Vivian, di Christina Hesselholdt - Recensione

8 gen 2019

Libri

Quando ho visto alcuni degli scatti di Vivian Maier ne sono rimasta particolarmente colpita. Amo la fotografia e da qualche anno è diventata una vera passione. Mi piace girare per le città e scattare foto, e come lei mi piacerebbe spesso risultare invisibile, per catturare i momenti, le emozioni, le "sfumature" dell'anima senza essere vista. A differenza di lei, però, non ho la stessa "sfrontatezza" nel catturare i soggetti. Ho sempre un po' paura di disturbare, forse anche per questo la mia resterà sempre una mera passione.

I suoi scatti mostrano la realtà, la verità. Mettono in luce la differenza tra classi, la ricchezza così come la povertà, i sorrisi ma anche le lacrime, attimi di vita quotidiana per le strade di diverse città americane (e non solo). Sono fotografie che segnano, e che mi hanno spinta a volerne sapere di più. Come se attraverso la sua macchina fotografica volesse far parlare chi non ha voce. Quando ho scoperto che l'autrice presentava questo libro al Circolo dei Lettori di Torino sono andata per pura curiosità, e ne sono uscita volendo saperne ancora di più. Ringrazio la casa editrice ChiareLettere per la possibilità di affrontare questa lettura, questa storia.

   

Christina Hesselholdt ha voluto scrivere di Vivian partendo da un documentario sulla vita di questa tata-fotografa. Non si tratta, però, di una mera biografia, ma di un romanzo, infarcito di elementi di vita vera tratti dal documentario stesso, amalgamati alla sua personale interpretazione di Vivian e alla sua particolare invenzione creativa e narrativa.

Si tratta di un romanzo corale, dove più voci sono alternate grazie all'aiuto di un Narratore, che come un direttore d'orchestra o un burattinaio muove i fili della storia, alterna i suoni fatti di pensieri e ricordi, dando parola ai membri della sua famiglia, ai bambini e alle famiglie presso le quali Vivian svolge il suo lavoro da bambinaia, e che ne donano un ritratto ben preciso. Ma è anche la stessa Vivian a parlare, a dar voce ai suoi pensieri, a narrare la sua vita, arrivando a un vero e proprio dialogo con il narratore che, collocato nel presente, racconta dalla nostra prospettiva odierna la storia di questo personaggio misterioso quanto affascinante.

Più persone coinvolte che narrano la vita di Vivian - e la loro - come se fossero una serie di scatti, di flash di pensieri, donandoci così una visione di questa donna, del suo modo di essere, delle sue fotografie e manie ossessive, della sua vita, con particolare attenzione anche a un'infanzia difficile.

Viene così alla luce l'immagine di una donna indipendente, eccentrica e forte, ma anche permalosa, molto riservata e chiusa. Emerge la sua solitudine, spesso voluta, altrettanto subita, e la sua voglia costante di restare un po' nascosta, in disparte. Da questo si può forse un po' comprendere il motivo per cui non ha quasi mai sviluppato le sue foto, e se non fossero arrivate a noi grazie a un ritrovamento inatteso, forse non avremmo mai conosciuto la sua Arte.

Non è facile e forse non sapremo mai veramente la sua storia, ma da questo libro emergono anche altri tratti di lei. Vivian la tata amata dai bambini, nonostante i suoi modi a volte incomprensibili e violenti. Vivian e la sua tendenza ad accumulare senza sosta cose, ritagli di giornali, e foto, troppe foto (si contano anche più di 100.000 scatti), come se volesse ritagliare e conservare per sempre stralci di momenti, ricordi importanti. Ma anche il suo tenersi sempre distante dagli uomini, con i quali non voleva avere contatto alcuno (forse anche perché cresciuta accanto a donne che sapevano vivere senza la presenza di un uomo al loro fianco - o per un trauma infantile?). Ma ne emerge anche un'infanzia non facile, fatta di abbandoni, di separazioni, di un padre alcolizzato, una madre spesso logorata dall'invidia, dalla rabbia, e da un continuo senso di nostalgia, e da un fratello tenuto lontano, abbandonato ai nonni, per poi finire in una casa di cura per malattie mentali.

Gli unici pilastri di una casa pericolante erano le due nonne e, infatti, in un passo del libro Vivian ammette che comincia con questa vera e propria passione delle foto quando le perde. Forse, come a voler riempire un vuoto o per svuotare la testa da ogni altro pensiero?

"Perché fotografa, Miss Maier?" "Mi svuota la testa da ogni altra cosa".

Un metro e ottanta, secca come un chiodo, Vivian camminava velocissima per le strade americane, sbuffando per la lentezza dei bambini che doveva accudire e che spesso portava con sé, anche negli ambienti più pericolosi e poveri. Sorrideva a bocca chiusa, spesso usava metodi inopportuni, ma tentava anche di spingere i bambini a credere in se stessi, a piacere a se stessi, perché non è detto che ci sarà sempre qualcun altro a farlo. A cavarsela anche da soli.

Vivian scattava in maniera compulsiva e cercava di avvicinarsi quanto più possibile al soggetto, spesso in maniera intrusiva e senza chiedere il permesso. Fotografava le differenze sociali, dalle donne in pelliccia, alle persone più povere, buttate sulle strade nella loro miseria, cercando di scavare a fondo tra i rifiuti dell'umanità. Ne escono ritratti potenti, molto forti. La bambinaia con la Rolleiflex appoggiata sulla pancia, scattava le sue foto dal basso verso l'alto, conferendo una certa maestosità alle persone che inquadrava. Cercava di essere comunque invisibile, di non essere notata, in modo da fotografare in pace.

Una figura che resta ancora oggi alquanto misteriosa, ma i cui scatti e autoritratti parlano moltissimo e riescono a scuotere l'anima.

Personalmente non ho molto gradito la scelta narrativa usata dall'autrice di questo romanzo, perché unire così tante voci, con salti temporali, e spesso anche descrizioni che poco hanno a che fare con la storia di Vivian, porta a far perdere un po' il lettore. Più di una volta ho provato un po' di confusione. Dall'altro lato però capisco che è stata una scelta anche ben precisa: perché davvero sembrano tanti piccoli flash, tanti scatti, come fotografie che cercano di portare in luce una storia nascosta per troppo tempo, donando voce a chi è voluta rimanere sempre nell'ombra. Però è stata una lettura interessante, che mi ha spinta a volerne sapere di più su questa anonima bambinaia con l'esigenza di fotografare il mondo umano, i particolari, le differenze sociali in un clima politico e sociale ben preciso (quello del dopoguerra, in America).

"Io sono la Signora misteriosa, la Signora recisa, il cui passato è reciso"


vivian Vivian, di Christina Hesselholdt Chiarelettere Pagine: 185 Prezzo: 16 euro Anno: 2018

  Voto: ♥♥♥
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