Un'idea forse un po' folle quella che ho deciso di attuare da quest'anno: una lettura - o in alcuni casi, ri-lettura - di tutte le opere di William Shakespeare, compresi i Sonetti e i Poemetti. L'impresa è ardua, ma non voglio cedere o mollare! Ho iniziato il mio percorso dall'Enrico VI, non limitandomi solo alla prima parte, ma anche alla seconda e alla terza, così da avere un quadro più o meno completo: dalla fine della Guerra dei Cent'anni, alla Guerra delle due Rose. A giugno, poi, concluderò con il terribile Riccardo III!
Chi era Shakespeare? O meglio dire, l'uomo di Statford-Upon-Avon fu veramente uno dei più grandi drammaturghi che conosciamo? E se sì, viste le poche informazioni che abbiamo della sua figura, come è possibile che avesse così tante conoscenze? Nel corso degli anni sono state fatta varie ipotesi e forse la più accreditata è quella che vede nell'Italiano John (Giovanni) Florio il vero Shakespeare, ma, in fondo è davvero così importante saperlo? La curiosità c'è, ma quello che a me interessa di più sono le sue opere, che travalicano il tempo e che sono ancora così amate, lette, e portate in scena anche oggi. Forse anche perché riflettono molto di più delle semplici trame, spiegano il mondo, le emozioni e psicologia umane, universali.
Non sono una critica né una studiosa di Shakespeare, pertanto in questi miei articoli mi limiterò a parlare delle mie impressioni ed emozioni.
Partiamo da due concetti fondamentali sul bardo: in primo luogo, Shakespeare - come tutti gli autori dell'epoca - scrive per soldi, e soprattutto non inventa mai: studia i lavori precedenti e li rielabora a suo modo, adattando anche per la scena cronache, racconti, novelle, scritte da altri. I suoi lavori si rifanno sempre a delle fonti storiche e letterarie precedenti, eppure, la sua penna sublime crea capolavori ed emoziona sempre.
Enrico VI: Vi fu mai re che godette d'un trono terreno senza poter contare su una soddisfazione maggiore della mia? Non ero ancora sgusciato fuori dalla culla che già mi facevano re, a nove mesi. Vi fu mai un suddito che bramasse d'essere re come io bramo e desidero essere un suddito?
L'Enrico VI fa parte dei drammi (cronache) storici inglesi. Le tre parti, insieme al Riccardo III, formano la prima tetralogia storica (la seconda, più matura, comprende il Riccardo II, le due parti dell'Enrico IV e l'Enrico V).
Nelle tre opere (alla quale si lega, come detto anche il Riccardo III, che vede la sua prima comparsa nella seconda parte dell'Enrico VI) si racconta tutto il regno di questo sovrano - dal 1422 al 1471, partendo dalla morte di Enrico V, che porta a un vero e proprio caos in Inghilterra. Enrico VI è solo un bambino quando diventa re, e una volta cresciuto non ha quelle caratteristiche adatte al suo ruolo. Mite, pio, che non sa prendere decisioni e prova troppa pietà per i nemici, si lascia sopraffare da moltissimi altri personaggi: tutti coloro che aspirano al trono. Un ruolo che invece a lui è stato imposto e che non vorrebbe esercitare. Tra queste pagine si affrontano l'anarchia e le guerre che vedono opporsi anche padri e figli, le lotte di sangue tra York e Lancaster, e tutto culminerà con l'ascesa al trono di un anti-re mostruoso e perfido: Riccardo III. In verità, nella terza parte sul trono siederà suo fratello, ma... le sue ultime parole sono il preludio di ciò che accadrà nell'opera seguente.
Enrico VI - Parte Prima (The first part of Henry VI)
Secondo alcuni critici la prima parte non è opera di Shakespeare, ma è il frutto di una collaborazione con altri autori dell'epoca. Probabilmente è stata scritta successivamente alle altre due, per sfruttarne il successo e per riempire il periodo storico che va dalla morte di Enrico V al matrimonio del figlio, Enrico VI (1422- 1445).
Fonti:
Le fonti principali delle tre parti dell'Enrico VI sono “Le cronache di Edward Hall, The Union of the Two Noble and Illustre Families of Lancastre and Yorke” (1548), e la seconda edizione delle “Chronicles of England, Scotland, and Ireland“ di Raphael Holinshed (1587).
Per la prima parte, poi, altri riferimenti sono: “A Chronicle at Large” di Richard Grafton (1569), la “Storia di Inghilterra” compilata in latino e poi tradotta in inglese verso la metà del '500 dall'umanista italiano Polidoro Virgilio, le “Cronache” di Jean Froissart. Ma anche le “Vite” di Plutarco, e opere contemporanee come La Faerie Queene, poema di Edmund Spenser dedicato a Elisabetta.
Pensieri sull'Opera:
I miei antichi incantesimi sono troppo fiacchi e l'inferno è troppo forte per me da contrastare. Ora, Francia, la tua gloria si dissolve nella polvere.
