono sembrare quasi dei cliché, cose che sappiamo tutti perfettamente. Perché fermarci a riflettere, ad analizzare noi stessi, il nostro io più intimo e profondo, è importante. Per non crollare. Per non cadere di fronte a questo sovraccarico esistenziale.
Le cose che ti rendono unico sono i tuoi difetti. Le imperfezioni. Accoglili. Non cercare di filtrare la tua natura umana.
[Seguono riflessioni totalmente personali, che si allontanano leggermente dal libro - pur riprendendone un tema -, quindi se non volete continuare, fermatevi qui :) ]
Altre riflessioni personali sempre sull'argomento numero (di followers, di like, di rating). Quello che più odio dei social è che aziende e case editrici molto spesso si soffermino soltanto sui numeri e non sulla qualità dei contenuti. Basta che una persona ha un numero alto di visualizzazioni, seguaci e i famosi “mi piace” e automaticamente diventa la persona da contattare, a cui inviare tutti i prodotti. Se da un lato comprendo questo spirito di marketing: ossia, do il mio prodotto a chi ha tanti seguaci così sicuramente arriva a più persone, dall'altro non lo ritengo sempre giusto. Perché ci sono altri soggetti che nel loro piccolo si impegnano moltissimo, spendono ore e ore per produrre dei contenuti validi, e non vengono calcolati solo perché non si adeguano alla massa, a meccanismi assurdi pur di farsi vedere. Il mio discorso è generale, non voglio ergermi a persona bravissima, anzi, dico sempre con umiltà che vorrei essere capace di esprimere meglio concetti e riflessioni; far foto migliori, far molto di più di ciò che faccio. Però, ecco. Fermarsi al numero e non all'impegno, è una cosa che mi ha sempre molto irritato. I miei pensieri vanno sempre a un evento della mia vita che mi ha molto condizionato e che secondo me ha contribuito a influire sulle mie insicurezze e quella sensazione di venire sempre dopo gli altri, di essere sempre meno. Alle superiori, ero riuscita finalmente a prendere un 8, un numero bellissimo, a un compito di inglese. Mi sono sempre, e dico sempre, impegnata moltissimo e per me quel numerino era qualcosa di molto importante. Per qualche attimo mi sono sentita veramente brava. Ce l'avevo fatta. Avevo dimostrato a me stessa, soprattutto, di poter raggiungere un buon risultato. Poi tutto è svanito quando l'insegnante mi fa “il tuo 8 vale meno di quello della tua compagna”. Puff. Tutto svanito. Restavo dietro. Lei - all'epoca la mia migliore amica che ormai ho perso da molto tempo per vari motivi - era ancora una volta meglio di me.
E lo so che è sbagliato sentirsi così. Ma è lo stesso pensiero che ho ora nei momenti di difficoltà: quei cavolo di numeri non misurano il vero valore di una persona. Non possiamo soffocare dietro a riconoscimenti così freddi, così assurdi. Non dovremmo basare la nostra vita sui numerini, stando male se non ne riceviamo. So perfettamente che mi contraddico, perché purtroppo a quei numeri finisco di pensarci, ma la realtà è che quasi ti impongono tutto ciò. A me non interessa il numero, ma la possibilità di condividere i miei pensieri e raggiungere anche solo una persona con i miei consigli. Se anche solo una persona, un essere umano fatto di carne, ossa, sangue ed emozioni, comprerà o leggerà quel libro che consiglio, io avrò raggiunto il mio scopo.
Però, ecco, allo stesso tempo fa male non ricevere neanche una risposta o una considerazione da alcune realtà, solo perché non hai i numeri giusti. Non so se mi sono spiegata.
Infine, chiaramente - come dicevo - i social hanno anche lati molto belli. Ho trovato una community di cui mi sento parte, e ci sono anche delle realtà editoriali che hanno apprezzato il mio modo di “lavorare” e che non smetterò mai di ringraziare per avermi dato in un certo senso fiducia. E quindi, devo imparare a pensare a questo, ed essere più serena.Vita su un pianeta nervoso, di Matt Haig Casa editrice: Edizioni E/O Traduzione di: Silvia Castoldi Pagine: 416 Prezzo: 15 euro/10,99 euro ebook Anno di pubblicazione: 2019 Voto: ♥♥♥♥