Le loro facce erano diverse per molti aspetti, ma identiche in uno: parevano stranamente incomplete, come quadri con dei buchi al posto degli occhi: dei puzzle con un pezzo mancante. Non sanno cosa sia la disperazione pensò Richards. Ecco cosa manca sulle loro facce, nei loro sguardi. I lupi non urlano nelle loro pance. I loro cervelli non sono pieni di sogni assurdi e marci, di folli speranze. Questa era la gente sul lato destro della strada, quello dove sorgeva lo yachting club. Sull'altro lato, quello sinistro, c'erano i poveri. Nasi rossi, con i capillari spezzati. Seni appiattiti, cascanti. Capelli stopposi. Calze bianche. Cicatrici. Foruncoli. Bocche semiaperte rivelatrici dell'idiozia.
Per il mese di aprile ho già letto il libro per la fa #fantadistochallenge ideata da Ambra di Sono solo libri su Instagram, che prevedeva la lettura di un distopico/fantascientifico ambientato nel nostro secolo. La mia scelta è ricaduta su “L'uomo in fuga” un romanzo di fantascienza scritto e pubblicato nel 1982 (1984 in Italia, nella collana Urania) da Stephen King sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Mi affascinava l'idea di leggere un'altra versione di quest'autore che sto scoprendo negli ultimi anni, un passo alla volta, e ne sono rimasta soddisfatta.
L'uomo in fuga è ambientato in un'America cinica e cruenta del 2025, dove sono sempre più evidenti le differenze tra poveri e ricchi, e dove i livelli di inquinamento sono arrivati a livelli assurdi. I più ricchi sono protetti da filtri nasali che permettono loro di respirare meglio, ma i poveri vanno incontro a malattie mortali. Siamo anche in una realtà in cui tutti devono avere in casa la tri-vu, una televisione che propone a ogni ora una serie di show d'intrattenimento e giochi in cui si vincono premi in denaro. Detta così, sembra una realtà piuttosto attuale, quasi “innocente”, ma in verità in questi programmi, i giochi non sono poi così allegri. Vi partecipano persone povere, spesso malate, disposte a tutto, anche a mettere in pericolo la propria vita, per riuscire a guadagnare del denaro; mentre la gente dei quartieri ricchi ride con cinismo e riversa su quelle figure tutto il loro spietato odio, accecati dai mezzi utilizzati da quella forma di regime.
Nel quartiere popolare di Co-Op City, troviamo il nostro protagonista: Ben Richards, di ventotto anni, e la sua famiglia, Sheila - sua moglie - e la loro bambina di soli 18 mesi, Cathy, gravemente malata. Richards ha lasciato presto la scuola, sposandosi molto giovane con la sua amata, e dopo aver svolto differenti lavori, vive ormai in uno stato di disperata disoccupazione che non gli permette di garantire le cure adeguate a sua figlia; la moglie è costretta a prostituirsi per portare a casa qualche soldo. Per tali motivazioni, Richards decide di sottoporsi alla prova per poter partecipare a uno dei giochi proposti dalla Tri-vu, e si reca presso il grattacielo del Network Games Building. Qui dopo essersi sottoposto a una serie di test, visite psicologiche e fisiche, alla fine è selezionato per partecipare al gioco più remunerativo, quanto pericoloso: Uomo in Fuga, ideato per liberarsi di potenziali sovversivi. Lo scopo è quello di fuggire e rimanere in vita per trenta giorni, superati i quali si può vincere il Primo Premio: un miliardo di nuovi dollari. Il concorrente - o la sua famiglia - riceve 100 dollari per ogni ora che resta vivo, ha dodici ore di vantaggio, si può armare liberamente o travestirsi, spostare tra i vari stati, e guadagna ulteriori 100 dollari per ogni Cacciatore - spietati mercenari pronti a inseguirlo e ucciderlo, con la collaborazione della Polizia e degli spettatori di tutta l'America - eliminato. Inoltre gli viene consegnata una telecamera, in modo da spedire alla trasmissione televisiva due cassette, due brevi video.
