Ieri questo mio piccolo spazio virtuale ha fatto già tre anni. Come vola il tempo! Ci stavo riflettendo poco fa con le mie amiche. Vediamo crescere i nostri nipotini così velocemente che quasi non sembra vero. Corre, corre, questa vita. E a volte si fa fatica a starle dietro. In verità, come detto tante volte, non è il mio primo blog. Scrivo praticamente da sempre: sono partita da diari personali, con fatti di vita e pensieri forse troppo personali, per poi passare ai libri, e infine racchiudere le mie passioni in un unico spazio. Ne ho usate diverse di piattaforme, perché non so stare ferma e tendo ad annoiarmi facilmente. Anche se ora ho deciso di fermarmi qui o, al massimo, di decidermi un giorno, a creare un mio sito senza aggrapparmi ad altri. Vedremo.
Ora, veniamo all'articolo del giorno! Oggi voglio parlarvi dell'ultimo libro letto: “Gli incurabili romantici” di Odile D'Oultremont che mi è stato gentilmente inviato dalla casa editrice Salani, per una mia richiesta. Li ringrazio di cuore per l'opportunità.
Sono rimasta subito colpita dalla trama, e dal titolo stesso. Amo le storie che si rifanno alla vita reale, nelle quali possiamo forse rivederci un po', o comunque sentire come vere, nonostante siano solo romanzi. E questo libro ne è un esempio, anche se affronta temi difficili in maniera molto originale!
«Perché ti amo? Così... E se non vedi in questa risposta l'immensità del mio amore indistruttibile per te, non posso fare niente per lei».
Il romanzo si apre in un'aula di tribunale, dove Adrien - il protagonista - deve rispondere a un fatto grave, quanto, assurdo: l'aver percepito il suo stipendio per circa un anno senza mai presentarsi a lavoro. Incredibile, vero? E per quale motivo? Per amore. Sì, semplicemente per amore. Per stare il più vicino possibile alla persona amata colpita da un male terribile e incurabile, un cancro ai polmoni, che pian piano arriva a spegnere la sua vita. No, tranquilli, non è uno spoiler. Lo si scopre dalle prime pagine! In un'alternarsi di capitoli passiamo dal presente al passato: da un lato restiamo con Adrien in tribunale, cercando di comprendere come sia possibile che nessuno tra datori di lavoro e colleghi si sia mai accorto della sua mancanza, dall'altro scopriamo la nascita di un amore particolare quanto forte tra Adrien e una donna che può apparire forse un po' bizzarra, ma alla quale finisci per affezionarti moltissimo, Louise.
Adrien e Louise non possono essere più diversi. Lui uomo ligio al suo dovere, svolge con cura le sue mansioni da impiegato presso l'AcquaPlus, la società per il servizio idrico della sua città. Lei, un'artista, capace di dar una nuove luce alla realtà, idealizzandola, trasformandola, come se fosse un quadro tutto da dipingere con tocchi di colori strani, inconsueti. Louise a prima vista può sembrare pazza, ma pian piano la sua adorabile “follia” finirà per contagiare Adrien, creando una relazione strana, ma anche divertente, insolita. Un amore molto forte. In uno dei suoi servizi di lavoro, Adrien incontra Louise, e sin da subito scatta qualcosa tra i due. Non può non rimanere coinvolto da quella donna che dà un nome a ogni oggetto o parte del suo corpo, che chiama il suo cane “IlGatto”, che dà un'importanza incredibile alle parole che vengono pronunciate, che attribuisce a una giornata una vocale con cui deve imperativamente fare rima il finale di ogni frase. Una donna inclassificabile, inconsueta. Folle, ma molto più umana di altri.
La loro storia però è stravolta da un evento che scombina un po' il loro incantevole caos: la scoperta di un cancro ai polmoni (le sue Honey Pops) che colpisce Louise. Anche in questo caso, però, la donna non sembra voler far drammi, anzi, inizia a donare nomi anche alle medicine che prende, alla malattia, alla bombola di ossigeno che sarà costretta a usare.