La prima parte dell'Enrico VI si apre con un funerale: quello del re Enrico V. Si avverte sin da subito questa sensazione di assenza di un Sovrano, poiché uno è nel suo feretro di morte, suo figlio ancora in culla. In effetti, Enrico VI diventa re quando è ancora in fasce. Ed è qui che si inizia subito a delineare quello che poi sarà il fulcro dell'opera intera: la lotta tra vari personaggi che aspirano a quel ruolo, che seguono le proprie ambizioni personali, a discapito di tutto e tutti, dell'Inghilterra stessa.
Lo sfondo storico è quello della fine della Guerra dei Cent'anni che vede scontrarsi Francia e Inghilterra, e sulla scena di battaglia arriva un personaggio strano, inviato da Dio: Giovanna la Pulzella (Giovanna D'Arco). Lei rappresenta, almeno inizialmente, una vera e propria guida e speranza per i francesi, riuscendo a vincere molte battaglie. La visione che emerge da questo lavoro però è molto negativa, rispetto alla Storia - almeno a mio avviso - forse anche perché è comunque scritta da Inglesi. Giovanna oltre a essere etichettata come prostituta lussuriosa, strega malefica, e altre volgarità e allusioni sessuali, dimostra di avere quasi uno spirito d'Amazzone. Risponde alle ingiurie con altre ingiurie, sa ribattere alle volgarità, è molto spregiudicata, però va a ripudiare anche suo padre - nel momento in cui viene catturata e mandata a morte -, trattandolo in maniera pessima, e pur di non farsi uccidere dice di essere incinta di diversi uomini francesi (questo punto, in particolare, mi ha fatto storcere il naso).
È sicuramente, insieme a John Talbot, uno dei personaggi che più emerge.Dopo il funerale di Enrico V, c'è una continua alternanza tra i campi inglesi e quelli francesi, successi degli uni a cui seguono quegli degli altri, si dà voce non solo ai nobili ma anche alle persone comuni, ai soldati, al popolo, fino ad arrivare a una sorta di tregua finale, dove in verità nulla è cambiato. Mandata sul rogo la Pulzella, infatti, l'Inghilterra continua a governare sulla Francia, ma quest'ultima, grazie al matrimonio finale tra Enrico VI e Margherita d'Angiò, continua a conservare alcuni territori.
Un evento, in particolare, è significativo e si collega perfettamente alle altre parti: quando i diversi nobili inglesi si appuntano sulle vesti le rose bianche e le rose rosse, fungendo da preludio alla successiva guerra delle due Rose, tra York e Lancaster.
Imprevidibilità degli eventi, debolezze interiori degli uomini, il dominio delle proprie ambizioni personali, questi potrebbero essere i temi di questo dramma politico.
Giovanna muore, ma lancia la sua maledizione contro gli Inglesi, e a lei succederà un'altra donna molto forte e impetuosa, che avrà un ruolo importante nelle prossime opere, rovesciando anche lei in più di un'occasione un universo del tutto maschile: Margherita.
Per quanto mi riguarda, la prima parte non mi ha coinvolta moltissimo. O meglio, anche io - pur non essendo una critica - ho sentito qualcosa di stonato, come se effettivamente non fosse completamente opera di Shakespeare. Alcuni sostengono anche che il personaggio della Pulzella sia il frutto della scrittura di altri, e in effetti io non sono riuscita ad apprezzarla molto. Si discosta parecchio dall'immagine che avevo di lei, soprattutto nell'ultima parte, appare contraddittoria, si offusca l'immagine di grande condottiera guidata da Dio, riducendosi a una persona che pur di non morire, inventa di essere stata messa incinta da tutti i nobili di Francia.
Tra le immagini più commoventi, invece, c'è sicuramente la morte dei due Talbot, grandi guerrieri, visti quasi come gli ultimi eroi, con una frase - in cui in questo caso ho ritrovato il Bardo - che trovo molto molto bella: Ora le mie vecchie braccia fanno da sepolcro al giovane John Talbot.
Enrico VI - Parte Seconda (The first part of the convention of the two famous houses of York andh Lancaster with the Death of the good duke Humphrey.
Fonti: Oltre alle fonti principali già citate, quelle secondarie sono “Acts and Monuments of Martyrs” (1583) di John Fox, le “Chronicles of England” di John Stow (1580), “The Life and Death of Jack Straw” dramma anonimo del 1593 e il poema storico-allegorico “The Mirror for Magistrates” nella versione raccolta da William Baldwin tra il 1555 e il 1587.
Pensieri sull'opera:
Così, talvolta il giorno più luminoso ha una nube; e sempre, dopo l'estate, arriva l'inverno desolato con il freddo iroso, pungente; e così, col rapido scambio delle stagioni, si alternano gioie e preoccupazioni.