Richards non può far altro che accettare, per il bene di Cathy, per curarla, e non permettere più a sua moglie vendere il suo corpo sulla strada. E noi lo seguiamo nei suoi vari spostamenti, avvertiamo l'ansia che prova, speriamo, incitiamo, scopriamo pian piano tutto il marcio che logora l'America, le bugie, le manipolazioni mediatiche, la miseria. Scopriamo altri personaggi, ragazzi che cercano in un certo modo di combattere a loro modo, bandendo la tri-vu e provando a leggere, per informarsi. Ragazzini che cercano un motivo, una ragione valida, per ribellarsi. Vediamo anche l'altra faccia della medaglia: i ricchi, plagiati dai media, da quei programmi assurdi, accecati dall'odio verso il diverso, colui che deve essere odiato, perché considerato il cattivo, il simbolo di tutte le paure di quel modo marcio, lacerato, oscuro. E per far ciò, il “governo” usa ogni metodo: modificando le fotografie dei soggetti, facendoli apparire come individui spietati, malvagi, brutali, poco intelligenti, Ben appare come un angelo della morte pronto a mietere le sue vittime e con una moglie che appare come un'insulsa sciattona. Anche i video vengono modificati, per inviare un messaggio diverso, per nascondere la verità che Ben Richards cerca ogni volta di rivelare.
I capitoli scandiscono il tempo: partono da meno 100 e arrivano a 000, con un finale che sorprende.
È un libro che spiazza un po', perché la realtà narrata da King/Bachman per certi versi non è così distante dal nostro presente. La televisione e le fake news abbagliano gli spettatori, vengono veicolati messaggi sbagliati che diffondono l'odio. In questo periodo di pausa che stiamo attraversando capiamo bene quanto l'azione umana abbia logorato la Terra in cui viviamo. Inquinamento, degrado, analfabetismo sono problemi che esistono concretamente, non lontani quindi dal mondo ideato dall'autore.
E anche la forza dei media, le immagini e i messaggi sbagliati veicolati da individui che hanno un certo ruolo sociale, annebbiano le menti delle persone più ignoranti, facili prede da incantare male, pronte a seguire ideali sbagliati, scelte inopportune. I programmi stessi in alcuni casi sembrano davvero voler bloccare la capacità critica dell'individuo, portandolo quasi a estraniarsi da sé, a concepire il male in maniera sbagliata, verso il soggetto errato, solo perché diverso. Insomma, per essere un libro scritto e immaginato agli inizi degli anni 80, King non ci è andato poi tanto lontano. Purtroppo.
Inizialmente sono rimasta un po' turbata perché mi è parso di leggere una storia già nota: avete presente Hunger Games? Be', a tratti lo ricorda (anche se ovviamente questo libro viene prima, chiariamo!), però poi in qualche modo si articola diversamente, soprattutto per il finale, che sconcerta e in un certo senso sorprende.
È un libro che consiglio a tutti gli amanti della distopia e fantascienza, ma anche a chi ha voglia di una storia in cui azione e riflessioni sono entrambi molto importanti. E, ovviamente, un modo per scoprire un King un po' diverso dal Re dell'Horror, come si è soliti visualizzarlo (anche se è sicuramente molto di più!).
Si stava rendendo conto di quanto miserabile, solo e vulnerabile lui fosse nel mondo. L'universo sembrava gridare, rumoreggiare, ruggire attorno a lui come una vecchia automobile, immensa e indifferente, che corre lungo il fianco di una collina, verso l'orlo di un abisso senza fondo. Le labbra cominciarono a tremargli, e pianse un po'.
L'uomo in fuga, di Richard Bachman (Stephen King) Casa Editrice: Mondadori/Urania Traduzione di: Delio Zinoni Pagine: 162 Anno: 1984 - Prima Edizione Voto: ♥♥♥♥