È sempre complicato per me parlare di Sylvia Plath ma, allo stesso tempo, non posso fare a meno di leggere libri su di lei o scritti dalla sua penna. L'ho scoperta un po' per caso e ho iniziato dal suo unico romanzo: La Campana di Vetro. Un libro che ho amato, ma che fa ugualmente male. E poi ho puntato ai Diari. Ma, come potete vedere, non sono mai riuscita a scrivere qualcosa di più dettagliato a riguardo. Li ho letti in un periodo non facile e mi sono sentita così affine alla sua anima, da averne anche paura. Sì, un sorta di muto terrore di cadere nella trappola del suo demone interiore che, infine, l'ha portata a compiere quel gesto terribile.
Da tempo avevo gettato lo sguardo su questo libro e, complice anche un ottimo sconto al Salone del Libro, l'ho portato a casa con me. Avevo bisogno di tornare a leggere di lei, come spesso ho voglia di rileggere alcuni passi dei suoi diari, dove ritrovo un po' me stessa, i miei pensieri, le mie emozioni. Forse è per questo che provo una sorta di attrazione-repulsione per lei: perché la comprendo. Perché provo una sensibilità molto simile alla sua. Avere quella voglia di eccellere, di seguire la propria “passione”, di voler buttare fuori tutto quello che abbiamo dentro, avvertire però la sensazione di restare sempre un passo dietro gli altri, che sono migliori, che hanno più successo, sentirsi quasi all'ombra, sempre seconda. Ma anche di riuscire a essere quella persona in un certo senso giusta agli occhi delle persone che ami, ma allo stesso tempo essere tormentata da un'altra me, che come un sorta di demone fa leva sulle mie fragilità, su quella sensibilità esasperante che sento in un certo qual verso di condividere con lei.
In “Sylvia Plath: il lamento della regina” troviamo una sorta di saggio di Leonetta Bentivoglio, pubblicato da Edizioni Clichy, dove accanto a una prima biografia della vita della Plath, abbiamo anche una riflessione, un'analisi attenta della sua poesia. Questo piccolo volume è suddiviso in brevi capitoli con parole chiave che cercano di mettere in luce l'anima di Sylvia Plath analizzando ogni aspetto della sua opera poetica.
Come dice l'autrice, la Plath è stata troppo a lungo relegata in una gabbia ideologica che ne ha posto in ombra il suo vero valore di poetessa, vedendola solo come un simbolo di femminismo. Ma Sylvia non è stata la semplice donna bloccata in un'epoca maschilista, o tradita e messa da parte da un uomo che amava. Lei è stata molto di più.
Sylvia è stata sempre afflitta da una sensibilità esasperata, che le faceva ricadere su di sé la vastità del dolore provato dagli altri, non solo esseri umani, ma anche animali e piante. La sua era una compassione che rasentava davvero la follia.
La sua poesia, la sua anima, come dicevo, sono analizzate sulla base di diverse parole chiave, che fanno emergere le sue fragilità e ossessioni, i suoi rapporti con i famigliari e suo marito Ted Hughes, il suo ruolo di madre in bilico tra l'amore per i suoi due figli - Frieda e Nicholas - e la consapevolezza di aver meno tempo per la sua poesia, sommersa dalle sue incombenze giornaliere. Le sue invidie contro gli uomini, gli altri poeti, le persone che avevano più successo del suo. Il suo eros incontrollato e spellato, il suo rapporto contraddittorio con sua madre, caratterizzato da un lato da un profondo rancore nei suoi confronti, ma dall'altro da lettere piene di affetto che però non rivelavano ad Aurelia tutti gli aspetti della sua vita, omettendo così i suoi pensieri sulla morte, sul demone/strega che la tormentava ma che allo stesso tempo alimentava la sua poesia.
Se nella vita Sylvia è una ragazza di vetro, nella poesia ha una solidità d'acciaio.
La poesia della Plath è una poesia oracolare, alimentata da un demone che l'accompagna e la rende diversa dagli altri. Una sorta di strega, un doppio, dalla quale vorrebbe in un certo senso scappare, cercando di vivere una vita normale, dove è un'eccellente studentessa, scrittrice, moglie, madre e una buona figlia.
Si parla anche dell'assenza di un rapporto con suo padre, uomo morto quando Sylvia aveva pochi anni, e con il quale non ha mai instaurato una relazione. E quello più complesso con l'uomo amato, Ted Hughes. Un rapporto complicato, difficile. Un amore finito male, un tradimento, l'abbandono.
A una donna fissata con l'eccellenza può piacere solo un uomo geniale.
Il suo universo poetico è popolato da uno zoo fantastico, ma Sylvia si muove anche tra i colori: c'è tantissimo azzurro, a volte affiora la tinta ocra, c'è il rosso del sangue, varie sfumature del verde, ma anche un acido giallo. Il bianco è il suo preferito. Sylvia sente l'odore del bianco, ed è un odore di morte.
Ma c'è anche del nero, in una poesia ispiratale da Ted.La morte imbianca dentro e fuori l'uovo. / Non vedo nessun colore con tutto questo bianco. / Bianco: è una colorazione della mente.
La morte viene da lei spettacolarizzata, vista come un'arte che lei compie in modo magistrale. Organizza tutto nei minimi dettagli, compie il gesto solo dopo aver messo al sicuro i suoi bambini e aver preparato loro la colazione. Una sorta di recita in un dramma teatrale.
Il libro si conclude poi con le ultime parole chiave, due delle sue opere più famose: da un lato la prosa, nel - per me - bellissimo “La campana di vetro”, dall'altro i capolavori poetici che scrive in preda a una sorta di foga febbrile nell'ultimo anno prima della sua morte: Ariel.
Il demone l'ha catturata per intero, permettendole di coincidere con la Grande Poetessa che pensava di diventare sin da ragazzina.
Nell'ultima parte di questo libro troviamo poi una serie di foto della sua vita e alcuni brani delle sue opere. Parole e Immagini che danno un ulteriore ritratto di questa donna che continua ad affascinare per la sua poetica, per la sua anima contraddittoria, per la quale forse non si smetterà mai di scrivere e riflettere.
Un libro che non può mancare nelle librerie di chi ama la Plath.Morire è un'arte, come qualunque altra cosa. Io lo faccio in modo magistrale, lo faccio che fa un effetto da impazzire, lo faccio che fa un effetto vero. Potreste dire che ho la vocazione. Lady Lazarus, 1962
Sylvia, mia cara Sylvia. Torneremo a incontrarci ancora.
Sylvia Plath, il lamento della regina, di Leonetta Bentivoglio Casa editrice: Edizioni Clichy Pagine: 128 Prezzo: 7,90 euro (io lo avevo preso a metà prezzo al Salone del Libro) Voto: ♥♥♥♥