Ed è qui che emerge, secondo me, l'originalità del romanzo. Non ci ritroviamo a leggere uno di quei libri per forza strappalacrime, drammatici, ma nonostante la malattia, ci ritroveremo anche a sorridere, a ridere con loro, oltre che a commuoverci. Questo tema - il cancro, uno dei due principali del romanzo - è trattato con un tocco di umorismo. Louise non cede alle lacrime, continua a colorare la sua vita e quella di Adrien, creando forme nuove, umanizzando gli oggetti come a voler dar loro la giusta importanza. Vede tutto non come una sconfitta, ma cerca di trovare forse il buono anche in una situazione tragica. Va alla ricerca di aspetti nuovi, nuove sfide, perché non è attratta dalle cose ordinarie, sempre uguali. Louise profuma di vita, anche se pian piano il male sembra spegnerla. Lei, fino all'ultimo, sembra brillare con la sua incantevole follia. C'è in lei un'intensità vitale che non puoi non ammirare. Louise se ne frega del giudizio degli altri. Riempie i vuoti del marito, lo spinge a vedere la realtà in maniera diversa. C'è come una sorta di distacco tra lei e le cose più complesse, come se trasformandole in qualcosa di più leggero, lei possa gestirle meglio. È un personaggio che sorprende, perché è difficile incontrarne di simili - e sicuramente per molti può apparire fuori di testa - ma allo stesso tempo ho provato una profonda ammirazione per lei.
Accanto al dramma personale di Louise, l'altro tema importante è il dramma sociale: la disumanizzazione nel mondo del lavoro. L'autrice muove una critica nei confronti della società. Questo si riflette nel luogo di lavoro di Adrien. Un'agenzia dove non esistono rapporti umani, dove nemmeno tra colleghi si conoscono, e dove nessuno si accorge che per un anno un uomo è stato pagato senza presentarsi mai sul posto di lavoro. Il dramma di Louise coincide con il dramma lavorativo di Adrien, che viene spostato dal suo precedente ufficio, a uno spazio piccolo, nascosto, lontano da tutto e tutti, una sorta di sgabuzzino, dove cadono ancor meno i già assenti rapporti umani. Le difficoltà del mondo del lavoro, dove spesso si pensa più alla produttività che all'essere umano. Riflessioni importanti che emergono in un'aula di tribunale, dove accanto alla legge si muove anche il cuore, un profondo senso di giustizia, di fronte all'assurdità di certe azioni.
Adrien deve fare una scelta. E sceglie l'amore, sceglie per una volta di disubbidire al sistema, per dedicarsi a quelle che sono le priorità della vita, o meglio LA persona più importante della sua vita: sua moglie.
L'ho trovata una bella lettura, con uno stile ironico e originale, e un buon esordio. La D'Oultremont - a mio parere - ha già trovato la sua voce, il suo stile personale. Con delicatezza, poesia, umorismo e una certa distanza ci racconta un canto d'amore, una sorta di denuncia sociale, ma anche un'ode alla magica forza dell'immaginazione che rende la vita più lieve, riempendola di nuove sfumature, di colori, di giochi di parole, di umanità.
«Che cosa ha fatto nell'anno in cui non è mai andato in ufficio, signor Bergen?» «Oh.» Adrien è felice della domanda. «Signor giudice, mia moglie e io abbiamo ballato.» «Come? Avete ballato per un anno?» «Quando lei ne aveva le forze» , conferma Adrien. «Ed è per questo motivo che ha rinunciato ad andare al lavoro?» «Gliene viene in mente uno migliore?»
Gli incurabili romantici, di Odile D'Oultremont Casa editrice: Salani Pagine: 232 Prezzo: 15.90 euro Voto: ♥♥♥½