La fine della solitudine, di Benedict Wells - Recensione

13 set 2017

Libri

La solitudine in noi si può combattere solo insieme.

   

   

Tornare a scrivere di libri non è facile. Soprattutto se si tratta di letture concluse diverso tempo fa, ma di cui non ho avuto modo di parlare sul blog. In verità avrei voluto fare una sorta di unico post riassuntivo, ma questo libro mi è stato inviato dalla casa editrice Salani e mi sembra doveroso spendere delle parole in più e creare un articolo apposito. Innanzitutto ringrazio ancora una volta per avermi dato la possibilità di leggerlo, e mi scuso se ci ho messo più del previsto per stendere i miei pensieri a riguardo.

Il libro di cui vi parlo, come si deduce dal titolo del post, è "La fine della solitudine" di Benedict Wells, un giovane autore tedesco che con quest'opera si è aggiudicato il prestigioso Premio Europeo per la Letteratura nel 2016 e pero oltre un anno si è imposto al vertice delle classifiche tedesche.

Io l'ho trovata una bella lettura. Commuove, coinvolge, emoziona e fa riflettere. Perché quella affrontata in questo libro può essere la storia di tutti. Una storia di vita. E molte frasi le ho sentite mie, affini ai miei pensieri, alla mia anima.

Protagonisti sono tre fratelli: Jules, Liz e Marty che, ancor bambini, perdono i loro genitori in un incidente, e vengono costretti a vivere in un istituto dove pian piano le strade e le loro vite si separano. Tre fratelli dai caratteri diversi e dalle differenti scelte di vita. Tre fratelli e le loro rispettive solitudini. Sì, perché questo libro parla di solitudine, in modo differente, ma presente. Solitudine che viene riempita in vari modi. Scelte (o non scelte) che portano ad affrontare una realtà difficile, o forse a volte anche ad allontanarsene un po'. A sfuggire a un mondo che fa paura, che ti ha tolto troppo, a rimorsi e sensi di colpa che non riesci a placare.

A raccontare tutto è la voce di Jules, il più piccolo dei tre, che una volta allontanato dai fratelli sfugge dalla vita diventando sempre più introverso. Jules da bambino sicuro e coraggioso, si rifugia sempre più in se stesso, allontanandosi dai compagni, da una vita piena di incertezze, di paure, da uno spettro della morte che si fa sempre più presente. Ma in questa solitudine incontra un'anima affine. Un'altra solitudine, si può dire. Quella di Alva, una ragazzina pallida dai capelli rosso rame, apparentemente timida e schiva, che serba nel profondo della sua anima una tristezza e un dolore mai assopiti. Tra Alva e Jules s'instaura così, pian piano, una profonda amicizia che sembra un po' riempire i loro vuoti. Perché sono simili, si comprendono, ma allo stesso tempo non sanno affrontare le loro paure e preferiscono, entrambi, scappare.

Nel frattempo Marty si butta a capofitto negli studi e nelle sue bizzarre manie, in quei tic che rischiano di rovinarlo; mentre Liz si perde, bruciando le tappe della vita, con comportamenti assurdi, in storie prive di amore, nell'uso della droga, come se volesse sempre essere al centro dell'attenzione, su un palcoscenico con luci puntate su di lei. Comportamenti strani che derivano però da un'infanzia bloccata di colpo, da un dolore troppo profondo da affrontare, soprattutto se in tenera età. I rapporti tra i tre si perdono un po', per poi riaffiorare con la loro crescita, la loro maturità. Con il tempo. Anime in bilico in una vita non facile, prive di una guida sicura. Anime che si perdono. Fanno scelte sbagliate. Crollano o non vivono. Ma che con il tempo ritrovano un certo equilibrio.

La storia si concentra però soprattutto sul rapporto tra Alva e Jules. Due amici che non riescono a comprendere quanto i loro cuori cerchino altro. Due persone che per paura o passati difficili o misteriosi non riescono ad amarsi, anche se vorrebbero. Due solitudini che si avvicinano e poi sembrano perdersi per anni. Fino a un ritorno, che fa male, ma che li fa anche comprendere, allentare quei muri alzati per paura.

     

La cosa più importante è che trovi un vero amico, Jules. Un vero amico è qualcuno che c'è sempre, che ti resta accanto per tutta la vita. Devi trovarlo, è più importante di tutto, anche dell'amore. Perché l'amore può finire.

