Perché i figli non sono solo di chi ci mischia dentro il corredo genetico. I figli sono di chi se ne prende cura, di chi scova un ultimo granello di energia per loro, la sera, dopo una giornata infernale. I figli sono di chi, senza pensarci troppo su e senza una garanzia, si innamora di loro, anche se hanno gli zigomi di un'altra persona.
Ho sentito parlare molto bene di questo libro e, leggendo la trama, ho subito pensato che sarebbe stato un bel regalo per una persona a me cara. Infatti, anche se questa recensione la scrivo prima di Natale, sarà pubblicata solo dopo. Non ho però resistito e ho dovuto leggerlo e... me ne sono innamorata.
L'anno in cui imparai a leggere di Marco Marsullo, pubblicato da Einaudi, è un piccolo “raccoglitore di emozioni”. Una di quelle storie apparentemente semplici, lineari, ma che alla fine sanno donare forse quel qualcosa in più. Storie che profumano di vita quotidiana, di semplicità, e che danno accesso a numerose riflessioni. Sprofondare tra queste pagine significa ritrovarsi a ridere più volte, ma anche a sorridere tra le lacrime. Quei sorrisi che sanno donar dolcezza, quella sorta di comprensione di fronte a una sorte che sai già dalle prime pagine accadrà, ma che in fondo speri possa esser diversa. Anche se giusta così, forse.
I bambini non sono timidi. Osservano. Guardano i volti, i gesti. Hanno un codice di interpretazione del genere umano diverso da quello degli adulti. Loro non chiedono con la voce, lo fanno con gli occhi. E agli occhi di un bambino non si può nascondere niente, Anche se lì per lì sembrano crederti, continueranno a scrutare finché il loro sguardo non si sarà posato sulla verità.
“L'anno in cui imparai a leggere” è la storia di Niccolò un ragazzo di venticinque anni che ama scrivere. Durante una delle presentazioni del suo libro di successo incontra gli occhi verdi - accesi di una strana curiosità per il mondo - di Simona e di lei si innamora, corrisposto. Ma quella che potrebbe essere una semplice e banale storia d'amore si rivela altro. Perché Simona non è sola. Con sé c'è un bambino di quattro anni, Lorenzo, suo figlio, avuto da un altro uomo. Lorenzo non ha mai conosciuto il suo vero padre, anzi, pensa solo che sia in Giappone per lavoro. L'unico suo pilastro è sua madre, alla quale è profondamente legato. Niccolò è titubante. A venticinque anni è davvero pronto a una storia così importante? Difficile, ma ci prova. Entrare nelle grazie del bambino si dimostra sin da subito molto complicato. Lorenzo cerca di allontanarlo dalla madre, lo tiene fuori dal letto, lo guarda male, quasi lo ignora. Atteggiamenti normali per un bambino che, in fondo, non è cresciuto con una figura maschile al suo fianco. Però, pian piano, la situazione potrebbe migliorare, no? Sì, se non che accade qualcosa.
Simona ha un sogno: fare l'attrice. Ma ha dovuto abbandonarlo quando ha scoperto di essere incinta e ha scelto di occuparsi da sola del suo bambino. Anche grazie alle parole di Niccolò - che la sprona a non mollare -, però, Simona decide di fare un passo importante e forse in un certo senso un po' egoistico: decide di partire con una compagnia teatrale, di stare lontana per alcuni mesi, affidando il figlio alle cure del neo-fidanzato. Una scelta difficile e forse per molti incomprensibile - quasi condannabile -, ma spesso occorre fare degli errori per comprendere e per non giungere a vedere gli altri come un peso, come tanti tasselli d'odio che bloccano la propria crescita, i propri sogni. È complicato, però, perché Lorenzo si sente in qualche modo abbandonato dalla sua mamma, e lo stesso prova Niccolò, oltre a una sorta di paura nel dover accudire un bimbo per la prima volta da solo. Quando nella loro vita, poi, entra anche un terzo uomo, e Simona annuncia di star via per più di un anno, la situazione si fa davvero complessa. Infatti, nella vita di Lorenzo e Niccolò arriva anche Andrés, il padre biologico del bambino, un musicista/cantante argentino che si installa in casa per conoscere il piccolo e non ha nessuna intenzione di andar via.
Uno scrittore che dopo un primo successo, non riesce a trovare le parole da buttar giù in una pagina che resta bianca per troppi mesi. Un musicista un po' infantile, con i suoi problemi, ma anche la voglia di migliorare e forse anche recuperare il tempo perso. E un bambino con lo sguardo d'adulto che forse non ha mai potuto comprendere il vero senso di famiglia, che fa più fatica degli altri a comprendere e donare gesti d'amore, ma che quando lo fa, scalda il cuore.