Se la prima parte si apriva con un funerale, qui invece si esordisce con un festoso matrimonio: quello tra Enrico VI e Margherita d'Angiò. Non visto bene da alcuni nobili, come suo zio Humphrey, duca di Gloucester, mentre fortemente voluto da uomini come Suffolk, amante di Margherita che vede quindi la possibilità di comandare - come una sorta di Re-Ombra. Si chiude, poi, dieci anni dopo con la prima battaglia di Saint Albans, che vede contrapporsi York e Lancaster, in quella che sarà conosciuta come la Guerra delle Due Rose.
Nei primi tre atti si assiste alla progressiva emarginazione di Gloucester, zio protettore di Enrico VI, che cade pian piano in disgrazia, anche a causa delle azioni esoteriche di sua moglie, Dama Eleanor, che si affida a una strega e a un negromante per conoscere quello che accadrà in futuro. Anche lei, come Margherita, e tutti gli uomini, ha delle precise ambizioni personali. Entrambe le donne vedono nei proprio mariti delle figure troppo deboli, ma Dama Eleanor anticipa un po' una figura molto più evocativa e sublime che apparirà in un'altra famosissima opera del Bardo inglese: Lady Macbeth. D'altro canto, Margherita può quasi essere legata a Cleopatra per la sua qualità tragico poetica.
Morto Gloucester, ed esiliato Soffolk, il potere degli York avanza. Tramite congiure, complotti, insinuazioni, Riccardo di York cerca di ottenere un trono che per lui gli spetta di diritto. Anche in questo caso Shakespeare dà voce alla popolazione, che si rivolta, guidata dalla figura di Jack Cade, un re sregolato, o meglio un anti-re. Per poi concludersi tutto nella guerra civile tra Lancaster e York.
È qui che compare per la prima volta il futuro Riccardo III, e con lui una nuova generazione: lui e i suoi fratelli contro il giovane Clifford e il principe Edoardo.
E, come predetto, affiora con più forza il personaggio femminile di Margherita, che si scontra apertamente con Riccardo di York. Una nuova amazzone, simile alla Pulzella, una straniera, infedele, spregiudicata, che indossa le “vesti maschili”, e compie quello che suo marito non riesce a fare.
Già, Enrico VI. Un uomo più simile a un prete che a un Re. Religioso, pio, mite, incapace di prendere decisioni. Un re debole, il cui atteggiamento in fondo porta all'emergere di tutti questi possibili re, e alla rovina dello stato. Cosa che sarà ancor più evidente nella terza e ultima parte.
Enrico VI - Parte Terza (The third part of king Henry VI)
Fonti: vedi fonti precedenti.Pensieri sull'opera.
Si dissecchi una rosa e l'altra sfiorisca! Se si continuerà a combattere, mille vite sfioriranno.
La terza e ultima parte è strettamente collegata alla seconda, riprende dagli eventi successivi alla prima battaglia tra York e Lancaster. Lo scontro si fa ancora più feroce, l'Inghilterra diventa un campo di battaglia immenso, in cui a un'uccisione ne segue sempre un'altra. Teste vengono tagliate e impilate per essere mostrate, padri uccidono figli e figli uccidono i loro padri. Una terra che diventa quasi una matrigna implacabile pronta a divorare con voracità i suoi figli. Tradimenti e voltafaccia, anche in famiglia, mutano continuamente gli scenari di guerra. Margherita, insieme a Clifford e suo figlio Edoardo, si scontrano ripetutamente contro Riccardo di York, prima, e poi i suoi figli, tra cui si fa sempre più spazio il temibile - e orribile, anche per le sue fattezze fisiche, Riccardo (III). Un uomo consumato da una brama ossessiva, dannato ancor prima di nascere, deriso per il suo fisico, un Giuda pronto a baciare e aiutare fratelli e nipoti, ma che dentro di sé cova la voglia di sterminare tutti, pur di accedere al trono. Riccardo diventa il frutto di tutte queste vicende politiche che scuotono l'Inghilterra, di questa guerra fratricida che bagna il suolo inglese di sangue.
In fondo, alla fine, la maledizione della Pulzella si è avverata. Il finale funge anche qui da preludio per quello che accadrà nella successiva opera. C'è ancora tanto sangue da spargere, fino a che la sete d'ambizione non sarà saziata.
La scena che più mi ha commosso, in questo caso, è nell'atto II, quando un figlio si accorge di aver ucciso suo padre, e un altro padre di aver messo fine alla vita del suo unico figlio. Enrico VI li osserva, commosso, e piange per loro.
Una guerra assurda, frutto di ambizioni politiche e personali, di troppi personaggi che vogliono un ruolo vacante, e un re, Enrico VI, che purtroppo non è adatto.
Le opere che ho letto sono tratte dal libro Shakespeare Opere Complete, pubblicato da Garzanti. La traduzione è di Carlo Pagetti, partendo dalle edizioni a cura di Michael Hattaway. C'è una lunga prefazione a ogni opera, e molte note che aiutano a comprendere ancor di più molti fatti storici e scelte di traduzione. L'ho trovato molto interessante, perché mi ha aiutata anche per questo articolo.