   

È alle parole di suo padre che Jules pensa quando guarda Alva, ancora adolescenti. In lei rivede quell'amico vero che sa molto di lui, che c'è sempre, e che non potrà mai dimenticare. Ma quando Alva se ne va, Jules prova a vivere senza di lei. A farsi una vita, un amore, un lavoro che però non collima con le sue vere passioni: la scrittura e la fotografia. Due elementi che amo anche io e che forse hanno contribuito a farmi apprezzare ancor di più questa lettura e Jules stesso. È come se lui vivesse costantemente con la voglia di essere amato, ma allo stesso tempo è bloccato. O meglio, è come se lui vivesse costantemente una vita sbagliata. Non seguendo il suo cuore, i suoi veri desideri. Bloccato da una sorta di senso di colpa per il modo in cui ha salutato suo padre, prima di quella morte assurda. Bloccato dalle mille paure di un'anima persa. Un'anima chiusa nei suoi sogni, colpita dalla mancanza di qualcosa. Sì, a Jules manca qualcosa, e forse è proprio lei. Alva. Alva. Una ragazza strana. Che non riesce a legarsi a nessuno, che cerca di allontanare chi le si avvicina.

   

Alva sembrava piuttosto usare il suo corpo come un'arma contro se stessa. E se uno sviluppava un sentimento, lei subito lo scacciava. Come se una parte di lei si fosse frantumata in mille schegge, che ferivano chi si avvicinava troppo.

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Solitudini diverse che alla fine collimano. Che a forza di tentativi riescono a trovare un equilibrio, una svolta. A comprendere, ad affrontare le paure, nonostante la vita sia dura, le ingiustizie presenti, la felicità non continua: sprazzi di luce nel buio.

   

Be' uno viene al mondo ed è plasmato dal proprio ambiente, dai genitori, dalle disgrazie, dall'educazione, da esperienze casuali. A un certo punto sembra scontato dire: 'Io sono fatto così e così', ma con ciò si prende in considerazione solo il primo strato, l'io superficiale. Per trovare il proprio vero Io è necessario rimettere in questione tutto quello che si è trovato alla nascita, talvolta anche perdere qualcosa, perché spesso solo nel dolore si impara cosa ci appartiene veramente... è nelle lacerazioni che ci si riconosce.

     

Quello che si avverte leggendo questo libro è un senso di profonda malinconia. Malinconia che però è il respiro del mondo. Questo libro mi ha commossa. Tanto. E mi è piaciuto molto per il suo stile, che coinvolge e rapisce, che ti spinge a voler saperne sempre di più, a sprofondare totalmente nella vita di Jules, ma anche a cercare di comprendere gli atteggiamenti dei diversi personaggi tratteggiati, a mio avviso, in maniera perfetta, ognuno con il proprio carattere, i propri problemi, le proprie incertezze. Persone reali con un passato difficile, con una vita da affrontare, con la paura di sbagliare, con una solitudine difficile da sopportare. Scelte sbagliate, vuoti da riempire. Persone come noi. Vive. O che spesso si ritrovano a sopravvivere, a dover rinunciare ai sogni, o magari, poi, a riappropriarsene cercando di realizzarli. Jules è un padrone di ricordi, che non vuole dimenticare, che vuole serbare per sempre, magari attraverso la scrittura... che gli permette di rendere le persone immortali, e di essere tutti i possibili se stessi. Analizzando le alternative, le scelte non prese, le possibili strade di vita. Jules che ha sempre pensato di vivere la vita sbagliata.

L'unica cosa che mi ha lasciato un po' perplessa è il lasciare alcune curiosità in sospeso, come ciò che accade ad Alva quando, lasciato l'istituto (e Jules) scompare, e si ritrova in Russia. Cosa le è successo? Cosa ha dovuto affrontare? Francamente io non l'ho compreso. Per il resto io lo consiglio. Anche a chi ama la scrittura. Perché c'è un personaggio davvero ben riuscito all'interno del libro, e si dà molto spazio a questo tema, essendo un punto di svolta per Jules. Non voglio rivelare altro, anche per stuzzicare un po' di più la vostra curiosità!

     

Ma a contare non erano tanto le storie in sé, quanto lo sguardo sul mio io più segreto. C'erano cose che non potevo dire, bensì solo scrivere. Perché quando parlavo pensavo, mentre scrivendo sentivo.

     

Concludo tutto con altre frasi che ho segnato. Spunti di riflessioni e temi che sento anche un po' miei.

     

Questa mia solitudine perenne mi uccide. Sì, ma l'antidoto alla solitudine non è accompagnarsi in modo indiscriminato a chiunque, l'antidoto alla solitudine è sentirsi al sicuro, protetti.

       

Spesso sentivo l'impulso di stare nella natura, ero capace di sedere per ore in riva al lago, con la macchina fotografica di mio padre, o di andare a zonzo per prati e boschi, per poi tornarmene a casa a tarda sera con il mio bottino. Tramite l'obiettivo della Mamiya le cose prendevano vita, la corteccia degli alberi all'improvviso assumeva una fisionomia, la struttura dell'acqua rivelava un senso, anche le persone facevano tutto a un tratto un effetto diverso, e a volte capivo i loro sguardi solo quando li osservavo attraverso il mirino dell'apparecchio.

   

   

 9788893810142_la_fine_della_solitudine La fine della solitudine, di Benedict Wells Editore: Salani Pagine: 307 Prezzo: 15,90 euro cartaceo; 9,99 euro ebook

Voto: ♥♥♥♥/5  
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