Tre “piccoli uomini” con i propri problemi, ma uniti in un certo senso dalla paura di essere dimenticati, dall'abbandono della persona amata, ma anche dal modo in cui sono stati cresciuti, che li portano ad avere difficoltà nell'esprimere gesti d'affetto, nel comunicare sentimenti, ma che una stagione dopo l'altra, riusciranno in un certo qual modo ad appoggiarsi l'uno all'altro, ad affrontare ogni difficoltà, come una vera famiglia.
Chi pensa che per i bambini l'amore non sia una faccenda seria, non ha mai notato come si guardano tra loro i bimbi che si amano. Quel cataclisma di eccitazione, attesa, felicità immotivate nel riuscire a prendere il proprio giubbotto nell'attimo esatto in cui l'altra fa lo stesso. Dividere un solo istante, a fronte di tutto il resto, sperando che si ripeta identico il giorno seguente.
Marco Marsullo ci trascina in questo viaggio nella quotidianità di due uomini e un bambino, che in fondo è il vero fulcro del romanzo. Un bambino che saprà donarvi una grande dose di tenerezza, e che aiuterà moltissimo i due uomini a riflettere sulle loro vite, a capire l'importanza degli affetti, della vita, delle proprie azioni. Dopo un iniziale disorientamento tra i tre, i contrasti tra i due uomini che amano la stessa donna, e con il piccolo che ha perso la sua certezza, sua madre, e che fa fatica ad accettare i due "padri", un giorno dopo l'altro, una stagione che si succede all'altra, assisteremo a dei mutamenti che faranno ridere, sorridere, e sì, anche commuovere.
Si avverte la sensazione di amicizia, un senso di paternità, tenerezza, e un profondo amore per quel bambino che nonostante in un caso non ci siano legami di sangue, diventerà così essenziale per la vita sia di Niccolò sia di Andrés che sarà davvero complicato allontanarsene.
La domanda che ci si pone è: quanto abbiamo da imparare dai bambini? Quanto possono davvero donarci? Io sono dell'idea che possano insegnarci tantissimo. Che spesso, una volta adulti, dimentichiamo tante cose che avevamo appreso nell'infanzia o che comunque a tenera età forse non si comprendo e per questo si hanno meno problemi. Tante cose che a noi ci sembrano banali, in verità celano anche dei significati importanti. Forse sì, dovremmo anche noi tornare tutti un po' bambini per riscoprire le piccole gioie della vita.
Non siamo noi a vivere le persone che incontriamo, sono loro a incastrarsi con noi, a ricordarci. A farci esistere. Non il contrario, per quanto ci illudiamo che sia così. Se tutti si dimenticassero di noi, ci sarebbe solo un sipario tirato giù, la platea deserta, il buio.
Attraverso uno stile fresco, spontaneo, moderno, ci racconta una storia che pulsa di vita, e di una Napoli con anche tutti i suoi colori: divertenti sono le scene degli anziani di Monteforte Irpino e della loro calorosa accoglienza a 'U nipot' 'e Rafel' , o il nonno di Peppino - il migliore amico di Lorenzo - e il suo presepe un po' particolare, o la strana quanto buffa Signora Agata, o ancora le false morti del piccolo Peppino, che se da un lato fanno sorridere, dall'altro rattristano, perché sono un atteggiamento ben preciso di un bambino di fronte ai continui litigi e ai rapporti sempre più freddi dei suoi genitori. Emblematica è la scena in cui tutti si buttano a terra fingendo la morte, come forse a voler comprendere e non condannare il bambino. Fargli sentire in quel modo una certa vicinanza e sostegno, anziché punirlo, attaccarlo o ancor peggio ignorarlo.
Si parla quindi di famiglia. Di varie famiglie. Di quella forse un po' improvvisata ma speciale che si instaura tra i tre protagonisti, ma anche quella di Peppino. Un luogo in cui è difficile trovare il medesimo amore.È un romanzo che presenta anche una crescita personale e di vita che coinvolge un po' tutti i protagonisti. Una storia attuale, che può essere tranquillamente vera, e che spinge a molte riflessioni. Una storia apparentemente semplice che però racchiude profondi significati tra le righe. E che scalda il cuore. E, alla fine, Niccolò - e forse non solo lui - imparerà a leggere se stesso e le persone, a oltrepassare le barriere che molto spesso ci imponiamo da soli, iniziando a decifrare non solo un linguaggio diverso dal suo, ma anche a migliorare se stesso.
Un romanzo davvero bello, che ho divorato in neanche due giorni, e mi ha fatto ridere tra le lacrime. È stato difficile salutarli, ma so che come spesso accade con i libri e i personaggi che più amo, resteranno sempre un po' impressi nel mio cuore.
Perché non sai mai quando perderai qualcuno che ami e il contatore degli abbracci, purtroppo, non sa viaggiare nel tempo
L'anno in cui imparai a leggere, di Marco Marsullo Casa Editrice: Einaudi - Stile Libero BIG Pagine: 279 Prezzo: 18 euro Voto: ♥♥♥♥♥